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04 Ottobre 2025 - 15:20
Autovelox: incassi record per i Comuni nonostante il nuovo Codice della Strada
Il nuovo Codice della strada e le regole sugli autovelox, entrate in vigore tra la fine del 2024 e l’estate 2025, dovevano segnare una svolta, mettere ordine, frenare l’abuso dei controlli automatici e restituire credibilità a un sistema che molti automobilisti considerano ormai solo un bancomat per i Comuni. E invece no: nonostante gli annunci, le promesse e le nuove norme, la pioggia di multe continua a cadere senza sosta. Nei primi nove mesi del 2025 gli enti locali italiani hanno incassato 1 miliardo e 253 milioni di euro da violazioni del Codice della strada, praticamente quanto l’anno precedente. Lo rivela un’analisi del Codacons, che ha passato al setaccio i bilanci comunali e scoperto che, a conti fatti, il gettito è calato appena del 3,2%, cioè una manciata di 41,5 milioni di euro in meno rispetto al 2024. Una goccia nel mare di verbali che ogni giorno inondano le buche delle lettere e i conti correnti dei cittadini.
A dominare la classifica è, come sempre, la Lombardia, con 305,7 milioni di euro di proventi da sanzioni stradali. La segue la Toscana con 131,4 milioni e l’Emilia-Romagna con 129 milioni. Ultima, per ovvi motivi di dimensione e popolazione, la Valle d’Aosta, che tra gennaio e settembre ha incassato poco più di due milioni. Ma la geografia delle multe è un ritratto eloquente del Paese: dove c’è più traffico, più telecamere e più varchi, ci sono anche più soldi. E infatti, tra le grandi città, Milano è irraggiungibile, con 123 milioni di euro di incassi, seguita da Roma con 78,4 milioni e Firenze con 39,4 milioni. Cifre che fanno sorridere (o piangere, a seconda dei punti di vista) se si pensa che ogni giorno nelle casse del Comune di Milano finiscono in media oltre 450 mila euro solo di contravvenzioni.
Non sono però soltanto le metropoli a “vivere di multe”. Anche i piccoli centri si difendono bene. I Comuni con meno di 5.000 abitanti hanno incassato complessivamente 70,7 milioni di euro, e quelli tra 5.000 e 10.000 abitanti 92 milioni. Salendo di fascia, le cifre diventano sempre più importanti: 125 milioni per i centri tra 10.000 e 20.000 abitanti, 219,6 milioni per quelli tra 20.000 e 60.000, e 215 milioni per le città medio-grandi con popolazione compresa tra 60.000 e 250.000. Le amministrazioni più popolose, con oltre un quarto di milione di residenti, arrivano a sfiorare da sole i 400 milioni di euro. È come se la mappa del Paese fosse divisa tra chi produce e chi incassa: da un lato le famiglie, spremute da verbali, limiti di velocità ballerini e zone a traffico limitato, dall’altro i Comuni, che fanno cassa in nome della sicurezza stradale.
Eppure, le novità legislative non mancavano. Il nuovo Codice della strada, entrato in vigore il 14 dicembre 2024, ha introdotto un inasprimento delle sanzioni per alcune infrazioni e regole più rigide per gli autovelox, operative dal 12 giugno 2025. Dovevano limitare la proliferazione selvaggia degli apparecchi e imporre criteri uniformi: distanze minime, tipologie di strade, limiti massimi di velocità. Ma la realtà, come spesso accade, è più testarda della burocrazia. Le multe non solo non sono diminuite, ma in alcune regioni sono addirittura esplose. In Molise, ad esempio, gli incassi sono aumentati dell’86%, in Sardegna del 22%, in Umbria del 18%. È come se le nuove regole avessero solo spinto i Comuni a essere più efficienti nel far pagare, non nel prevenire.
Altrove, però, la musica è diversa. In Basilicata, i proventi si sono ridotti del 23,5%, e in Sicilia del 18%. Ma non si tratta, probabilmente, di improvvisi sensi di colpa o di comportamenti più virtuosi: piuttosto, di una minore attività di controllo o di un ridimensionamento dei dispositivi attivi. I cittadini, intanto, restano intrappolati in un sistema che predica sicurezza ma pratica fiscalità. Le multe dovrebbero servire a salvare vite, non a salvare bilanci, sottolinea amaramente il Codacons, ricordando che una parte rilevante dei proventi finisce a coprire spese ordinarie dei Comuni.
Tra le grandi città, Napoli è quella che sorprende di più: i suoi introiti da multe sono cresciuti del 41,7% rispetto ai primi nove mesi del 2024. A Firenze l’aumento è del 32,4%, segno che il traffico, le zone pedonali e gli autovelox non danno tregua. In controtendenza Palermo e Torino, dove gli incassi sono calati del 16%, e Roma, che segna un -11%. Ma anche qui, la lettura è duplice: da un lato la riduzione di alcune postazioni automatiche, dall’altro la crisi di un modello che non riesce a conciliare prevenzione e sanzione.
Eppure, il vero terremoto potrebbe arrivare nei prossimi mesi. A partire dal 30 novembre, scatterà il censimento obbligatorio degli autovelox: ogni Comune dovrà comunicare quanti apparecchi ha, dove sono installati e se rispettano le nuove disposizioni. Chi non lo farà, sarà obbligato a spegnerli. Un rischio economico enorme, considerando che solo nel 2024 gli autovelox delle principali città avevano portato in dote oltre 62 milioni di euro di entrate. Se dovessero davvero essere disattivati quelli “fuori norma”, molti enti locali vedrebbero svanire un tesoretto costruito in anni di multe seriali.
Il Codacons mette in guardia: “Se le amministrazioni locali non cambieranno approccio, la fiducia dei cittadini sarà definitivamente compromessa. Le sanzioni non possono essere una tassa occulta”. Eppure, lo schema sembra ormai consolidato. I Comuni sventolano la bandiera della sicurezza stradale, ma la verità è che gli incassi da multe rappresentano una voce strutturale nei bilanci. I cittadini protestano, ma continuano a pagare. Il governo promette riforme, ma ogni nuovo Codice della strada sembra solo un modo per aggiornare le tariffe.
Così, mentre si discute di tolleranze, distanze minime e limiti intelligenti, la realtà racconta una cosa diversa: in Italia si continua a fare cassa con le infrazioni. Dalle metropoli alle valli alpine, dai viali milanesi alle statali umbre, il risultato è sempre lo stesso: cartelle, verbali, avvisi di pagamento. La multa, ormai, non è più un’eccezione ma una voce stabile del bilancio familiare. E, paradossalmente, anche una delle poche certezze di questo Paese: il semaforo rosso non si può passare, ma per le casse comunali è sempre acceso verde fisso.
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