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21 Settembre 2025 - 18:32
Gabriele Garino
Ed eccole qui, puntuali come un orologio svizzero, le prime reazioni al “Piano di mobilità sostenibile” svelato venerdì scorso dall’assessore Francesco Comotto e dal sindaco Matteo Chiantore ai giardinetti del Castellazzo. A dare fuoco alle polveri è l’ex consigliere comunale Gabriele Garino, che al Borghetto ci vive e ci lavora: la sua tabaccheria è una delle poche attività rimaste in una zona che già oggi fatica a tenere botta. E quando sente parlare di Ztl, va su tutte le furie.
“Vogliono proprio far morire il commercio – sbotta – Sabato hanno chiuso, domenica hanno chiuso e qui non c’è un’anima viva. Chiudere il Borghetto è da pazzi. Significa ammazzare quel poco che resta, prima qui e poi anche in piazza Lamarmora. Qui non si viene a passeggiare, lo struscio è in via Palestro. E poi, chiudere il Borghetto vuol dire togliere una via di fuga, mentre tutto il traffico finirebbe in corso Garibaldi…”.
La sua è una voce che conosce bene il quartiere e i suoi equilibri fragili. Da dietro il bancone della tabaccheria, Garino si lascia andare a una critica che non risparmia nulla e nessuno. “Io a Torino ci ho vissuto e so bene dove portano certe idee comuniste: intere vie con le serrande abbassate, locali sfitti, deserti urbani. Qui ringraziamo se qualcuno ancora gira in macchina, altrimenti saremmo già una città fantasma…”.
Alla presentazione del "Piano"
Il suo bersaglio non è solo la Ztl, ma l’impianto stesso del piano. “Ho letto che il problema sarebbero le famiglie con tre auto. Ma a loro cosa importa? Non siamo mica in Russia. Queste ideologie sono fallimentari. E prima che combinino qualche stupidata ci stiamo già muovendo per una raccolta firme. Meglio prevenire che curare”.
Dietro l’amarezza, però, resta la consapevolezza di una crisi commerciale che non nasce certo con il Piano di mobilità. “Se vogliono davvero incentivare il commercio – conclude – devono toccare gli affitti. È lì il nodo. Il dato di fatto è che i negozi stanno chiudendo, uno dopo l’altro. Non servono piste ciclabili immaginarie, servono misure concrete”.
Il dibattito è appena iniziato. Da una parte, il libro dei sogni presentato in grande stile dal Comune; dall’altra, chi in quei sogni non vede il futuro, ma il colpo di grazia a un tessuto commerciale già malconcio.
Venerdì scorso l'Amministrazione comunale ha presentato ai giardini del Castellazzo il nuovo Piano di Mobilità Sostenibile, un documento di duecento pagine firmato dal Mobility Manager Paolo Ruffino. Ad affiancarlo c’erano il sindaco Matteo Chiantore, l’assessore Francesco Comotto e altri membri della giunta. L’immagine proposta è di una città “europea”, più verde e sostenibile, con 60 chilometri di piste ciclabili al posto dei cinque oggi malandati, meno auto, più parcheggi e aria pulita.
Un progetto che, però, appare più come un libro dei sogni che una realtà imminente, simile a quei piani per l’eliminazione delle barriere architettoniche che restano spesso sulla carta per mancanza di fondi. Comotto ha rivendicato qualche passo avanti, come la nuova piazzetta davanti alla scuola Fiorano, e ha annunciato progetti per Torre Balfredo e San Bernardo. Il sindaco ha messo sul tavolo ipotesi più ambiziose: una ciclopista sul Lungodora, una Ztl al Borghetto e perfino un senso unico nell’anello dei laghi per ricavarne una corsia pedonale e ciclabile.
Lo studio porta numeri importanti: in un solo giorno a Ivrea si registrano 112 mila spostamenti, 78 mila dei quali in auto, spesso per percorsi brevissimi. L’obiettivo dichiarato è convincere i cittadini a camminare, pedalare o prendere l’autobus. Ma proprio i mezzi pubblici restano il punto debole: come ha sottolineato una cittadina durante la presentazione, gli autobus sono spesso vuoti e il servizio è screditato da anni di disservizi, fermate senza informazioni e orari incomprensibili. Il sindaco ha promesso un cambio di passo al prossimo rinnovo di contratto, ma le perplessità restano.
Tra gli obiettivi dichiarati c’è anche quello di deviare gran parte del traffico dalla circonvallazione al terzo ponte, costringendo le auto a passare da via Jervis. Facile a dirsi, ma la realtà quotidiana dei cittadini resta quella di una città segnata da buche, strade ammalorate e marciapiedi disastrati, con un tessuto urbano che invecchia e rende sempre più difficile spostarsi a piedi, soprattutto per gli anziani.
Anche dal pubblico sono arrivate critiche. Un ingegnere ha spiegato di aver segnalato a Comotto problemi risolvibili facilmente, senza ottenere risposta. Il sindaco ha promesso un incontro, ma lo scetticismo resta alto. Così, mentre sul palco si parla di piste ciclabili immaginarie e modelli europei, Ivrea continua a fare i conti con crepe, marciapiedi sconnessi e i soliti problemi di sempre.
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