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Finché ci saranno Alpini, ci sarà speranza

Il Gruppo Alpini di Favria, con oltre un secolo di storia alle spalle, e la Filarmonica Favriese protagonisti al raduno intersezionale di Alessandria: tra marce, tradizione e memoria collettiva, un omaggio all’Italia che resiste nei valori autentici

Finché ci saranno Alpini, ci sarà speranza.

Il Gruppo Alpini di Favria, con i suoi 101 anni di storia alle spalle, non ha semplicemente preso parte al raduno intersezionale di Alessandria: vi ha portato con sé il peso e l’orgoglio di un secolo di memoria collettiva, di sacrificio e di comunità. In quelle vie gremite di gente, la loro presenza non è apparsa come una comparsa tra tante, ma come una voce chiara e limpida che ricordava a tutti quanto la tradizione alpina sia ancora oggi un collante umano, capace di unire generazioni e territori.

Non si è trattato soltanto di una sfilata, di una cerimonia scandita da passi e bandiere. È stato un incontro di storie, di volti segnati dall’esperienza, di giovani che si affacciano a una tradizione che non conosce scadenze. Gli Alpini favriesi hanno testimoniato che lo spirito di fratellanza nato sulle montagne, in condizioni dure e spesso drammatiche, ha ancora la forza di parlare a un’Italia che spesso rischia di dimenticare le proprie radici.

Accanto a loro, come da tradizione, la Filarmonica Favriese ha reso l’atmosfera ancora più intensa. Le note del “Trentatré”, l’inno che accompagna da sempre i raduni alpini, hanno risuonato con energia tra le strade di Alessandria, trasformandosi in un ponte sonoro tra il passato e il presente. Non era solo musica: era emozione pura, un richiamo potente che scuote il cuore di chi ascolta e riporta alla memoria volti, storie, immagini. Era il suono delle adunate di ieri, delle marce sotto la pioggia o la neve, dei sorrisi ritrovati nei momenti di festa dopo la fatica.

Chi si fermava lungo il percorso non assisteva a uno spettacolo: viveva un frammento di storia. Gli sguardi della gente si accendevano di commozione, i bambini agitavano bandierine, gli anziani stringevano i pugni con orgoglio. Perché quando passano gli Alpini, non sfilano solo uomini e divise: passa con loro un intero Paese che, almeno per un istante, ritrova un senso di comunità che spesso sembra smarrito.

In quella cornice di note e passi, c’era l’Italia che resiste. L’Italia che non ha bisogno di clamori, che non si mette in mostra sui palcoscenici televisivi, ma che vive nei gesti concreti: nel volontariato durante un’alluvione, nel sostegno silenzioso alle famiglie in difficoltà, nella presenza discreta ma costante nei momenti in cui serve davvero.

C’è qualcosa di quasi sacro in queste manifestazioni. La luce che scintilla sugli ottoni della banda, il cappello con la penna nera portato con fierezza, le bandiere che ondeggiano al vento come custodi di valori che non passano mai di moda. Sono immagini che parlano di patria, sì, ma soprattutto di umanità. Di un’Italia che non si arrende, che resta ancorata a quei principi semplici e forti che hanno fatto grande la sua gente: la solidarietà, il coraggio, l’umiltà.

Gli Alpini di Favria, insieme alla loro Filarmonica, ricordano che la tradizione non è mai immobilità. Non è un museo da contemplare, ma un’eredità viva che si rinnova ogni volta che un giovane decide di indossare quel cappello, ogni volta che un vecchio Alpino racconta una storia, ogni volta che la musica accompagna i loro passi. A ogni raduno si rinnova una promessa: il passato non verrà mai dimenticato e il futuro avrà fondamenta solide.

Così, quando le note finali si dissolvono nell’aria e il corteo si scioglie, non resta il silenzio, ma un pensiero forte e semplice, che è più di una frase: è una certezza. “Finché ci saranno Alpini, ci sarà speranza.”

 

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