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27 Settembre 2025 - 17:43
Crisi nera per il vino italiano: dazi Usa e consumi interni in caduta libera
Il settore vitivinicolo italiano sta vivendo uno dei momenti più delicati della sua lunga storia. Non è un’esagerazione, ma il giudizio netto contenuto nello studio “Il futuro del vino italiano. Alcune proposte del Laboratorio Eurispes sulle politiche fiscali per affrontare la crisi”, che fotografa una situazione complessa: tra crollo dei consumi interni, produzione altalenante e la mazzata dei dazi statunitensi, il comparto rischia di perdere terreno proprio nel momento in cui l’Italia continua a detenere il primato mondiale per quantità prodotta ed esportata.
I numeri parlano chiaro. In Italia il vino è un pilastro economico: circa 30.000 imprese di trasformazione, 16 miliardi di euro di fatturato – pari a un punto di Pil – e 74.000 persone impiegate lungo la filiera. Solo nel 2024 l’export ha toccato quota 8,1 miliardi di euro. L’Italia non è soltanto la prima produttrice al mondo, con una media di 47 milioni di ettolitri l’anno, ma anche la nazione che più esporta in volume, oltre 22 milioni di ettolitri. Una forza che tuttavia non basta a proteggere il comparto da shock esterni.
Il problema principale oggi si chiama dazi USA. Fino al gennaio 2025, il vino italiano pagava oltreoceano un dazio medio del 2,9%. Ma l’aumento al 15% – spiega Eurispes – rischia di generare un impatto devastante: 317 milioni di euro di perdite dirette, che potrebbero salire fino a 460 milioni se il dollaro continuerà a svalutarsi. Per capire la portata del problema basta guardare il valore del mercato americano: circa 2 miliardi di euro, pari al 24% dell’export italiano complessivo, ben oltre la quota francese (20%) e spagnola (11%). Con i nuovi dazi e il cambio sfavorevole, il prezzo finale di vendita del vino made in Italy, che già aumentava del 123% rispetto al valore all’origine, potrebbe lievitare fino al 186%. Non sorprende quindi che già ad aprile 2025, primo mese di applicazione, le spedizioni verso gli USA abbiano segnato un crollo: -7,5% a volume e -9,2% a valore.
Ma non è solo colpa degli americani. Eurispes sottolinea infatti altre criticità che si trascinano da anni. A partire dal consumo interno, in caduta libera: in trent’anni il mercato domestico si è praticamente dimezzato, facendo scivolare l’Italia al terzo posto mondiale per consumi. Nel 2023 le giacenze hanno superato addirittura i 50 milioni di ettolitri, più dell’intera produzione annua. A ciò si aggiunge la riduzione progressiva delle superfici vitate: tra il 2000 e il 2023 la viticoltura italiana ha perso il 15% del terreno.
Il quadro si completa con un fenomeno meno noto ma non meno preoccupante: le “vie illegali del vino”. Solo nel 2023 i sequestri di prodotti contraffatti o adulterati hanno superato i 22 milioni di euro, un danno non solo economico ma anche di immagine per un comparto che fa della qualità e della tradizione la propria forza.
Eppure, paradossalmente, la produzione guarda al futuro con dati incoraggianti: per il 2025 l’Unione Italiana Vini stima una crescita dell’8% rispetto al 2024, attestandosi su 47,4 milioni di ettolitri. Un segnale di vitalità che rischia però di scontrarsi con le difficoltà strutturali e con un mercato che fatica ad assorbire l’offerta.
Per questo Eurispes propone un vero e proprio pacchetto di salvaguardia. Tra le misure indicate ci sono la revisione del Testo Unico del vino, ormai datato, la riduzione dell’Iva, un rafforzamento delle politiche contro le frodi, ma anche strumenti innovativi come un fondo assicurativo mutualistico tra produttori, crediti “natura” per chi tutela l’ambiente e il potenziamento delle tecnologie di intelligenza artificiale a supporto della filiera.
Un mix di tradizione e innovazione per salvare un settore che non è solo economia, ma anche cultura, identità e paesaggio. Perché il vino italiano non rappresenta soltanto 16 miliardi di euro e milioni di bottiglie: è una parte di ciò che siamo, della nostra storia e della nostra immagine nel mondo.
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