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04 Ottobre 2025 - 18:58
Pecco Bagnaia (foto profilo Instagram)
Da eroe a naufrago nel giro di una settimana. È la parabola amara di Francesco “Pecco” Bagnaia, che a Mandalika ha vissuto la giornata più difficile della stagione, e forse una delle più cupe della sua carriera in MotoGP. Sette giorni fa, in Giappone, aveva messo in scena un capolavoro: pole position, vittoria nella Sprint, dominio assoluto in gara, una prova da fuoriclasse che sembrava il segnale della rinascita definitiva dopo settimane di incertezze. Oggi, in Indonesia, tutto si è capovolto. Lo stesso pilota, la stessa moto, ma un risultato che fa male anche solo a pronunciarlo: ultimo nella Sprint Race e soltanto sedicesimo in griglia di partenza dopo una sessione di qualifiche da incubo.
Bagnaia è sceso dalla sua Ducati GP25 con la faccia stravolta e la voce rotta dalla rabbia. “È inaccettabile, spiegatemi. In teoria è la stessa moto del Giappone”, ha detto ai microfoni, quasi incredulo. Il campione del mondo in carica non riesce a comprendere cosa sia successo in così poco tempo. La moto, quella che a Motegi era un orologio, si è trasformata in una belva ingestibile: si muove in rettilineo, vibra in curva, frena male, non dà fiducia. “Non riesco a capire cosa stia succedendo. Non posso frenare come voglio, non ho controllo sul posteriore e la moto non gira. È frustrante.”
Dai box trapelano spiegazioni confuse. Si parla di problemi di bilanciamento, di un assetto inadatto alle condizioni di Mandalika, di pneumatici che non lavorano nel range ideale, ma nessuno, nemmeno i tecnici Ducati, sembra avere una risposta precisa. Il feeling tra Pecco e la moto è sparito, e il nervosismo cresce. Nel box rosso l’atmosfera è tesa come non mai: a ogni debriefing il volto di Gabarrini, il suo capotecnico, racconta più di mille parole. I due si sono chiusi per oltre mezz’ora nel motorhome, cercando soluzioni, rivedendo dati e telemetrie, ma al momento la situazione appare più complicata di quanto si possa pensare.
Il paradosso è che la GP25 di Bagnaia è, sulla carta, la stessa che una settimana fa lo aveva riportato al centro del mondo. A Motegi aveva surclassato tutti, compreso Marc Márquez, che ora guida la classifica mondiale con un vantaggio di 66 punti. Il distacco è enorme e, se anche il titolo non fosse ancora aritmeticamente compromesso, la sensazione è che il sogno del tris iridato stia lentamente scivolando via. La delusione di Mandalika pesa, e non solo per il risultato: pesa per il modo in cui è arrivata, improvvisa, inspiegabile, quasi beffarda.
L’analisi dei cronometri è impietosa: Pecco non è mai stato competitivo in tutto il weekend. Già nelle prove libere aveva faticato a entrare nei primi dieci, costretto poi al Q1 dove non è riuscito a strappare il tempo utile per accedere alla sessione decisiva. Da lì la partenza dalla sesta fila, e una Sprint Race che si è trasformata presto in un calvario. Dopo pochi giri Bagnaia ha iniziato a perdere terreno, superato da piloti come Raúl Fernández e Johann Zarco, fino a chiudere in fondo al gruppo.
“Così non si va da nessuna parte,” ha aggiunto Pecco dopo la gara. “Non riesco neanche a spiegare le sensazioni. È come se stessi guidando una moto completamente diversa. A Motegi era perfetta, qui invece è un disastro. Dobbiamo capire perché.”
Parole dure, ma sincere, da un campione che non cerca scuse. Dietro la frustrazione, però, si nasconde la consapevolezza che qualcosa non sta funzionando come dovrebbe all’interno della squadra. In molti parlano di tensioni nel box Ducati, di divergenze nelle scelte tecniche e di un rapporto con gli ingegneri che inizia a incrinarsi. Le voci di paddock, come sempre, si rincorrono: c’è chi dice che la squadra stia già lavorando in ottica futura, con le attenzioni divise tra il presente e i nuovi progetti per il 2026, e che Pecco si senta un po’ meno “al centro del mondo” rispetto agli anni scorsi.
In un paddock scottato dal sole di Mandalika, Bagnaia si aggira silenzioso tra i meccanici, saluta pochi, parla con ancora meno persone. È un campione ferito, e lo si vede. Il peso delle aspettative, la pressione di dover sempre confermare il proprio status, e la sensazione di non avere tra le mani una moto all’altezza: tutto converge in un sabato da dimenticare. Eppure, la storia di Pecco insegna che proprio nei momenti più bui sa trovare la forza per risorgere.
A Motegi, quando tutti lo davano per finito, aveva zittito le critiche con una doppietta straordinaria. Adesso, per rimettersi in carreggiata, dovrà fare lo stesso, ma con un contesto tecnico che sembra remargli contro. Domani, nella gara lunga, servirà una prestazione d’orgoglio, una di quelle giornate in cui la classe e la testa fanno la differenza più del motore. Perché se è vero che il mondiale si vince con la costanza, è altrettanto vero che un campione si misura dalla capacità di rialzarsi quando tutto sembra perduto.
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Mentre cala la sera su Mandalika, Pecco si chiude nel suo motorhome, lontano dai riflettori. Le luci del circuito si spengono, i meccanici smontano la moto pezzo per pezzo cercando la causa del disastro, e l’Italia appassionata di motori resta con un punto di domanda grande come una ruota slick: cosa sta succedendo davvero a Bagnaia? È un problema tecnico, mentale o di squadra? Le prossime ore, e soprattutto la gara di domani, daranno le prime risposte. Ma una cosa è certa: quello visto oggi non è il vero Pecco Bagnaia. E quando il campione ritroverà il suo equilibrio, sarà pronto a dimostrarlo, ancora una volta, sulla pista.
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