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14 Ottobre 2025 - 14:31
Dal sorriso di Flavia alla forza di 460 donne: il Canavese corre con il cuore di “100x100 Donne”
Aveva il sorriso di chi non deve dimostrare più nulla a nessuno. Flavia, 79 anni, è partita con passo sicuro, tra due ali di donne che le facevano il tifo come a una campionessa. Cinquanta chilometri dopo, ha tagliato il traguardo sotto un applauso che vale più di qualunque medaglia. Non c’erano classifiche, non c’erano tempi da battere. Solo il cuore, la voglia di esserci, di far parte di qualcosa di più grande. Perché 100x100 Donne, la pedalata ideata da Paola Gianotti, non è stata un evento sportivo, ma una dichiarazione di esistenza. Un modo per dire che la solidarietà si costruisce un colpo di pedale alla volta, e che il Canavese, per un giorno, si è riscoperto capitale di un ciclismo diverso: umano, vero, solidale.
Domenica 12 ottobre, da Ivrea è partita un’onda rosa che ha attraversato paesi, campagne, colline. 460 donne, arrivate da ogni angolo d’Italia – dalla Sardegna alla Calabria, dall’Umbria alla Toscana, dal Veneto alla Liguria – e persino da lontano: Colombia, Brasile, Ucraina, Svizzera. Un miscuglio di accenti, storie e destini uniti da un gesto semplice e rivoluzionario: pedalare insieme. Niente cronometri, niente podi. Solo la strada, la fatica, e quella sensazione di appartenenza che nasce quando ci si guarda e ci si riconosce, anche senza conoscersi.
A darle vita è stata Paola Gianotti, eporediese, ultracyclist da quattro Guinness World Record, ma soprattutto donna che ha imparato, anche dopo una vertebra rotta e un giro del mondo in bici, che il traguardo non è mai la fine. È solo un punto da cui ripartire. “Oltre 400 abbracci, oltre 400 grazie,” ha detto, con la voce impastata di emozione, “questa giornata mi rimarrà nel cuore per sempre. Persone che non si conoscevano si sono aiutate sul percorso. È nata un’energia che non si può spiegare, solo vivere.”
Quell’energia, in effetti, si è percepita in ogni metro. Tra chi ha affondato i 100 chilometri e 1.200 metri di dislivello con la tenacia di una scalatrice, e chi ha scelto la versione più dolce, da 50 chilometri, godendosi il paesaggio e la compagnia. Le più giovani accanto alle più esperte, la piccola Zoe, 5 anni, nipotina di Paola, che ha dato il via alla corsa con il suo caschetto rosa troppo grande per la testa, e donne che portavano dentro cicatrici invisibili. Una di loro ha pedalato nel ricordo della cognata, vittima di femminicidio. Un’altra, con la bandiera afghana sulla schiena, ha ricordato i diritti negati alle donne del suo Paese. Due ragazze colombiane hanno tagliato il traguardo tra le lacrime, perché a volte la felicità, quando la si incontra davvero, fa piangere.
La partenza è stata un momento da film. Dallo Stadio della Canoa, tra applausi e abbracci, Paola Gianotti e il sindaco di Ivrea Matteo Chiantore hanno firmato l’assegno simbolico da 12.600 euro. Tutto il ricavato della giornata sarà devoluto a due progetti concreti: la distribuzione di assorbenti per le donne di Pikine Est, in Senegal, e l’installazione di dispenser gratuiti di prodotti igienici nelle scuole del Canavese, accompagnati da attività educative per rompere i tabù legati al ciclo mestruale. Perché la povertà mestruale è ancora una forma di disuguaglianza taciuta, e parlarne – farlo con una pedalata – è già una forma di rivoluzione.
Il percorso? Pura bellezza! Il lago di Viverone al mattino, la Valchiusella, poi la discesa verso Borgomasino e Vialfré, dove i ristori hanno offerto prodotti locali, sorrisi e vino buono. A ogni sosta, un racconto, un abbraccio, una fotografia. Le cicliste che si incoraggiavano a vicenda, che si aspettavano, che si passavano l’acqua, che si davano una spinta. Una solidarietà semplice, concreta, come quella che forse manca nella vita di tutti i giorni.
Al rientro, allo Stadio della Canoa il pasta party ha trasformato la fatica in festa, con racconti di giornata e promesse di rivedersi. Oltre 200 persone hanno pernottato a Ivrea, riempiendo alberghi e B&B e scoprendo un territorio che non conoscevano. “Torneremo,” dicevano in tante, guardando le colline al tramonto. Forse perché questa giornata non è stata solo sport, ma un modo per sentirsi parte di una comunità.
La sera prima, al Teatro Giacosa, era andato in scena “100% Donne al Giacosa”, uno spettacolo gratuito aperto a tutta la cittadinanza, con il quartetto d’archi Artemide e le danzatrici del Centro Danza Arabesque. Una sorta di overture a quella domenica che avrebbe portato sulle strade la stessa grazia, ma con la forza delle gambe e del fiato.
Paola Gianotti, nel suo modo pacato ma deciso, lo ha ripetuto più volte: “Non mi aspettavo una risposta così grande, né tutta questa energia. È stata una festa lunga 100 chilometri sulle strade più belle del Canavese. Ringrazio chi ha creduto nel progetto: GAL Valli del Canavese, Canavese Village, la Città di Ivrea e le oltre 50 persone che ci hanno aiutato. Ma soprattutto, grazie a tutte le donne che hanno pedalato per altre donne. Questa è la mia più grande emozione.”
Non erano solo parole di rito. Paola le ha guadagnate sul campo, chilometro dopo chilometro, con quella capacità tutta sua di unire sport, solidarietà e ambiente. È la stessa donna che, dopo essere stata investita da un’auto durante il suo giro del mondo, ha fondato l’associazione “Io rispetto il ciclista” e convinto migliaia di Comuni italiani a installare i cartelli che ricordano la distanza di sicurezza di 1,5 metri nel sorpasso dei ciclisti. È la stessa che ha pedalato da Milano a Oslo per candidare la bicicletta al Nobel per la Pace, e che ha raccolto fondi per ospedali, piantato alberi, portato biciclette alle donne ugandesi. Una che trasforma ogni impresa in un messaggio.
Dietro le quinte, l’organizzazione è stata un piccolo miracolo di efficienza. Davide Marchegiano ha curato la parte tecnica, l’Ivrea Canoa Club ha messo a disposizione spazi e volontari, le associazioni sportive come Uisp, Fiab, Avis e 5 Laghi hanno garantito sicurezza e supporto. Una cinquantina di persone hanno lavorato per settimane, coordinate con precisione da orologio svizzero. Tra i presenti, anche il deputato Mauro Berruto, che ha voluto esserci non per parlare, ma per ascoltare e pedalare insieme. Perché, come ha detto una partecipante, “questa volta non serviva dire nulla, bastava esserci.”
Il pacco gara simbolico ma coerente con lo spirito dell’evento: una maglietta ufficiale, una borraccia personalizzata, uno scaldacollo del Laboratorio Ricrearti realizzato con rimanenze tessili donate da Elastic Interface, un cappellino Alvento e prodotti gastronomici locali. Piccoli gesti sostenibili, pensati per lasciare un ricordo e non un rifiuto.
Quando il sole ha cominciato a calare dietro il castello di Ivrea, molte si sono sedute sull’erba, stanche ma felici. Flavia, la nonna che ha aperto la giornata, si è tolta il casco e ha detto piano: “Non sono stanca. Ho pedalato per le mie nipoti.” E lì, forse, c’era tutto il senso di 100x100 Donne: unire generazioni, far scorrere forza e consapevolezza da una donna all’altra, ricordando che la libertà – quella vera – non si eredita, si conquista ogni giorno.
100x100 Donne non è stato un evento da calendario sportivo, ma una lezione di umanità. Un modo per dire che lo sport, quando è vissuto così, diventa linguaggio universale. È stato un giorno in cui le strade di Ivrea e del Canavese non hanno solo accolto biciclette, ma storie, sogni, rivincite. Una domenica che ha unito donne diverse in un unico respiro. E che ha insegnato che, a volte, per cambiare il mondo, basta salire su una bici e cominciare a pedalare.
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