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Quando la montagna diventa palestra della fede: i Sacri Monti entrano in app

Un’app per collegare i nove complessi monumentali tra Piemonte e Lombardia

Quando la montagna diventa palestra della fede: i Sacri Monti entrano in app

Quando la montagna diventa palestra della fede: i Sacri Monti entrano in app

Che cosa significa salire oggi su una collina sacra, quando intorno c’è Wi-Fi e smartphone? È la domanda che – magari senza urlarla – frappone il presente alla promessa del passato, e proprio su questa crepa si infilano i Sacri Monti: complessi monumentali tra Piemonte e Lombardia, sedi di fede, arte e paesaggio, che per troppo tempo sono stati – sì – oggetto di contemplazione, ma anche vittime della marginalità territoriale. Ora qualcosa si muove.

Con un decreto del 2 ottobre 2025 la Ente di Gestione dei Sacri Monti ha riconfermato alla presidenza Francesca Giordano, che già nelle vesti di commissario aveva guidato questi luoghi tra tutela, promozione e sostenibilità. Accanto a ciò, è stato annunciato – entro fine anno – il caricamento su app e smart-device di tutti gli itinerari ciclabili che collegano i nove Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia, per renderli accessibili, tracciati e “vivi”. 

Non è solo marketing. È una prova che questi luoghi – immortalati dalla storia, dai santi e dai pellegrini – vogliono passare dal silenzio della pietra al rumore del mondo. Ma la domanda resta: lo faranno conservando l’anima o la perderanno per strada?

Per capire il quadro – e il tema centrale: fare sistema – vale la pena dare un focus a ciascuno dei Sacri Monti interessati (quelli piemontesi, dato che la gestione è regionale) per capire dove siamo, ieri, oggi, e dove potremmo andare.

Sacro Monte di Belmonte (Valperga – Torino)

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La collina di granito rosso sopra la pianura canavesana, isolata dalle creste prealpine: un inizio perfetto per riflettere sul rapporto fra «ritmo del territorio» e «ritmo del sacro». Il Sacro Monte di Belmonte è uno dei più tardi nel ciclo: la sua nascita, infatti, risale all’inizio del XVIII secolo, su volontà del monaco Michelangelo da Montiglio che aveva voglia di ricreare, in Piemonte, “terra Santa”.

Oggi, Belmonte – pur godendo di panorami e storia – resta un po’ marginale rispetto ai flussi turistici principali. Eppure la sua sfida non è tecnica: è culturale. Nel bilancio della gestione pubblica entrano intrecci di comunità locali (Comuni di Cuorgnè, Pertusio, Prascorsano, Valperga) e Diocesi: risorse limitate, promesse da mantenere.

Se la rete ciclabile punta anche a questo Sacro Monte, è benvenuta. Ma attenzione: se l’app diventa solo “mappe + pedalate” e non “narrazione del luogo”, il rischio è che Belmonte resti ancora un bel panorama con cappelle semi-invisibili.

Sacro Monte di Crea
(Ponzano Monferrato/Serralunga di Crea – Alessandria)

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Il Monferrato: colline scolpite dal vino, dalla storia, da scorci che parlano di nobiltà ­– e poi lui, il Sacro Monte di Crea, che sorge in questo contesto collinare come una metafora visiva della fusione fra uomo, fede e natura. Le sue origini risalgono al 1589 e il progetto prevedeva di illustrare i Misteri del Rosario attraverso 25 cappelle in un paesaggio boschivo. 

Oggi, Crea è forse il luogo più “strategico”: unisce turismo culturale, religioso e naturalistico. Ma proprio qui si misura la tensione fra “luogo sacro” e “destinazione turistica”: il pericolo è banalizzare la dimensione spirituale o farne solo “attrazione instagrammabile”. Occorre che l’app e l’itinerario ciclabile rispettino questi equilibri.

Sacro Monte di Domodossola (Colle Mattarella – Verbano-Cusio-Ossola)

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Sul colle Mattarella, sopra Domodossola, il Sacro Monte di Domodossola unisce la dimensione della passione cristiana (con il Calvario) al paesaggio alpino. Costruito a metà Seicento, il complesso accoglie cappelle che raccontano la via crucis, la deposizione, il Sepolcro. 

Qui la sfida è ancora più evidente: l’alta montagna attira, ma ciò che serve è renderla accessibile e riconoscibile come “sistema”. Se la bici può arrivare fino a lì, bene; se invece l’investimento resta povero, il rischio è che Domodossola resti un gioiello isolato.

Sacro Monte della Santissima Trinità di Ghiffa
(Ghiffa – Verbano-Cusio-Ossola)

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Affacciato sul lago Maggiore, immerso in un bosco — la collina che ospita il Sacro Monte della Santissima Trinità di Ghiffa sembra fatta apposta per ricordare che la bellezza paesaggistica è parte integrante del sacro. Le origini del complesso si inseriscono tra fine XVI e metà XVII secolo.

In questo contesto, Ghiffa può sfruttare la sinergia tra turismo lacustre, spiritualità e cammino. Ma serve infrastruttura: segnaletica, parcheggi, accessibilità — altrimenti la rete ciclabile resta teoria.

Sacro Monte di Oropa (Oropa – Biella)

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Il più elevato in quota tra i Sacri Monti piemontesi, Oropa è legato al santuario mariano che richiama pellegrini da ogni dove. Le cappelle – iniziate nel 1617 – vogliono raccontare la vita della Vergine e altri episodi del Nuovo Testamento. 

Qui la complessità cresce: sezioni religiose, turismo massiccio e domanda di servizi “da montagna”. Se la rete ciclabile vuole inserirsi qui, va previsto supporto logistico serio: bike-hotel, manutenzione sentieri, sicurezza.

Sacro Monte d’Orta (Orta San Giulio – Novara)

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Che vista sul lago d’Orta. L’unico Sacro Monte interamente dedicato a San Francesco d’Assisi, iniziato nel 1590, con 21 cappelle che si affacciano su un contesto lacustre da cartolina. 

Orta ha già una vocazione turistica forte: bellezza naturale, escursionismo, spiritualità. Il rischio è il “troppo turismo”: qui la rete va calibrata, affinché il Sacro Monte non diventi solo “pas­saggiata panoramica” ma rimanga “esperienza”.

Sacro Monte di Varallo (Varallo Sesia – Vercelli)

Il “numero uno” dei Sacri Monti, per antichità e significato: sorge a Varallo Sesia e raccoglie decine di cappelle, statue a grandezza quasi naturale, un’idea di “Nuova Gerusalemme” risalente al XV secolo. 

Varallo è la cartina di tornasole del sistema: se questo sito, storicamente rifugio del pellegrino, non viene supportato dal nuovo progetto di rete e valorizzazione, allora significa che la sfida è fallita.

Qualche riflessione «a freddo»

Il quadro è chiaro. Da una parte: valore storico-artistico e ambientale. I Sacri Monti sono un unicum: arte barocca/controriformistica integrata nel paesaggio alpino-prealpino. Dall’altra: sfida contemporanea: turismo, mobilità lenta, sostenibilità, digitalizzazione. L’annuncio dell’app che carica itinerari ciclabili tra i nove Sacri Monti è indice che “fare rete” non è più solo slogan.

Ma — ed ecco il neretto necessario — la rete non è fatta solo dai numeri: chilometri, download, cappelle. È fatta dalle connessioni tra luoghi, dalla coerenza tra protezione del patrimonio e fruizione responsabile, dall’equilibrio tra comunità locali e flussi esterni. Come si vive nei borghi che circondano un Sacro Monte? Come vengono usati i fondi, come coinvolte le comunità? Il nuovo mandato di Francesca Giordano afferma la volontà di “continuità”, ma la continuità non basta: occorre accelerazione.

Un paio di nodi vanno messi sul tavolo. Primo: l’accessibilità. Se vogliamo che anche un ciclista o un escursionista arrivi al Sacro Monte di Domodossola o di Oropa con la stessa facilità con cui raggiunge Orta, servono infrastrutture. Second: la narrazione. L’app non deve diventare solo “mappa GPS”: deve raccontare la storia, la comunità, il sacro, l’arte. Senza questo, rischiamo attrazione senza senso, visita senza memoria. Terzo: la governance. La conferma del Presidente dell’Ente è segnale, ma la composizione dei consigli e la partecipazione dei territori restano sfide. 

Chi legge da Chivasso, da Torino, da Milano – o da una frazione qualsiasi del Piemonte – dovrebbe sentirsi chiamato in causa. Il paesaggio è nostro, la storia è nostra, la memoria è nostra. Se i Sacri Monti diventano “attrazioni” su app, rischiano di essere neutralizzati: belli da vedere, vuoti di radicamento. E la vera domanda diventa: la rete che si sta costruendo serve i territori o li attraversa?

Nel 2003 i Sacri Monti furono riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Ma riconoscere non significa valorizzare pienamente. Il tempo della valorizzazione è ora: digitale, sostenibile, comunitaria. È l’ultimo treno (anzi, l’ultima pedalata) per dimostrare che “museo nel paesaggio” non significa “museo fuori dal mondo”.

E quindi: la prossima volta che pedali verso un Sacro Monte, apri l’app, sì. Ma fermati a guardare — le statue, le cappelle, gli alberi, le rocce. Chiediti: chi lo ha costruito? chi lo vive ora? E soprattutto: cosa succederà domani?

Perché la memoria serve a non perdere l’anima. E se i Sacri Monti diventano solo una tappa cicloturistica, beh: la promessa di ieri resta non mantenuta.

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