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25 Ottobre 2025 - 19:31
Mensa scolastica: la gara fantasma che nessuno ha visto
A Settimo Torinese anche la gara d’appalto per la refezione scolastica sembra essere finita nel menù delle “cose che arriveranno con calma”, quando e se qualcuno in Comune si ricorderà di servirle.
A chiedere spiegazioni, stavolta, è il gruppo consiliare di Fratelli d’Italia. Aa protocollato un’interpellanza alla sindaca Elena Piastra, all’assessora Chiara Gaiola (neomamma) e al presidente del Consiglio comunale Luca Rivoira.
L’oggetto? La domanda più semplice – e imbarazzante – che si potesse fare: quando verrà pubblicata la gara per l’affidamento della refezione scolastica?
Già, perché il contratto con la Eutourist Serv-System Spa, che gestisce il servizio dal lontano 2015, scadrà il 31 dicembre 2025. E a luglio scorso il Consiglio comunale aveva approvato le linee guida per il nuovo appalto. L’assessore Gaiola, durante la discussione, aveva pure rassicurato tutti: «La gara uscirà tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre».
Peccato che siamo a ottobre e della gara non c’è nemmeno l’ombra.
Fratelli d’Italia – con i consiglieri Vincenzo Maiolino, Francesco D’Ambrosio e Giorgio Zigiotto – ha deciso di rompere il silenzio con un testo che suona come una sveglia in piena notte: «Dal Consiglio comunale di luglio non è stato comunicato nulla nelle sedi istituzionali circa lo stato della procedura di assegnazione del servizio».
Già a luglio, FdI non aveva votato le linee di indirizzo, giudicandole tardive e poco competitive. Ora, a distanza di mesi, le preoccupazioni diventano accuse: «Il ritardo, sommato ai criteri di partecipazione troppo restrittivi, rischia di scoraggiare la pluralità delle offerte e di danneggiare i cittadini settimesi».
Tradotto: meno concorrenza, meno risparmio, più costi per le famiglie.
E così, mentre la scadenza del contratto si avvicina e l’autunno avanza, in Comune tutto tace. Nessuna comunicazione ufficiale, nessuna data certa. Solo promesse scadute, come le farine rimaste troppo a lungo in magazzino, colonizzate dai vermi poi finiti nel piatto.
Il sospetto, nemmeno tanto velato, è che si punti a una proroga silenziosa, tanto per tirare avanti. E a quel punto, tanto valeva ammetterlo da subito.
La storia, in fondo, è sempre la stessa: le delibere si approvano, gli assessori rassicurano, ma quando si tratta di agire, l’amministrazione Piastra finisce spesso col mettere in forno i tempi e bruciare la trasparenza.
E dire che qui si parla di un servizio che tocca migliaia di bambini e famiglie, tra scuole d’infanzia, primarie, medie, asili nido e centri estivi. Un servizio che nel 2023 era già stato prorogato dalla giunta. Insomma, il tempo per pensarci non mancava.
Ora la palla passa di nuovo alla sindaca e all'assessora, chiamate a spiegare se la gara è in cottura o se, come temono i consiglieri, la si è semplicemente dimenticata sul fuoco
Il dado, come si dice, è tratto. Ma a Settimo Torinese, più che un dado, sembra un boccone amaro.
A luglio, quando il Consiglio comunale ha approvato l’atto di indirizzo per la nuova gara decennale della refezione scolastica, si è respirata un’aria pesante. Non solo per il caldo, ma per la sensazione diffusa che il piatto fosse già stato servito — e pure con la sorpresa dentro.
La delibera, formalmente tecnica, aveva in realtà un peso politico enorme: stabilire chi cucinerà i pasti dei bambini settimesi per i prossimi dieci anni.
A far scattare la miccia era stato, come spesso accade, Vincenzo Maiolino di Fratelli d’Italia, che aveva smontato pezzo per pezzo il testo portato in aula dall’assessora Chiara Gaiola e dalla sindaca Elena Piastra.
«Stiamo approvando un atto fondato su una corsa contro il tempo. La gara parte a settembre e chi non ha già un centro cottura a Settimo dovrà costruirlo in pochi mesi. Ma stiamo scherzando? È impossibile. Non è un bando, è una selezione preconfezionata», aveva tuonato in aula.
Per Maiolino, il problema non era solo nella scelta della concessione al posto dell’appalto, ma nelle tempistiche assurde e nei vincoli territoriali che, secondo l’opposizione, avrebbero ristretto la concorrenza.
La nuova formula, infatti, prevede che il centro cottura debba trovarsi obbligatoriamente nel territorio comunale di Settimo. Un vincolo che, almeno sulla carta, punta a garantire qualità e sicurezza alimentare, ma che nella pratica — come denunciavano i banchi di minoranza — taglia fuori i piccoli operatori e lascia spazio solo ai grandi colossi del settore.
E non finisce qui: chi non dispone già di una cucina in città, avrebbe avuto solo sei mesi per costruirne una, nel frattempo con una proroga tecnica al gestore attuale.
Da qui il sarcasmo tagliente di Maiolino: «Gara già chiusa prima ancora di aprirsi».
E nel suo intervento non era mancata la stoccata diretta alla sindaca Piastra, con tanto di riferimento all’ormai celebre caso degli insetti nei pasti di qualche mese prima: «La sindaca disse di non saperne nulla. Ora facciamo passare una delibera che obbliga il centro cottura a stare in città, ma non basta. Quando verrà fuori il nome del concessionario, qualcosa da dire ce l’avrò…».
A difendere la linea della maggioranza era stata l’assessora Chiara Gaiola. Aveva rivendicato la scelta come «una decisione tecnica dal fortissimo valore politico», frutto di un percorso partecipato con genitori, insegnanti e commissari mensa.
«Ci hanno chiesto una cosa chiara: che il centro cottura resti a Settimo. È una garanzia di qualità e sicurezza. Meno chilometri vuol dire meno rischi. E avere una struttura in città significa anche un ritorno fiscale per l’ente», aveva spiegato.
La delibera conteneva anche una clausola di riscatto del centro cottura dopo dieci anni, presentata come segno di lungimiranza, ma giudicata “fumo negli occhi” da chi chiedeva certezze immediate.
«Abbiamo agito con responsabilità – aveva concluso Gaiola – consapevoli che la concessione è lo strumento più adatto per rispondere alle esigenze delle famiglie».
A chiudere il fronte della maggioranza era stata Elena Ruzza, capogruppo del PD. Aveva definito il documento «un lavoro partecipato e trasparente», respingendo al mittente le insinuazioni di Maiolino: «Le sue allusioni non riguardano questo atto, ma quelli che verranno. Qui abbiamo fatto una scelta politica chiara e condivisa».
Insomma, due visioni inconciliabili: da una parte la retorica del “chilometro zero”, dall’altra la realtà — almeno secondo le opposizioni — di una gara lampo costruita su misura.
La maggioranza difendeva la partecipazione e la trasparenza; FdI parlava di ritardi, vincoli e concorrenza azzerata.
E oggi, a distanza di mesi, toh guarda, i timori di Maiolino sembrano profetici.
La gara che doveva essere pubblicata tra settembre e ottobre non è ancora comparsa.
E i consiglieri di Fratelli d’Italia, che allora denunciavano il rischio di una selezione già scritta, adesso cominciano a pensare che qualcuno la stia davvero servendo a fuoco lento.

Non si può parlare della nuova concessione per la mensa scolastica di Settimo Torinese — quella con il centro cottura obbligatorio in città, la gara decennale e le tariffe che lievitano — senza ricordare da dove veniamo.
E soprattutto cosa hanno mangiato i bambini di Settimo.
Tutto è esploso il 24 ottobre 2024. Alcune foto hanno fatto il giro dei gruppi WhatsApp, poi dei social, poi dei giornali, e infine delle televisioni nazionali.
Nei piatti della mensa — tra cui quella della scuola primaria Andersen — non c’erano metafore. C’erano vermi. Larve. Insetti veri, vivi, serviti nella minestra dei bambini.
E con le "proteine a centimetro zero" (altro che chilometri) l’indignazione è stata immediata. Il Comune, colto in flagrante leggerezza, ha risposto con il solito copione istituzionale d’emergenza: richiesta di chiarimenti alla ditta, controlli straordinari, promesse di rigore, comunicati indignati e, ovviamente, un “iter sanzionatorio” pronto a partire. Ma il danno era già servito. Freddo, viscido e indigesto.
Le ispezioni dell’Asl To4 e dei NAS hanno poi certificato ciò che tutti avevano già capito: nessuna violazione gravissima, certo, ma una gestione discutibile del centro cottura, con tanto di pulizia straordinaria ordinata in fretta e furia.
La ditta ha provato a sminuire: «Nessun rischio per la salute».
Già, peccato che la salute non fosse più il tema, ma la fiducia sì.
E così, in men che non si dica, è partita la rivolta dei genitori. Lo sciopero del panino — con centinaia di famiglie pronte a mandare i figli a scuola con il pranzo da casa — è diventato una forma di disobbedienza civile.
Un gesto semplice e potentissimo: “non ci fidiamo più di voi”. Niente proclami, niente slogan: solo panini imbottiti.
E se l’assessora Chiara Gaiola tentava di tenere il punto, parlando di partecipazione e trasparenza (parole che suonavano come una barzelletta) il consigliere Enzo Maiolino denunciava ritardi, alzate di spalle, opacità e scarsa reazione.
E adesso?
Adesso, sulle macerie della minestra infestata, nascerà la nuova gara. Una concessione decennale, con il vincolo del centro cottura in città e la possibilità per il nuovo gestore di costruirlo da zero.
Formalmente a spese proprie, certo. Ma sappiamo già come va a finire: quel cemento armato finirà nel menù, impastato dentro le tariffe. Le famiglie lo pagheranno, cucchiaio dopo cucchiaio, bolletta dopo bolletta.
Chi pensa che si possa parlare del nuovo bando senza evocare i vermi nel piatto, si illude.
Perché a Settimo Torinese la memoria non è corta — e il retrogusto, quando qualcosa va di traverso, resta a lungo.
Oggi si dice che «sarà tutto diverso».
Forse sì: stavolta gli insetti non saranno nel piatto, ma nei conti.
E anche se la minestra sembra nuova, il sapore è sempre lo stesso: amaro, appiccicoso e tremendamente politico.
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