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Le solite promesse di Stellantis: 400 assunzioni e un mare di illusioni

Filosa parla di “Piano Italia” e chiede ai sindacati di cambiare l’Europa. Ma a Mirafiori la fabbrica è ancora un deserto di linee spente e turni tagliati. La verità è che Stellantis non è più italiana, e Torino resta solo un marchio da esibire.

Le solite promesse di Stellantis: 400 assunzioni e un mare di illusioni

Elkann e Filosa

Una boccata d’ossigeno per Torino e per lo stabilimento simbolo dell’automotive italiano. Antonio Filosa, nuovo amministratore delegato di Stellantis, ha annunciato 400 assunzioni a Mirafiori a partire da febbraio 2026, in concomitanza con l’avvio del secondo turno produttivo della nuova Fiat 500 ibrida. È la prima “buona notizia” arrivata direttamente dal nuovo vertice del gruppo, che ha incontrato oggi i sindacati nel Centro Stile Fiat.

Filosa ha ribadito “con fermezza l’impegno nei confronti dell’Italia, Paese al centro della visione strategica” e ha assicurato che “il Piano Italia è solido e confermato”. L’orizzonte è di un rilancio industriale con una gamma ibrida più ampia: dopo la 500 di Mirafiori, toccherà alla Jeep Compass a Melfi e a Cassino, dove l’offerta sarà “multi-energia”, superando l’impostazione tutta elettrica prevista in passato.

Filosa

Il nuovo ceo ha chiesto ai sindacati di collaborare nella battaglia per “rivedere le regole europee troppo stringenti, che non tengono conto della realtà del mercato e del contesto industriale”. Accanto a Filosa c’erano Emanuele Cappellano, nuovo capo Europa, Xavier Chereau per le Risorse Umane mondiali e Giuseppe Manca per l’Italia. “Serve un lavoro collettivo – ha detto Filosa – stiamo dialogando con l’Acea e la Commissione Europea, ma per farcela abbiamo bisogno del supporto di tutti gli stakeholder, a cominciare dai sindacati italiani”.

Una mano tesa, insomma, ma anche un avvertimento: “Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, ora serve correggere insieme la regolamentazione”.

Le reazioni sindacali, pur positive, restano caute. Per la Fim Cisl, le assunzioni sono “un segnale positivo, in controtendenza rispetto agli ultimi anni”, ma il segretario generale Ferdinando Uliano avverte: “Restano aperte alcune criticità negli altri stabilimenti, che devono essere affrontate con urgenza nel nuovo Piano Italia”.

Sulla stessa linea Rocco Palombella della Uilm: “È un buon punto di partenza, ma la strada è lunga. Servono politiche europee che non distruggano l’industria in nome di un ambientalismo di facciata”. Dalla Fiom-Cgil, Michele De Palma e Samuele Lodi chiedono “un accordo tra Stellantis e governo per tutelare e rilanciare produzione, occupazione e ricerca”. Più diretto Roberto Di Maulo della Fismic Confsal: “Senza un cambio di rotta da Bruxelles, anche i segnali più incoraggianti rischiano di essere vanificati”.

Nell’incontro, Filosa ha confermato anche la partnership con Comau, storica eccellenza torinese della robotica, oggi partecipata al 50,1% dal fondo One Equity Partners e al 49,9% da Stellantis. “Un segnale importante di continuità industriale e tecnologica”, ha commentato Uliano, ricordando che “rafforzare la filiera italiana dell’automazione significa garantire prospettive di sviluppo e occupazione qualificate”.

Ottimismo moderato anche da parte della Fim Cisl Torino: “Ci auguriamo che sia l’inizio di un’occupazione stabile e duratura”, ha dichiarato Rocco Cutrì, che invita Stellantis a “rafforzare l’ingegneria e il Centro Ricerche Fiat, riportando sul territorio torinese potere decisionale tecnico ed economico”.

Infine, per Luigi Paone, segretario generale della Uilm Torino, “le nuove assunzioni dimostrano che le iniziative messe in campo dai lavoratori e dai sindacati negli ultimi diciotto mesi hanno dato frutti concreti”. Ma l’obiettivo resta quello di “portare a Torino un altro modello accessibile, in grado di consolidare il futuro produttivo e occupazionale del più grande stabilimento italiano”.

Insomma, il messaggio è chiaro: Mirafiori torna a muoversi, ma il motore del rilancio dovrà ancora scaldarsi.

E chi ci crede più?

C’è chi ancora ci crede. Chi si aggrappa a ogni conferenza stampa come a un rosario industriale, sperando che questa volta sia quella buona. Poi però esci da Mirafiori, guardi intorno, e capisci che la realtà è un’altra: capannoni vuoti, reparti spenti, e un’aria di sospensione che sa di fine.

Antonio Filosa, nuovo amministratore delegato di Stellantis, arriva a Torino e annuncia “400 assunzioni da febbraio”. Bene, direbbe qualcuno. Peccato che 400 persone, in una fabbrica che un tempo ne contava decine di migliaia, siano poco più che un gesto simbolico. È la classica caramella data a un bambino per tenerlo buono.

Poi ci sono le parole, sempre quelle. “Il Piano Italia è solido e confermato”. Lo dicevano anche Tavares, Marchionne, Gorlier. È una formula perfetta: rassicura tutti, non costa nulla, e suona bene nei titoli dei giornali. Peccato che mentre il “Piano Italia” continua a essere “solido”, gli stabilimenti continuano a sfornare cassa integrazione e disillusione.

La verità è che Stellantis non è più un’azienda italiana, e nemmeno europea. È una multinazionale apolide che gioca in borsa e si muove dove conviene. I centri decisionali non sono a Torino, e neppure a Parigi o Amsterdam: sono dove ci sono incentivi, margini e dividendi. Tutto il resto – Mirafiori, Melfi, Cassino, Termoli – serve a tenere in piedi una narrazione industriale ormai sfilacciata.

Filosa parla di “regole europee troppo stringenti”, e ha perfino ragione. Ma non è Bruxelles che ha svuotato i reparti, né l’Unione Europea che ha smantellato la filiera dell’auto italiana. Sono state le strategie di chi, come Stellantis, ha preferito chiudere gli impianti piuttosto che innovarli, delocalizzare invece di investire, tagliare invece di formare.

E mentre i vertici discutono con toni manageriali di “multi-energia” e “ibridazione sostenibile”, a Mirafiori si tirano la cinghia e si vive alla giornata. Torino è diventata un museo dell’automobile senza automobili, dove il passato si celebra e il futuro si rinvia.

I sindacati esultano con prudenza. Dicono “è un segnale positivo”, “è un buon punto di partenza”. Lo dicono da anni. Nel frattempo, la città si svuota, i giovani se ne vanno, e le competenze si disperdono. Mirafiori, un tempo il cuore pulsante dell’industria italiana, oggi è un battito debole, intermittente, quasi impercettibile.

E quando Filosa parla di “un grande piano che si chiama Piano Italia”, non posso fare a meno di pensare che il nome, almeno, è perfetto: “piano”, come il ritmo con cui ci stanno spegnendo.

Insomma, 400 assunzioni sono meglio di niente. Ma a forza di accontentarci del minimo, siamo arrivati al punto in cui un filo di speranza sembra un trionfo. E Stellantis, con la sua aria da multinazionale bene educata, continua a farci credere che il futuro passi ancora da Torino.
Solo che, questa volta, non ci crede più nessuno.

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