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Ombre su Torino

Accadde oggi.... Torino 1978: l’agguato delle Brigate Rosse a Piero Coggiola

Dal primo attentato Sit-Siemens fino all’uccisione del capo verniciatura della Lancia di Chivasso: la scia di violenza che segna gli anni di piombo e il “tragico errore” di Via Servais

Accadde oggi. L'omicidio di Piero Coggiola.

Accadde oggi. L'omicidio di Piero Coggiola.

Colpire dirigenti d'azienda e industriali in genere è sempre stato in un certo DNA dei gruppi terroristici degli anni '70. Lo scorrere del tempo, tuttavia, come in tutte le azioni di queste organizzazioni, vede "naturalmente" inasprirsi l'operatività e, soprattutto, le conseguenze.

Questa parte della storia degli anni di piombo inizia nel 1970. In quell'anno a Milano due taniche di benzina vengono fatte esplodere nel box auto di Giuseppe Leoni, direttore del personale alla Sit-Siemens: è la prima azione rivendicata dalle Brigate Rosse.

Nello stesso anno il Gruppo XXII Ottobre sequestra Sergio Gadolla, figlio di un noto industriale di Genova. Nel 1972 le BR sequestrano per alcune ore il dirigente della Sit-Siemens Idalgo Macchiarini, nel 1973, a Torino, Bruno Labate, segretario provinciale della Cisnal e il direttore del personale della FIAT Ettore Amerio, mentre a Milano sequestrano per alcune ore il dirigente dell'Alfa, l'ingegner Michele Mincuzzi. Arriveranno poi Gancia e Saronio rapiti nel 1975 e l'armatore Pietro Costa nel 1977, a Genova.

Ma come in tante storie simili sono gli ultimi anni dei '70 a veder alzarsi il livello della violenza.

28 settembre 1978, Torino, Via Servais 176.

Se non ci si è mai stati non ci si crede, ma i numeri civici tra il 176 e il 200 di Via Servais compongono quello che somiglia a tutti gli effetti a un villaggio incantato. Tante case nell'estrema periferia, ordinate, pulite, lontane dal traffico, silenziose, immerse nel verde. Un meraviglioso rifugio borghese lontano dal caos della città.

Sono le 7.20 del mattino e il capo della verniciatura della Lancia di Chivasso, Piero Coggiola, ha appena salutato la moglie e sta attendendo l'autobus aziendale che lo porti in sede.

Arrivano in due, improvvisamente. Quello con la pistola si chiama Nicola D’Amore, l’altro, che si tiene a distanza armato di mitra, è Patrizio Peci.

<<Coggiola della Lancia?>> si sente chiamare. Si gira e viene colpito da 13 pallottole Beretta calibro 9 alle gambe. Una gli recide l'arteria femorale.

Poco dopo una voce chiama a La Stampa: «Qui Brigate rosse, abbiamo azzoppato noi Coggiola Piero…». Ma non è stato gambizzato. E' morto, dissanguato. Un altro tragico "errore". Anche stavolta, in loco, non è presente nessuna insegna che lo ricordi. Alla sua memoria è dedicato un parco in Via Salbertrand 57, quartiere Parella.

Sarà proprio la confessione di Peci, il principale e più importante pentito delle BR, ad accusare D’Amore che, nel 1983, verrà condannato a 21 anni. Ne sconta 16 e risalirà all’onore delle cronache nel 2012 quando l’allora sindaco Fassino accetterà di celebrarne il matrimonio prima di fare dietrofront accogliendo la richiesta dei familiari della vittima.

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