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“Liberate Abderrahmane Amajou”: cresce la mobilitazione per il presidente di ActionAid detenuto in Israele dopo la Flotilla

Il 39enne di Bra non è tra gli italiani rimpatriati. ActionAid, Lo Russo e la società civile chiedono il suo rilascio immediato e il rispetto dei diritti umani

Abderrahmane Amajou

Abderrahmane Amajou

La voce di Abderrahmane Amajou continua a risuonare da Gaza a Torino. Il 39enne braidese, presidente di ActionAid Italia, resta detenuto in Israele dopo l’abbordaggio della Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria internazionale diretta verso la Striscia di Gaza. E mentre i primi 26 italiani fermati sono stati rimpatriati, lui non è tra loro.

A confermarlo è stato Abdullahi Ahmed, consigliere comunale del Partito Democratico a Torino, che ha ricevuto informazioni ufficiali dalla Farnesina: «Purtroppo Abderrahmane non ha firmato il foglio in cui avrebbe dovuto dichiarare di essere entrato illegalmente in Israele. Sta bene, ieri ha ricevuto il servizio consolare e l’assistenza legale». Il suo rifiuto di sottoscrivere quel documento implica che dovrà comparire davanti a un giudice nei prossimi giorni.

Ahmed ha invitato alla mobilitazione civile e istituzionale, sottolineando l’urgenza di tenere alta l’attenzione pubblica: «È molto importante monitorare la situazione e non lasciare sola la sua famiglia».

Da Milano è arrivata anche la presa di posizione ufficiale di ActionAid Italia, che con i co-segretari generali Katia Scannavini e Lorenzo Eusepi ha chiesto «il rilascio immediato di tutti gli attivisti detenuti in Israele contro ogni principio del diritto internazionale e senza avere commesso alcun reato».

La ong denuncia che «sono ancora centinaia gli attivisti della Global Sumud Flotilla detenuti illegalmente dall’esercito israeliano nelle carceri di Ketziot e Saharonim, nel deserto del Negev. Tra loro c’è anche Abderrahmane Amajou, presidente di ActionAid Italia, che ha deciso di prendere parte all’iniziativa come scelta personale e volontaria di attivismo».

ActionAid ha fatto sapere di essere «in costante contatto con l’Unità di crisi della Farnesina per ricevere garanzie della massima protezione diplomatica e consolare e ottenere informazioni tempestive sulla salute e l’incolumità di Amajou». Al momento non vi sono date certe per il rilascio. «Chiediamo che sia liberato immediatamente il nostro presidente Amajou e che il governo italiano si adoperi con ogni mezzo necessario per riportarlo a casa sano e salvo, garantendo che tutti gli attivisti siano rispettati e trattenuti in condizioni umane e dignitose», conclude la nota ufficiale.

Anche Torino si è stretta attorno alla vicenda, a partire dal sindaco Stefano Lo Russo, che ha espresso pubblicamente solidarietà e preoccupazione: «Chiediamo con forza che sia garantita la liberazione di Abderrahmane Amajou, torinese, presidente di ActionAid Italia e da sempre attivista per i diritti umani». Il primo cittadino ha ricordato che Amajou «si trovava a bordo della Global Sumud Flotilla ed è attualmente detenuto in Israele insieme agli altri attivisti che hanno partecipato alla missione verso Gaza», sottolineando la necessità di «un rilascio immediato nel pieno rispetto dei diritti delle persone coinvolte».

Lo Russo ha poi aggiunto parole di riconoscenza per l’impegno del presidente di ActionAid: «Torino è orgogliosa del contributo che Abderrahmane, fondatore di Codiasco Piemonte – il Coordinamento delle Diaspore per la Cooperazione Internazionale – per molti anni attivo in Slow Food e vicepresidente dell’Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo, ha dato e continua a dare alla nostra comunità».

Amajou, nato e cresciuto in Piemonte, è una figura di riferimento del terzo settore italiano. Alla guida di ActionAid ha promosso campagne per la cooperazione, l’inclusione e i diritti civili, in Italia e all’estero. La sua partecipazione alla Flotilla non è stata un atto isolato, ma l’espressione coerente di un impegno civile e umanitario radicato da anni, che lo ha portato in prima linea nella difesa dei diritti dei popoli e delle minoranze.

La Global Sumud Flotilla, di cui faceva parte, è una missione internazionale di pace e solidarietà che ha cercato di rompere simbolicamente il blocco navale su Gaza e consegnare aiuti umanitari e materiali sanitari alla popolazione civile.

Il caso Amajou si è rapidamente trasformato in un caso politico e diplomatico. Le prossime ore saranno decisive per capire i tempi e le modalità della sua comparizione davanti alla magistratura israeliana, ma intanto cresce la mobilitazione. Da Torino a Roma, dalle reti della cooperazione internazionale ai gruppi pacifisti, si moltiplicano gli appelli al governo italiano perché intervenga con decisione per riportare a casa uno dei volti più rappresentativi del volontariato e dell’impegno umanitario.

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