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Torna l'ora solare e la Spagna sfida l’Europa sul cambio delle lancette

Mentre l’Italia torna all’ora solare e risparmia 90 milioni di euro grazie ai minori consumi, il premier spagnolo annuncia battaglia a Bruxelles: «È ora di dire basta, non ha più senso spostare le lancette avanti e indietro». La Commissione europea scarica la decisione sugli Stati membri: il dossier è fermo dal 2019

Torna l'ora solare e la Spagna sfida l’Europa sul cambio delle lancette

Torna l'ora solare e la Spagna sfida l’Europa sul cambio delle lancette

È tornata l’ora solare: nella notte tra sabato 25 e domenica 26 ottobre le lancette dell’orologio torneranno indietro di un’ora. Alle 3 di domenica 26, l’orario passerà alle 2 — gli smartphone e i dispositivi digitali si adegueranno automaticamente, mentre bisognerà ricordarsi di correggere gli orologi analogici. Significa un’ora di sonno in più, un piccolo sollievo nella lunga stagione che si apre.

Secondo i dati di Terna, nei sette mesi di ora legale che stanno per concludersi l’Italia ha fatto registrare un risparmio economico stimato in oltre 90 milioni di euro, grazie a consumi elettrici inferiori per circa 310 milioni di kWh (pari al fabbisogno medio annuo di circa 120 mila famiglie) e a una riduzione stimata delle emissioni di CO₂ attorno alle 145 mila tonnellate. Dal 2004 al 2025, sempre secondo Terna, il minor consumo complessivo legato all’ora legale supera i 12 miliardi di kWh, con un risparmio per i cittadini stimato in circa 2,3 miliardi di euro.

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Eppure — ed è qui che si inserisce la controversia — la pratica del cambio d’ora resta sempre più sotto accusa. Nel 2018 la Commissione Europea aveva proposto l’abolizione del doppio avvicendamento (“ora legale” ↔ “ora solare”), una consultazione pubblica raccolse 4,6 milioni di risposte: tre quarti degli intervistati segnalavano un disagio legato al cambio e oltre l’80% chiedeva di eliminarlo; la maggioranza indicava la preferenza per l’ora legale permanente, circa il 36 % per quella solare. Eppure il dossier giace dormiente: non è più stato discusso in sede ministeriale dal 2019.

Nel frattempo, a riaccendere la miccia è intervenuto ­Pedro Sánchez, primo ministro della Spagna, che ha annunciato pochi giorni fa l’intenzione di riaprire il dibattito a livello europeo, puntando a far sì che il 2026 possa essere l’ultimo anno in cui il cambio d’ora venga effettuato. «Francamente, non ne vedo più il senso», ha dichiarato in un videomessaggio su X, aggiungendo: «Il cambiamento dell’ora difficilmente produce più risparmi energetici e altera i nostri ritmi biologici». Secondo Madrid, è arrivato il momento di «una Europa che si adatti alla vita moderna, non una che ci faccia vivere secondo l’orologio».

Tuttavia la mossa di Sánchez non è passata senza polemiche. L’opposizione spagnola ha accusato il leader di usare la questione dell’ora come “divisore di freni” politico — una manovra capace di deviare l’attenzione da un governo di minoranza alle prese con scandali e paralisi amministrative. La portavoce del partito conservatore ha commentato: «Non importa se cambiamo le lancette o no: l’agenda giudiziaria di Sánchez resta la stessa». E mentre Madrid rilancia l’iniziativa all’UE, Bruxelles pare più cauta: la stessa Commissione riconosce che lo schema è «ancora lì», ma ribadisce che «la palla è nel campo degli Stati membri».

In Italia, il ritorno all’ora solare ha dunque un doppio volto. Da un lato, il beneficio immediato: un’ora in più di riposo – “Sessanta preziosi minuti di riposo in più… basta una sola ora per far crollare il cortisolo riducendo le malattie stress-correlate, come l’infarto”, afferma il neurologo Piero Barbanti, direttore dell’Unità per la Cura e la Ricerca su Cefalee e Dolore dell’IRCCS San Raffaele di Roma. Dall’altro, la questione più ampia: è ancora sensato mantenere una pratica che per molti anni è stata giustificata dal risparmio energetico, ma oggi – dicono molti – appare anacronistica?

Perché se è vero che Terna certifica risparmi concreti, è altrettanto vero che l’analisi del European Parliament e della Commissione ha rilevato da tempo come l’insieme delle condizioni (modelli di consumo, tecnologia, orari sociali) siano profondamente mutate, riducendo l’efficacia del cambio. Inoltre, la controparte dei costi invisibili – delitti al ritmo circadiano, calo della produttività, affaticamento – viene sempre più considerata.

Ma la provocazione spagnola rilancia anche una riflessione: potremmo essere alla vigilia di un punto di svolta non solo simbolico ma normativo. Se Madrid riuscisse a trascinare il tema al prossimo Consiglio UE Trasporti, Telecomunicazioni ed Energia, il tabellone delle lancette potrebbe mutare radicalmente: oppure, come molti analisti avvertono, restare bloccato dal veto degli Stati membri. Per l’Italia e per gli Stati dell’Europa centrale, dove l’ora solare e legale sono sincronizzate per evitare disallineamenti nei trasporti, negli scambi e nei mercati, la decisione non è priva di implicazioni.

In conclusione: questa notte dormiremo un’ora di più. Ma intanto, il dibattito sull’ora cambia, e forse sta cambiando – con la Spagna a fare da battistrada – il modo in cui tutta l’Europa guarda al tempo, allo scorrere delle lancette e, soprattutto, a come gestisce la quotidianità.

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