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Il lavoro muore e Colosso, impassibile, prende appunti ...

Dopo due anni di silenzio e promesse mancate, la giunta Chiantore affida a un consulente esterno l’avvio dell’“Osservatorio per lo sviluppo del territorio”. Dovevano aprire tavoli e creare lavoro, invece studiano la disoccupazione. E la delega al lavoro, nelle mani dell’assessora Colosso, resta lettera morta

Il lavoro muore e Colosso, impassibile, prende appunti ...

L'assessora Gabriella Colosso

Quando si parla di lavoro, a Ivrea non si scherza. O almeno non si dovrebbe. Perché il lavoro, in una città come questa, è la base di tutto: della dignità, della memoria, dell’identità. Ma nell’autunno del 2025, mentre il fronte delle crisi industriali si allarga e le speranze si restringono (lo dice pure Confindustria Canavese nel suo rapporto semestrale), la giunta guidata dal sindaco Matteo Chiantore, con la delega al lavoro nelle mani dell’assessora Gabriella Colosso che fa? Trova un modo singolare per affrontare la situazione: pagare un consulente esterno per studiarla.

Sì, perché a Ivrea non si combatte la crisi: la si analizza. Non si cerca di risolverla, la si osserva, la si elabora in report, grafici e statistiche. Colosso come l'assessore Francesco Comotto che anziché riparare i marciapiedi, li cataloga nel Pe.Ba (Piano di eliminazione delle barriere architettoniche).

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Morale? Dopo due anni e mezzo di silenzio, di promesse e di dichiarazioni solenni sulla necessità di “stare accanto ai lavoratori”, ecco arrivare la determinazione n. 750 del 2 ottobre 2025, con cui il Comune affida al dottor Giorgio Salza di Torre Pellice un incarico da 9.500 euro per “l’avvio dell’Osservatorio per lo sviluppo del territorio.

A firmare è la dirigente Anna Vigliermo Brusso, che precisa con rigore burocratico che “le risorse interne non bastano” e che serve “un soggetto esperto in materia”.

Così, mentre le aziende chiudono, i lavoratori finiscono in cassa integrazione e i giovani fanno la valigia, a Palazzo civico si decide che il problema del lavoro si risolve… studiando il lavoro. E non si pensi che sia uno scherzo: nel disciplinare allegato all’atto è scritto chiaramente che il compito del consulente sarà quello di “creare un sistema informativo territoriale, sviluppare una rete di partenariato con gli stakeholder, produrre analisi e report tematici (il primo dedicato al lavoro femminile che è un po' l'ossessione dell'assessora) e fornire supporto alle politiche pubbliche locali”.

Un elenco di buone intenzioni, un vocabolario da bando europeo, una montagna di parole per dire l’ovvio: non sappiamo da dove cominciare e questo è un dramma... Già, perché nel programma elettorale di Chiantore, nel 2023, il tema del lavoro era stato presentato come una priorità.

Aprire da subito tavoli permanenti tematici con gli attori sociali e produttivi del territorio”, prometteva la coalizione. “L’ascolto reciproco e la valorizzazione di ciò che esiste sono per noi fondamentali.

E ancora: “Realizzare un protocollo con le associazioni imprenditoriali, creare uno sportello in sinergia con il Centro per l’Impiego, contrastare il lavoro nero, favorire l’autoimprenditorialità e la semplificazione burocratica.”

Tutto bellissimo, tutto scritto nero su bianco. Ma oggi, dopo due anni, di tavoli non se ne è aperto nemmeno uno. Di protocolli nemmeno l’ombra. Dello sportello per l’impiego si è persa la traccia. E così, mentre le crisi aziendali si moltiplicano, l’unico tavolo che la giunta sembra aver trovato è quello dove si firma il contratto con un consulente esterno.

Peraltro la giunta non s'è neanche preoccupata della dignità di spesa. Ha aspettato che i soldi glieli desse la Fondazione Compagnia di San Paolo, che infatti finanzia il progetto con 10.000 euro.

Tant'è! Nel provvedimento si è fatta attenzione al linguaggio. Si parla di “monitoraggio del territorio”, di “analisi tematiche”, di “partenariati territoriali” e pazienza se a chi vive ogni giorno il dramma del lavoro che manca, tutto questo suonerà come una enorme presa per i fondelli.

La verità è che la crisi non ha bisogno di essere “monitorata”: la crisi si vede, si tocca, si respira. Basta andare in un bar di via Palestro o in un condominio di San Giovanni per capirlo.

E allora viene da chiedersi: a cosa serve un Osservatorio? Per osservare cosa, esattamente? Il deserto industriale che si estende da Bellavista a Scarmagno? Gli annunci delle multinazionali che chiudono e ripartono altrove? O forse serve solo a mettere una pezza comunicativa su un’assenza politica lunga più di due anni?

La risposta è fin troppo evidente. Mentre la città perde posti di lavoro e interi settori produttivi collassano, l’Amministrazione ha scelto di non sporcarsi le mani. Nessun confronto vero con i sindacati, nessuna azione coordinata con la Regione, nessun piano. Solo carte, relazioni, verbali, determinazioni, e infine un bel documento in PDF, come se la crisi potesse essere risolta a colpi di protocollo.

L’incarico dovrà concludersi entro marzo 2026. C’è tempo, dunque, per un altro inverno di disoccupazione, per altre chiusure, per altri appalti finiti altrove. Magari, quando arriverà il primo report dell’Osservatorio, Ivrea sarà riuscita ad “analizzare” fino in fondo il problema.

Quello di una città che un tempo produceva lavoro e oggi produce soltanto carta o, se si preferisce, fuffa!

E che quando non trova una soluzione, si inventa un Osservatorio. Un modo elegante per non ammettere che il Comune non ha idea su come affrontare la realtà. 

Titolo di coda: Il lavoro muore e Colosso, impassibile, prende appunti.

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