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Salario minimo, vergogna massima: due anni buttati via e a Ivrea tutto tace

Tra promesse evaporate, studi mai fatti e assessori in letargo, la mozione di Massimiliano De Stefano giace sepolta nei cassetti del Comune. Intanto i lavoratori continuano a sopravvivere con stipendi da fame mentre la politica discute del nulla.

Scontro Colosso–De Stefano sull'incontro per il "Distretto del Commercio"

L'assessora Gabriella Colosso e il consigliere Massimiliano De Stefano

È riesploso sui social il dibattito sul salario minimo, ma a Ivrea la memoria è corta. Sono passati più di due anni, infatti, da quando Massimiliano De Stefano, consigliere comunale di Azione–Italia Viva, portò in Consiglio una mozione per introdurre questo principio nei bandi pubblici. Doveva essere l’inizio di una svolta, e invece – come spesso accade – non si è mossa una foglia. O meglio, non si è mossa l’assessora con delega al lavoro, Gabriella Colosso. Ferma, immobile, come uno stoccafisso.

«Anche Perugia, dopo Genova e altri Comuni, ha scelto di introdurre il minimo salariale – commenta oggi De StefanoIvrea era stata quasi “pioniera” della proposta, attraverso una mia mozione. Poi tutto si è arenato fra gli impegni presi da chi diceva che se ne sarebbe occupato per delega. Due anni di ritardo iniziano a pesare e fanno traballare qualsiasi motivazione. Speriamo in una prossima azione concreta. Abbiamo il potere di cambiare le cose, di migliorare la nostra comunità: facciamolo».

Un invito accorato, ma anche un atto d’accusa. Perché la verità è che a Ivrea, come nel resto d’Italia, la questione del salario minimo è diventata un gigantesco esercizio di retorica politica. Se ne parla, se ne discute, se ne scrive. Poi tutto finisce nel nulla.

A rincarare la dose è Franco Giorgio, storico attivista di sinistra, che va giù duro.

«Settant’anni fa Giuseppe Di Vittorio si domandava: “È giusto che il salario dei lavoratori sia al di sotto dei bisogni vitali?”. A distanza di tanto tempo quella domanda nelle aule parlamentari non ha trovato risposta. È meglio percorrere le strade della lotta».

Parole pesanti, che arrivano dopo un anno e mezzo dal deposito in Senato di oltre 70 mila firme a sostegno della proposta di legge per un salario minimo di 10 euro l’ora, indicizzato all’inflazione, con il costo a carico delle imprese. Un’iniziativa promossa da Unione Popolare e sostenuta da gran parte dell’opposizione (Pd, M5S, Azione, Verdi-Sinistra). Tutti, tranne – ironia della sorte – proprio Italia Viva.

Il governo Meloni, da parte sua, aveva risposto nel modo più prevedibile: incaricare il Cnel, presieduto da Renato Brunetta, di “studiare” il problema. Il risultato? Un documento in cui si sostiene che il salario minimo “non è la soluzione” e che occorre potenziare la contrattazione collettiva. Tradotto: non cambiare nulla. Un modo elegante per dire che va bene così, che chi prende 6 o 7 euro l’ora può continuare a cavarsela con l’inflazione e gli aumenti delle bollette.

Il dibattito nazionale si è così inabissato. La proposta di legge delle opposizioni è stata affossata e sulla questione è calata una cappa di silenzio. Nel frattempo, i salari italiani restano tra i più bassi d’Europa, e il loro potere d’acquisto continua a diminuire, mentre in gran parte dei Paesi Ocse cresce.

In questo contesto, la mozione di De Stefano per Ivrea assumeva un valore simbolico: introdurre nei bandi comunali una premialità per le aziende che garantissero un salario minimo di almeno 9 euro lordi all’ora. Un piccolo passo, ma nella direzione giusta. Piccolo e, purtroppo, mai compiuto.

Anche a Ivrea, città amministrata da una giunta di centrosinistra, è prevalso quello che Franco Giorgio definisce “benaltrismo”: c’è sempre qualcosa di più urgente, di più importante, di più complicato da fare.

«L’assessora alle politiche del lavoro – ricorda – si limitò a dire che si sarebbe predisposto uno studio per esplorare le modalità di applicazione della proposta… Da allora, silenzio imbarazzante. Forse più che un bisogno di esplorazione, si tratta di mancanza di volontà».

Insomma, due anni dopo, tutto è fermo: a livello nazionale e a livello locale. Eppure, la questione del salario minimo non è una bandiera ideologica, ma una necessità concreta, che riguarda la dignità del lavoro.

Come ricordava De Stefano già nel settembre 2023, “non si tratta di una misura di destra o di sinistra, ma di una proposta di buonsenso”. In quella mozione – poi dimenticata – si chiedeva non solo il sostegno alla raccolta firme promossa online (www.salariominimosubito.it), ma anche che il Comune rendesse pubblica la propria posizione.

Non è accaduto nulla di tutto questo. Né un comunicato, né un passo avanti. Solo silenzi, rinvii e promesse evaporate.

E così, mentre altre città – da Genova a Perugia – introducono forme di salario minimo nei loro regolamenti, Ivrea città della famiglia Olivetti guarda altrove. Come se la dignità dei lavoratori fosse un argomento da rimandare a tempi migliori.

Forse, come scrive Franco Giorgio, la politica si sveglierà solo dopo “una bella scrollata”. Ma finché non arriverà quella scossa, continueremo a vedere le stesse facce parlare di lavoro nei convegni, mentre chi lavora davvero aspetta ancora di poter dire: “guadagno abbastanza per vivere”.

franco Giorgio e Cadigia Perini

Franco Giorgio con Cadigia Perini

Il colosso dei protocolli

Il 20 dicembre 2024 un protocollo tra Comune e organizzazioni sindacali CGIL/CISL/UIL,  per rafforzare sicurezza, trasparenza e diritti nei lavori pubblici. Due mesi dopo 2025 un protocollo tra Comune, CGIL, CISL, UIL, Confindustria, API, Centrali cooperative, per promuovere un questionario sulle discriminazioni e molestie nei luoghi di lavoro. Poi un protocollo sulle “Sentinelle nelle professioni contro la violenza”, con Soroptimist, ASCOM, CNA e Confesercenti e un altro con CNA per la mappatura delle imprese nell'ambito del progetto “Impresa Servita”.

A Ivrea c’è un’assessora che di nome fa Gabriella Colosso e di mestiere fa protocolli. Li firma con tutti: sindacati, associazioni, imprese, forse pure col barbiere. Se ci fosse un protocollo per firmare altri protocolli, lei lo avrebbe già firmato. In duplice copia.

Ne ha uno sulla sicurezza, uno sulle molestie, uno sulle buone pratiche, persino sulla gentilezza amministrativa. Tutti belli, tutti condivisibili, tutti perfettamente inutili.
Alla fine resta solo la foto su Facebook: penna in mano, sorriso d’ordinanza, hashtag “lavoriamo insieme”.

Sul salario minimo, invece, niente. Nessun protocollo, nessuna firma, nemmeno un like. Eppure basterebbe un impegno: “Il Comune di Ivrea si impegna a non restare immobile mentre i salari scendono sotto terra”.
Ma un protocollo così, si sa, andrebbe poi rispettato. E questo non è previsto, non è prevedibile, porterebbe solo guai e rogne all'Ufficio tecnico.

Così Gabriella Colosso continua la sua missione: costruire protocolli per ogni cosa, tranne che per cambiare qualcosa.
Un colosso, sì. Ma di carta.

Almeno una certezza: a Ivrea il salario è minimo, ma la produzione di protocolli è a pieno regime.

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