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Il Canavesano imbruttito
26 Ottobre 2025 - 00:27
Gli anni passano, ma l’Italia resta prigioniera delle sue catene
Gli anni passano e “covid19” o non “covid19” gli allarmismi bassettiani sembrano non aver fine, l’ultimo per una terribile ondata influenzale che sta colpendo il Giappone. Le Regioni, non da meno, fanno a gara per rappresentare al meglio la situazione e fra loro, in una costante gara a “chi ce l’ha più grosso”, evidentemente colpite dalla “sindrome del pene più lungo”, continuano a pubblicizzare enfaticamente sempre nuove campagne vaccinali. Fra i “politici” che animano il Governo e le opposizioni; fra quelli che disquisiscono “dottamente” degli ultimi risultati elettorali e fra coloro che, in controtendenza col calo delle nascite, continuano a dar vita a sempre nuovi partiti e formazioni politiche, pare quasi che sia in atto una competizione senza quartiere ed esclusione di colpi per arrivare a conquistare l’Oscar per il “miglior cervello non protagonista”. Il clima nella nostra Italia è sempre più brutto, cosa non dovuta al fatto che non ci sono più le primavere o le “mezze stagioni” e nemmeno al fatto che le farmacie, come molti a suo tempo reclamarono, mentre erano sempre iperfornite di tachipirina, risultavano sempre sprovviste della tanto raccomandata “vigile attesa”, nossignori, il clima è sempre più brutto perché da noi non si respira più il rispetto, l’amicizia e la solidarietà. Il clima è sempre più brutto perché sono in vertiginoso aumento le persone impegnate a rovinare la vita degli “altri” e sono quasi estinte quelle impegnate a migliorare la vita propria. I presuntuosi dilagano, sono ovunque, magari non riescono nemmeno a mettere in fila i nomi degli ultimi cinque Presidenti del Consiglio dei Ministri; magari non sanno nemmeno chi è stato il nostro primo Presidente della Repubblica e sicuramente non hanno idea di chi facesse parte dell’Assemblea Costituente eletta il 2 giugno 1946, ma non importa, oggi per fare politica sembra non sia necessario conoscere la storia più o meno recente del nostro Paese, importante è “sapere tutto”, tutto ciò che non serve, “tuttecose” unicamente utili a mostrarsi “popolani” e “popolari”; “tuttecose” utili a distribuire demagogia a piene mani con l’unico scopo di accattivarsi i favori di ciò che è rimasto del popolo elettore, infatti, non a caso abbiamo al comando gente che crede di avere tutte le risposte, ma che pare non essersi accorta che la Vita è ormai arrivata a cambiargli tutte le domande.

Gli anni passano e quelli che una volta potevano descriversi come rappresentanti del volere popolare, oggi, al massimo, possono descriversi come rappresentanti di un’esigua minoranza, sempre più sfiduciata, ma che ancora si muove, stanca, verso i seggi elettorali, vuoi in cerca di favori; vuoi per ricambiare favori; vuoi per convenienza o vuoi, e questi sono una ristrettissima minoranza nella minoranza, perché ancora crede che il voto possa rendere il sistema più inclusivo e la democrazia meno squilibrata. I dati, però, sono impietosi e parlano chiaro, i numeri li si può interpretare come si vuole, ma se gli si da l’unica interpretazione valida ci raccontano che oltre il 50% dei cittadini aventi diritto di voto, come confermato dalle ultime elezioni regionali tenutesi nelle Marche, in Calabria e in Toscana, hanno scelto di manifestare la propria sfiducia verso le istituzioni e verso i partiti, scegliendo di ingrossare le fila dell’astensionismo piuttosto che andare a votare.
Gli anni passano e le cose peggiorano in ogni campo, le aziende chiudono, i disoccupati aumentano, centinaia di piccoli imprenditori, rigorosamente tenuti lontani dalle cronache, ogni anno si suicidano perché impossibilitati a pagare tributi e cambiali, lo spaccio di droga ha invaso i corridoi delle scuole, le morti sul lavoro segnano ogni anno nuovi record ed anche la libertà di pensiero è violentemente attaccata dalle istituzioni, sempre più rappresentanti della partitocrazia e sempre meno della democrazia.
Gli anni passano e nel nostro “democratico” Occidente, che ha la pretesa di omologare il mondo al suo stile di vita, si passa da un fallimento all’altro, addebitando ai cittadini le follie di una transizione energetica che potrebbe, forse, andare a buon fine se nell’Unione Europea, unico posto sul pianeta Terra nel quale la si insegue come se fosse la panacea a tutti i mali, ci fossero non più di 30 milioni di abitanti e non i circa 440 milioni stimati. Fallimenti che riguardano l’industria, il welfare, la sanità, la scuola, la sicurezza e la politica. Ciò nonostante, in preda alla follia, la Commissione Europea guidata dalla “baronessa” Ursula Von der Lyen, probabilmente perché ritenuta cosa “ecologica” e “sostenibile”, è alla spasmodica ricerca di altri 140 miliardi necessari a tenere in vita l’Ucraina, da destinarsi in parte, circa 55 miliardi, al sostentamento del bilancio di Kiev e la rimanenza, 85 miliardi mal contati, all’acquisto di armi e munizioni da inviare a ciò che rimane dell’esercito ucraino. Il tutto, ovviamente col plauso di quasi tutti i Governi Nazionali e in particolare del nostro, che un giorno sì e l’altro pure, non si capisce come e perché, riescono a blaterare di “green economy”.
Gli anni passano, ma incredibilmente nel “vecchio” Continente pare che nessuno sia capace di far tesoro degli errori del passato. Per arrivare alla seconda guerra mondiale ci sono voluti Capi di Stato pazzi e assassini disseminati un po’ in tutto il mondo, soprattutto in Europa e oggi, neanche che il loro ritorno sia ciclico come quello delle mode, chissà, forse per nostalgia, forse perché chi ha vissuto l’ultima guerra mondiale in prima persona non c’è più, o è troppo vecchio, o troppo rincoglionito, ecco che in gran parte del mondo del XXI° secolo, ancora una volta, in particolare a Casa nostra e nell'Unione Europea, rispuntano Capi di Stato e di Governo strampalati, mentalmente disturbati, guerrafondai e pericolosamente idioti.
Gli anni passano, l’Italia è ormai un Paese svuotato di tutto, non ha più banche, non ha più nessun controllo sull’energia e sulla telefonia, le centinaia di aziende statali che operavano in vari settori, da quello agroalimentare a quello dell’automotive, da quello portuale a quello siderurgico, da quello chimico a quello dei trasporti, sono state svendute o regalate ai privati, quasi tutti stranieri. Lo Stato non ha più nessuna entrata se non quelle delle tasse, delle lotterie e delle multe e come se non bastasse, tutti i governi, che si sono succeduti dalla nostra entrata nell’Europa dell’euro ad oggi, non hanno mai pensato di progettare e avviare una politica industriale idonea a rilanciare la nostra imprenditoria e la capacità di spesa delle famiglie. Siamo arrivati al record negativo di 32 mesi di continuo calo della produzione industriale, ciò nonostante continuiamo a sputtanare denari che nemmeno abbiamo nel riarmo e in aiuti all'Ucraina; continuiamo a votare sanzioni contro la Russia, sono già 19, che continuano a tornarci sui denti come se fossero un boomerang; continuiamo a seguire i diktat dell’Agenda 2030, completamente inebetiti, senza renderci conto che, se mai il suo contenuto arriverà a tradursi in realtà, saranno milioni gli italiani che dovranno rivedere al ribasso la loro vita, spogliati del valore della loro abitazione, costretti a lavorare solo più in nero o sottopagati, non più padroni, se qualcosa ancora avranno, del loro conto corrente e sempre più controllati, negli spostamenti e nella “prevenzione” sanitaria.
Gli anni passano e ciò che è dato vedere è un Governo che continua pericolosamente a parlare per nome e per conto degli italiani, seppur la stragrande maggioranza degli elettori non gli abbia mai conferito nessun mandato. Ormai il solco fra partiti e cittadinanza ha raggiunto dimensioni quasi invalicabili, non a caso, secondo un recente sondaggio, il Parlamento occupa fra le istituzioni l’ultimo posto nella fiducia degli italiani, addirittura preceduto dalla tanto criticata Magistratura e, incredibile ma pare vero, anche dall’Unione Europea nonostante sino ad oggi, e di questo molti hanno ormai preso coscienza, ci abbia procurato solo danni, distribuendo sul suolo patrio: povertà, disoccupazione e incertezza.
Gli anni passano, ma pare che proporzionalmente all’aumento del costo della vita; all’aumento del controllo; all’aumento della disoccupazione reale; all’aumento della precarietà; all’aumento della delinquenza e all’aumento di diritti spariti, sepolti sotto un mare di debiti, gli scaldasedie al soldo dello Stato siano ormai diventati delle vere e proprie legioni, opportunamente dislocate su tu tutto il territorio nazionale a garanzia ed a protezione di eserciti di raccomandati e bustarellari, facenti funzioni della burocrazia parassitaria sulla quale si fonda la partitocrazia romanocentrica. Era il 1919 quando lo scrittore boemo Franz Kafka, autore di opere letterarie senza tempo come “Il castello”, “Il processo” o “La metamorfosi”, rivolgendo la sua attenzione alle proteste dei praghesi, disse: “Poveretti! non hanno ancora capito che oggigiorno le catene dei popoli sono fatte con la carta dei ministeri.” Era il 1919, ma quanta verità e quanta attualità in quelle parole. Le “catene ministeriali” da allora si son fatte più difficili da spezzare, rinforzate da un’informazione deviata, sedicente ufficiale, sempre al servizio di chi paga e di chi comanda, basta ricordarsi cosa non sono riusciti a dire e fare in occasione della fantapandemia da "covid19". Oggi, nel 2025, nell'epoca dei reality, di internet, delle app per tutto, delle e degli influencer, della conta dei follower, dei like e del bisogno di feedback, le "catene ministeriali" ci stanno trascinando in guerra, qualche anno fa ci hanno trascinato nell’Unione Europea e da allora non è passato giorno senza che un pezzo d’Italia, stretto nelle catene ministeriali non sia finito nelle mani di qualche multinazionale straniera.
Gli anni passano, ma di saggezza neanche l’ombra, d’altronde non può esserci saggezza senza conoscenza. Non può esserci conoscenza senza storia e non può esserci futuro senza saggezza. Gli anni passano, sono passati, ma non ci hanno insegnato niente e, ahimè, di questo molti vanno orgogliosi.
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