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21 Ottobre 2025 - 23:44
Carla Bruni nei guai fino al collo: l’ex première dame indagata per corruzione e intrighi per salvare Sarkozy
Il giorno in cui Carla Bruni ha varcato la soglia del carcere della Santé accanto al marito Nicolas Sarkozy, la Francia ha avuto l’impressione di assistere a una scena già scritta, a un epilogo tragico e insieme teatrale della parabola di un potere che non sa mai ammettere la sconfitta. L’ex presidente della Repubblica francese, condannato a cinque anni di carcere per associazione a delinquere e corruzione nell’ambito dell’affaire libico, ha varcato il portone della prigione più famosa di Parigi seguito dalla moglie, impeccabile come sempre, vestita di nero, il volto teso, ma fermo. Non una parola, solo un gesto: la mano che stringe quella di lui. È l’immagine che i fotografi hanno consegnato al mondo e che sintetizza l’essenza dell’operazione che i media francesi hanno ribattezzato “Sauver Sarko” — Salvare Sarko.
Ma l’amore, in questa storia, è solo la facciata. Dietro quella compostezza c’è un sistema di potere e di relazioni che ha cercato di piegare la verità, riscrivere la memoria, confondere la giustizia. È per questo che oggi anche Carla Bruni, ex première dame e volto elegante della Francia mondana, è formalmente indagata per corruzione di testimone e associazione a delinquere. Dal 9 luglio 2024 il suo nome figura nel registro degli indagati di Parigi. Gli inquirenti sospettano che non si sia limitata a sostenere il marito, ma che abbia avuto un ruolo attivo nel tentativo di manipolare un testimone chiave: Ziad Takieddine, l’uomo d’affari franco-libanese che per anni è stato il grande mediatore tra Parigi e la Tripoli di Gheddafi.
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Takieddine, nel 2012, aveva accusato Sarkozy di aver ricevuto milioni di euro dalla Libia per finanziare la sua campagna presidenziale del 2007. Una bomba politica. Poi, otto anni più tardi, nel novembre del 2020, davanti a una telecamera e a un notaio, ritrattò tutto: disse che si era sbagliato, che nessun denaro era mai arrivato. Una ritrattazione clamorosa, tanto improvvisa quanto utile a Sarkozy. Ma gli inquirenti, che da anni indagano sulle valigie di contanti libici, non ci credettero. Dietro quel cambio di versione, scoprirono un’intera macchina di comunicazione, relazioni e denaro: quella che in Francia sarebbe presto diventata nota come l’opération Sauver Sarko.
A orchestrarla, secondo i magistrati, c’era Michèle “Mimi” Marchand, soprannominata “la regina dei paparazzi”, donna potentissima della stampa popolare francese, amica dei politici, dei divi, dei miliardari. Una donna capace di costruire e distruggere reputazioni con una copertina. Marchand, dicono gli atti, avrebbe organizzato la ritrattazione di Takieddine, coordinato le interviste, scelto le immagini e curato la narrazione pubblica. Per i suoi “servizi di comunicazione” avrebbe ricevuto almeno 72 mila euro da un imprenditore legato all’entourage di Sarkozy. Un pagamento che, secondo la procura, non lasciava dubbi sulla natura dell’operazione: costruire, con la precisione di una campagna di marketing, la riabilitazione mediatica di Sarkozy e minare la credibilità delle accuse.
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E dove entra Carla Bruni in tutto questo? Gli inquirenti sostengono che il suo coinvolgimento non sia solo simbolico. Nei dispositivi sequestrati durante le perquisizioni, è emerso un numero “fantasma”, collegato a un account Apple riferibile a lei, che compare anche nei telefoni di Marchand e di altri collaboratori dell’ex presidente. Un indizio che fa pensare a contatti cifrati, forse a messaggi o scambi di informazioni. Nulla di esplicitamente incriminante, ma sufficiente per configurare l’ipotesi di partecipazione a un’associazione a delinquere. Da allora Carla Bruni è sotto controllo giudiziario, con divieto di contattare gli altri protagonisti dell’inchiesta, tranne il marito.
Sul piano umano, la vicenda si intreccia con il loro matrimonio, che da sempre è anche un racconto pubblico. Da quando Sarkozy è stato condannato, Carla Bruni è diventata la sua più visibile sostenitrice. L’ha accompagnato in tribunale, lo ha atteso all’uscita delle udienze, lo ha difeso sui social con post dai toni romantici e misticheggianti: “L’amore è la risposta”, “Credo nella verità, nella giustizia, e in te”. Un gesto d’affetto, certo, ma anche un messaggio politico e mediatico. In Francia, dove ogni parola di una Bruni-Sarkozy diventa titolo, i commentatori si sono divisi: per alcuni è una moglie leale che difende l’uomo che ama; per altri, è parte integrante della strategia di comunicazione del clan Sarkozy.
Nel frattempo, la storia si è tinta di tinte ancora più scure. Ziad Takieddine, l’uomo che avrebbe potuto chiarire tutto, è morto in circostanze ancora poco trasparenti. La sua scomparsa ha cancellato una delle principali fonti di prova diretta e ha aggiunto un’ulteriore aura di mistero. Con lui si chiude la bocca di chi aveva parlato troppo, ma resta aperto il sospetto che attorno alla coppia più famosa di Francia si muova ancora una rete di protezioni, amicizie e silenzi.
Eppure, nel suo ruolo di ex première dame, Carla Bruni continua a mantenere una certa eleganza. La si è vista a eventi privati, sorridente, con la figlia Giulia, oggi quattordicenne, che la accompagna lontano dai riflettori. Ma anche quella normalità è osservata con lente d’ingrandimento: ogni post, ogni foto, ogni dettaglio diventa un segnale da interpretare. Quando, dopo la detenzione di Sarkozy, Bruni ha pubblicato su Instagram una foto della loro famiglia durante una cena per il compleanno di Giulia, i media hanno parlato di “messaggio di resilienza”, ma per i magistrati è un’altra dimostrazione di come la coppia cerchi di controllare il racconto mediatico di una tragedia personale trasformandola in saga familiare.
Dietro il profilo da icona romantica, Carla Bruni si trova ora al centro di un’indagine che potrebbe cambiare per sempre la sua immagine pubblica. Non è più solo la cantante che sussurrava canzoni d’amore o la modella che aveva conquistato il cuore del presidente: è un personaggio chiave di un caso giudiziario che intreccia potere, denaro, propaganda e manipolazione. Un caso che ha messo in crisi l’intero establishment francese e che continua a spaccare l’opinione pubblica.
E così, quella che sembrava una semplice storia d’amore diventa un intrigo di Stato. Lui, Nicolas Sarkozy, condannato e incarcerato; lei, Carla Bruni, sotto controllo giudiziario; intorno a loro, la corte mediatica che li ha resi un mito e oggi ne racconta la caduta. Sullo sfondo, il fantasma di Mimi Marchand, che sapeva trasformare i vizi dei potenti in copertine patinate, e quello di Ziad Takieddine, che ha portato nella tomba i segreti di un’epoca di petrolio, armi e valigie di contanti.
L’immagine della coppia che si tiene per mano davanti al carcere resta impressa nella memoria collettiva come un’ultima messa in scena: il potere che si aggrappa a se stesso, l’amore che si confonde con la complicità. E mentre le indagini continuano, la Francia si interroga su dove finisca la lealtà e dove cominci la colpa. Carla Bruni, simbolo di grazia e discrezione, è ora il volto di una fedeltà che la giustizia potrebbe interpretare come partecipazione. E forse, quando dice “l’amore è la risposta”, non sa più se sta parlando di sentimento o di strategia.
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