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Colpo di scena a Milano: processo Santanchè sospeso. La parola passa alla Corte Costituzionale

La giudice accoglie la richiesta della difesa: congelato il procedimento sui presunti 126mila euro di cassa integrazione Covid di Visibilia. Il Senato invoca le prerogative parlamentari, la Procura parla di “mossa dilatoria”. La Consulta deciderà se le prove sono utilizzabili

Colpo di scena a Milano: processo Santanchè sospeso. La parola passa alla Corte Costituzionale

Colpo di scena a Milano: processo Santanchè sospeso. La parola passa alla Corte Costituzionale

Colpo di scena oggi in tribunale a Milano: l’udienza preliminare che vede coinvolta Daniela Santanchè, ministra del Turismo e senatrice di Fratelli d’Italia, si è trasformata in un braccio di ferro istituzionale tra magistratura e Parlamento. Doveva essere un passaggio tecnico, quello in cui la giudice Tiziana Gueli avrebbe dovuto decidere sul rinvio a giudizio per la vicenda della cassa integrazione Covid percepita, secondo l’accusa, in modo indebito attraverso le società Visibilia Editore spa e Visibilia Concessionaria srl. Ma la giornata ha preso tutt’altra piega.

La giudice ha infatti accolto la richiesta della difesa di sospendere il procedimento, sollevando un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. La Corte Costituzionale dovrà ora stabilire se alcune email, registrazioni e comunicazioni acquisite dagli inquirenti possano essere utilizzate oppure no, in quanto riguarderebbero una parlamentare tutelata da specifiche garanzie previste dall’articolo 68 della Costituzione. Fino a quella pronuncia — attesa non prima di febbraio — il processo resta congelato.

santanchè

Un verdetto che ha spiazzato anche gli osservatori più attenti. La difesa della ministra, rappresentata dagli avvocati Salvatore Pino e Nicolò Pelanda, ha chiesto la sospensione sostenendo che le prove raccolte dalla Procura milanese sarebbero state acquisite senza la preventiva autorizzazione del Senato. In particolare, si parla di scambi di posta elettronica e di messaggi interni all’azienda depositati da ex dipendenti, che secondo i legali rientrerebbero nella sfera di tutela parlamentare.

La Procura, dal canto suo, non ha nascosto l’irritazione. I pm Marina Gravina e Luigi Luzi hanno depositato una memoria durissima, sottolineando che “tutte le prove sono state acquisite in modo corretto e trasparente” e che non si tratta di intercettazioni ma di documenti liberamente consegnati da soggetti privati. Per l’accusa, quindi, non c’è nessuna violazione costituzionale ma solo un tentativo dilatorio da parte della difesa.

La sospensione disposta oggi, però, non è un atto isolato: arriva dopo settimane di tensione politica e di schermaglie tra Palazzo Madama e la Procura. Lo scorso mese, la Giunta per le immunità del Senato, su proposta della relatrice Erika Stefani (Lega), ha approvato la richiesta di sollevare il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale, sostenendo che l’autorità giudiziaria abbia violato le prerogative del Parlamento. La decisione è stata poi ratificata dall’Aula con un voto a maggioranza, di fatto schierando la seconda carica dello Stato a difesa della ministra.

Un caso giudiziario che si intreccia sempre di più con la politica. La vicenda ruota intorno ai 126.468 euro di cassa integrazione Covid che sarebbero stati incassati da Visibilia tra il 2020 e il 2022, pur in presenza — sostiene la Procura — di dipendenti in realtà operativi, anche in smart working. Santanchè, che si è sempre dichiarata “estranea a qualsiasi irregolarità”, respinge con fermezza le accuse, parlando di “attacco politico” e di “strumentalizzazione mediatica”.

Sul piano tecnico, la sospensione durerà diversi mesi. La Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi sul conflitto entro la primavera del 2026, e fino ad allora l’inchiesta resterà ferma. Se i giudici costituzionali dovessero dare ragione al Senato, molte delle prove — tra cui chat, email e registrazioni ambientali — rischierebbero di diventare inutilizzabili, con un effetto domino sull’intero impianto accusatorio.

Ma se, al contrario, la Consulta dovesse riconoscere la piena legittimità dell’operato della Procura, il processo potrebbe ripartire con rinnovata forza, aprendo la strada a un probabile rinvio a giudizio. In entrambi i casi, la vicenda segnerà un precedente pesante sul terreno dei rapporti tra poteri dello Stato: mai, negli ultimi anni, il Senato aveva sollevato un conflitto del genere per una ministra in carica.

Nel frattempo, il clima politico resta incandescente. Le opposizioni accusano il governo di “proteggere una propria esponente” attraverso una manovra parlamentare. Il Partito Democratico parla apertamente di “una sospensione su misura”, mentre il Movimento 5 Stelle denuncia “un uso improprio delle immunità per bloccare la giustizia”. Da Fratelli d’Italia, invece, si ribatte che “la Costituzione va rispettata e che la separazione dei poteri non è negoziabile”.

Dietro le formule legali, resta il nodo politico: può una ministra sedere al tavolo del Consiglio dei ministri mentre un tribunale indaga sulle sue aziende? La risposta, per ora, è rinviata. Il processo è fermo, ma il giudizio dell’opinione pubblica — quello sì — continua a correre.

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