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14 Ottobre 2025 - 21:37
Bandiere palestinesi al vento, cori e striscioni: in via Verdi, a Torino, l’ingresso della sede Rai si trasforma in una piazza politica. Nel pomeriggio oltre un centinaio di attivisti si sono radunati per contestare Italia–Israele, la sfida valida per le qualificazioni mondiali in programma questa sera a Udine. Una protesta organizzata dal coordinamento Torino per Gaza che, più che il risultato in campo, intende ribaltare il significato stesso dell’evento sportivo.
Il messaggio del coordinamento è netto e scandito da accuse pesanti, tutte attribuite agli organizzatori: “Una partita, quella tra Italia e Israele, che da più parti è stata attaccata in quanto rappresenta l’ennesimo tentativo da parte dell’entità sionista e del suo governo di lavarsi il volto e le mani sporchi del sangue di migliaia di palestinesi”. La critica converge su un’idea chiave: “Israele utilizza lo sport e il calcio in particolare per ripulire la propria immagine a livello internazionale, provando così a normalizzare l’occupazione, l’apartheid e il genocidio stesso, mentre chi esprime negli stadi anche una basica solidarietà al popolo palestinese viene oggi represso e perseguito”. La chiusura è programmatica: “Lo sport e il calcio non possono più essere strumento di legittimazione per politiche genocidarie e di occupazione”.
Davanti all’ingresso della Rai sventolano bandiere palestinesi e compaiono i colori di Potere al Popolo. Presenti i collettivi studenteschi Cambiare Rotta e Collettivo Autorganizzato Universitario, insieme allo striscione dell’Anpi, sezione Rai “G. Carcano”. La scelta del luogo – la sede del servizio pubblico radiotelevisivo – sottolinea la volontà di contestare non solo l’evento sportivo, ma anche l’inquadramento mediatico che, a giudizio dei manifestanti, contribuirebbe a normalizzare una situazione politica ritenuta inaccettabile.
Dalle parole degli organizzatori emerge con forza l’accusa di “sportwashing”: l’idea che eventi e simboli sportivi possano essere usati per ripulire l’immagine internazionale di un governo. È una lettura che trasforma la partita di Udine da semplice appuntamento delle qualificazioni mondiali in terreno di scontro simbolico. La protesta torinese eleva la questione a dilemma civile: fino a che punto lo sport può restare neutrale quando la posta in gioco, per i manifestanti, riguarda diritti, occupazione e violenza? Nei materiali disponibili non figurano controrepliche o prese di posizione ufficiali della Rai, della Federazione o delle autorità israeliane, elemento che lascia al momento la scena alle voci della piazza.
Mentre a Udine si prepara il calcio d’inizio, Torino ha già emesso il suo fischio: quello della contestazione. Il campo parlerà di punti e qualificazioni, la piazza ha parlato di responsabilità e narrazioni. Due partite diverse, giocate nello stesso giorno, con un unico arbitro davvero decisivo: l’opinione pubblica.
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