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Capitale italiana della Cultura 2028: tra le candidate c'è anche una "piemontese"

Ventitré candidature per il titolo 2028: tra radici storiche e visioni future, in palio un milione di euro e la ribalta nazionale

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Capitale italiana della Cultura 2028: tra le candidate c'è anche una "piemontese"

Sono ventitré le città e le Unioni di Comuni che hanno depositato la propria candidatura al Ministero della Cultura per contendersi il titolo di Capitale italiana della Cultura 2028. La scadenza del 25 settembre ha consegnato un mosaico di progetti che non solo mirano a valorizzare il patrimonio artistico, ma anche a rafforzare l’identità collettiva, promuovere la partecipazione civica e favorire nuove forme di sviluppo. Un titolo, quello istituito nel 2014, che negli anni si è trasformato da riconoscimento simbolico a leva concreta di rilancio per interi territori, come dimostrano le esperienze più recenti di Parma, Procida e Bergamo-Brescia.

Ogni candidatura è stata accompagnata da un dossier dettagliato, contenente un progetto di durata annuale, un cronoprogramma scandito mese per mese e un piano economico-finanziario volto a garantire la sostenibilità delle iniziative. Non si tratta di semplici festival o di un cartellone di eventi, ma di vere e proprie strategie culturali di medio periodo, che intendono lasciare un’eredità concreta oltre il 2028.

L’elenco dei progetti in gara conferma la varietà e la ricchezza del panorama italiano. Dai piccoli centri alle città metropolitane, le proposte spaziano dal recupero delle radici storiche alle sfide della contemporaneità. Anagni si presenta con “Hernica Saxa. Dove la storia lega, la cultura unisce”, Ancona con “Questo adesso”, Bacoli con “Il futuro parte da una scossa”. C’è la “Catania continua”, la Benevento che vuole “Attraversare l’invisibile”, e ancora Forlì con “I sentieri della bellezza”, Galatina con “Il sogno dei luoghi”, Gioia Tauro con “La cultura è Gioia”, Gravina in Puglia con “Radici al futuro”. Moncalieri, per il Piemonte, rilancia con un titolo emblematico: “La periferia fa centro”. Spiccano anche progetti dal respiro internazionale come quello di Tarquinia, “La cultura è volo”, o la proposta dell’Unione dei Comuni della Città Caudina con “Terra futura. Europa abita qui”.

Monumento ai Caduti,  Ancona

I dossier verranno valutati da una commissione di sette esperti indipendenti nei campi della cultura, dell’arte e della valorizzazione territoriale. Il percorso prevede tappe serrate: entro il 18 dicembre 2025 saranno individuate le dieci finaliste; queste avranno tempo fino al 12 marzo 2026 per partecipare ad audizioni pubbliche, durante le quali presenteranno i progetti e risponderanno alle domande della giuria. L’ultimo passaggio è fissato entro il 27 marzo 2026, quando la commissione indicherà al Ministro della Cultura la città vincitrice.

Al territorio selezionato verrà assegnato un milione di euro, un contributo che negli anni si è rivelato decisivo per trasformare idee e visioni in azioni concrete. Non è solo una questione economica: il titolo porta con sé visibilità nazionale e internazionale, attrazione turistica, investimenti e, soprattutto, la possibilità di ripensare la propria identità attraverso la cultura.

Al momento, la sequenza dei titoli già assegnati proietta uno scenario chiaro. Agrigento è Capitale italiana della Cultura 2025 con il progetto “Il sé, l’altro e la natura. Relazioni e trasformazioni culturali”, L’Aquila lo sarà nel 2026 con “Città Multiverso” e Pordenone nel 2027 con “La cultura fiorisce”. Il 2028, dunque, rappresenta il passaggio successivo in un percorso ormai consolidato.

Parallelamente al titolo principale, il Ministero porta avanti anche iniziative complementari: la Capitale italiana del Libro, pensata per valorizzare i progetti legati alla lettura e all’editoria, e la Capitale italiana dell’Arte Contemporanea, che punta invece a promuovere le nuove espressioni creative.

La partita per il 2028 si annuncia complessa e avvincente. A contendersi il titolo ci sono città con storie culturali millenarie e piccoli comuni che puntano sulla forza della rete e della cooperazione territoriale. Tutte accomunate da una convinzione: la cultura non è un orpello, ma un motore reale di crescita sociale ed economica.

Anagni

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