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Le Unitre, mezzo secolo di cultura e comunità: dal boom degli anni ’80 alle sfide del presente

Dalla prima esperienza torinese del 1975 al radicamento in decine di comuni del territorio, le Università della terza età hanno saputo unire formazione, socialità e impegno civile. Oggi affrontano nuove prove: solitudine, invecchiamento demografico, crisi globali

Le Unitre, mezzo secolo di cultura e comunità: dal boom degli anni ’80 alle sfide del presente

Nel 1973, a Tolosa, il francese Pierre Vellas c ostituì la prima Università della terza età

Dopo la pausa estiva, nel Torinese e un po’ ovunque, le Università della terza età o Unitre riprendono le attività. Alcune sedi locali (fra le molte, San Mauro, Brandizzo, San Raffaele Cimena-Castiglione-Gassino-Sciolze e Leinì) sono molto attive e vantano un considerevole numero d’iscritti. La loro formula continua a suscitare interesse e consenso, rivelandosi in grado di unire cultura, dialogo e solidarietà.
La prima Unitre nacque a Torino nel lontano 1975 sul modello della francese Uta, («Université du troisième âge»), costituitasi due anni prima a Tolosa per iniziativa di Pierre Vellas (1924-2005), docente di diritto internazionale pubblico, autore del saggio «Les chances du troisième âge» (1974). Di lì a qualche tempo, mentre si moltiplicavano le sedi piemontesi (Alessandria, Asti, Chieri, Susa, Pinerolo, Ciriè, Fossano, ecc.), sorse l’Associazione nazionale Università della terza età. A Chivasso, l’Unitre cominciò a operare nel 1984 per iniziativa del Distretto scolastico 39, divenendo autonoma nel corso dell’anno accademico 1985-1986; a Settimo fu attivata nella primavera del 1986. I principi di riferimento erano pochi ma chiari: spirito inclusivo, tolleranza, senso civico, educazione al pensiero critico, indipendenza dai partiti politici, laicità e, ovviamente, nessun prerequisito scolastico per iscriversi.

In tutto il Torinese, il successo delle Unitre crebbe a dismisura tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi del decennio successivo, in un periodo di grandi mutamenti economici e sociali. Aumentando il numero dei giovani pensionati come pure quello dei senza lavoro e dei cassintegrati, affioravano multiformi esigenze d’incontro, aggregazione e cultura, ma si estendevano altresì le richieste di apprendimento permanente. All’origine del fenomeno, tuttavia, vi erano problemi di grande impatto nella vita lavorativa, sociale e relazionale dei cittadini.

Sino ad allora, l’industria aveva rappresentato un formidabile fattore di sviluppo, rinnovamento e benessere, sia pure con fluttuanti ricadute negative sulla società nel suo complesso. Era convinzione diffusa che il futuro sarebbe dipeso dalle grandi fabbriche e dal lavoro salariato a tempo pieno. Da qualche anno, però, gli scenari stavano cambiando: l’intera area torinese mostrava evidenti segni di sofferenza. La Fiat, in particolare, dibattendosi fra impianti obsoleti, agguerriti concorrenti, modelli di automobili con scarso potenziale di mercato e vendite in calo, non era più il perno dell’economia e il simbolo dell’identità di Torino. Influiva, inoltre, il graduale disimpegno della storica azienda dal comparto automobilistico a beneficio delle attività finanziarie.

Il declino d’importanti settori industriali (meccanica di precisione, siderurgia, chimica, gomma, macchine utensili e altri), l’impiego di nuove tecnologie e la progressiva internazionalizzazione della stessa Fiat avrebbero trasformato Torino in una città postfordista, definita da una diversa organizzazione del lavoro, non più basato sulle produzioni di massa e sulla catena di montaggio, troppo rigida e costosa. Un po’ dappertutto, le ripercussioni furono devastanti. Molti stabilimenti cessarono l’attività: un numero considerevole di persone si trovò anticipatamente fuori dai circuiti lavorativi. Erano operai, impiegati, funzionari e dirigenti, uomini e donne, che si trovavano a disporre di un tempo sino ad allora dedicato al lavoro.

Novembre 1998, Mario Berardi, gia  presidente dell'Ordine dei giorna listi del Piemonte, interviene al l'Unitre di San Mauro Torinese

Novembre 1998, Mario Berardi, gia presidente dell'Ordine dei giorna listi del Piemonte, interviene al l'Unitre di San Mauro Torinese

2011, Sergio Boccaccio, presidente uscente dell'Unitre di Brandizzo, passa le consegne a Pier Giorgio Gosso

2011, Sergio Boccaccio, presidente uscente dell'Unitre di Brandizzo, passa le consegne a Pier Giorgio Gosso

Le Università della terza età che presero a diffondersi nell’intera provincia e ad accrescere le proposte didattiche offrivano una risposta qualificata all’esigenza d’impiegare in maniera proficua il tempo libero e di condividere i saperi. Le Unitre del territorio non nascevano per spirito imitativo o campanilistico, ma in conseguenza di una spinta diffusa, con l’appoggio dei pubblici amministratori. Si era consapevoli, infatti, che la società moderna offre numerosi strumenti per interagire con gli altri, ma emargina in modo implacabile coloro che non possono accedervi. Impostata sul giusto bilanciamento fra la lezione del docente e il confronto critico, la formula delle Unitre garantiva ottimi risultati. Fu allora che nacquero le sezioni e le sedi di Piossasco (1989), Pino (1989), San Mauro (1993), San Raffaele Cimena (1996), Caselle (1998), Mappano (1998), Piobesi (1999) e altre. Con l’anno accademico 1992-1993 mosse i primi passi anche l’Università di Brandizzo, inizialmente legata a Chivasso, quindi sede autonoma: incrementando il numero dei corsi e degli iscritti, non tardò a divenire parte integrante della dimensione comunitaria.

Dalla fine dello scorso secolo ai giorni nostri, tante cose sono mutate, ma molte Unitre sono rimaste sostanzialmente fedeli alla formula originaria che pone al primo posto la formazione permanente degli allievi, senza trascurare le attività ricreative. Altre hanno scelto di privilegiare l’intrattenimento, conformandosi alle mode del momento, le quali rifuggono dall’impegno intellettuale e dalla complessità. Si sono così moltiplicati i corsi di bocce e tennis da tavolo, danze caraibiche (merengue, salsa, bachata, mambo, rumba e via ancheggiando), ginnastica, giochi di prestigio, autodifesa personale, ecc.

Oggi le Unitre devono confrontarsi coi problemi emergenti: la frantumazione della società ossia il degrado dei rapporti umani, la solitudine che affligge troppe persone, il disimpegno politico, la paura del mondo globalizzato e l’incertezza del futuro. Nel 2020, a inasprire la situazione, si è diffusa la pandemia di Covid-19, poi sono scoppiati pericolosi conflitti armati che generano non poche inquietudini. L’inverno demografico, inoltre, non risparmia l’intero Torinese, da Brandizzo a Leinì, da Mappano a Caselle. Dominati da tensioni geopolitiche, crisi climatica, imperscrutabilità del male e incapacità di fronteggiare le proprie paure, i tempi non inducono a facili ottimismi, ma le Unitre continuano a confrontarsi col presente.

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