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Nucleare
16 Settembre 2025 - 07:00
Il vessel della centrale nucleare "Fermi" di Trino
Nel 2000, tredici anni dopo il referendum che sancì la fine della produzione di energia elettrica da parte delle centrali nucleari italiane, la Sogin – società di Stato incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi – iniziò il decommissioning della centrale “Enrico Fermi” di Trino.
La “Fermi” era entrata in servizio nel 1965, con un reattore ad acqua pressurizzata (PWR) fornito dall'americana Westinghouse Electric Company, ma in più di vent'anni ha funzionato soltanto per poco più di dieci: numerosi, infatti, sono stati i guasti, le avarie e i “malfunzionamenti” che hanno comportato molteplici interruzioni della sua attività.
Nel decennio 1990-2000 la centrale è stata messa in “custodia protettiva passiva”, con mantenimento in sicurezza delle strutture e degli impianti a tutela della popolazione e dell'ambiente. Le operazioni di smantellamento sono iniziate un quarto di secolo fa. A che punto sono?
Calende greche
Sono molto indietro. In 25 anni Sogin nel sito trinese ha demolito alcuni edifici ausiliari, ha rimosso i sistemi di raffreddamento e ventilazione, ha costruito (“adeguato”) nuovi depositi per lo stoccaggio temporaneo del materiale radioattivo, ma è in forte ritardo sull'intervento più importante: lo smantellamento del vessel, la parte interna del reattore, in cui è contenuta la maggior parte della radioattività dell'impianto. L'inizio dello smantellamento del vessel, dopo una serie di rimaneggiamenti del cronoprogramma, era stato annunciato per il 2022, ma dopo tre anni deve ancora iniziare. Oggi, settembre 2025, sul sito istituzionale di Sogin è stata eliminata – dopo essere stata procrastinata più volte – la data del presunto raggiungimento del brown field (lo stato in cui l'impianto risulta completamente smantellato, con le strutture rimosse e tutti i rifiuti radioattivi condizionati e stoccati temporaneamente in attesa di essere trasferiti al deposito nazionale), e si annuncia che «è in corso la preparazione della gara per lo smantellamento del vessel”. In tre anni risulta che siano state effettuate solo alcune attività propedeutiche: nel novembre scorso è stata aperta la “testa” del vessel per effettuare alcuni campionamenti.
Tutto ciò a 25 anni dalla presa in gestione del sito da parte di Sogin, e a più di tre anni – era il maggio 2022 – da quando l'allora responsabile del sito, Davide Galli, in un'intervista a Repubblica annunciava «Domeremo il mostro”. Nel frattempo le scadenze delle varie fasi (milestones) del decommissioning programmate da Sogin stessa e fornite ad istituzioni ed operatori nei vari “Tavoli di trasparenza” convocati negli scorsi anni sono saltate tutte, e l'azienda si rifiuta di fornirne di nuove fino a quando il “Piano a Vita Intera” licenziato dal cda nel febbraio scorso e presentato dal nuovo amministratore delegato Gian Luca Artizzu non otterrà l'approvazione di Arera, l'autorità di regolazione e controllo. Improbabile, comunque, che il brown field venga raggiunto prima del 2030: il dato di fatto è che in trent'anni Sogin non riesce a smontare una centrale che ha funzionato per poco più di dieci.
Westinghouse pretende l'incarico
La principale questione da risolvere è quella del soggetto che si occuperà dello smontaggio del vessel. Nell'intervista di tre anni fa Galli lasciava intendere che all'interno di Sogin vi erano le competenze per un lavoro “in proprio”, mentre ora l'azienda annuncia che «è in corso la preparazione della gara»: gara che, considerato l'importo, sarà internazionale.
A monte della stesura del capitolato tecnico, però, sorge un problema giuridico. Nell'ottobre 2023 una delegazione di Westinghouse, la società americana con sede in Pennsylvania che settant'anni fa ha fornito il reattore, si è presentata alla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati evidenziando che «ad oggi nessun reattore è stato smantellato in Italia; Westinghouse può supportare il decommissioning in maniera fattiva ed efficace». Mostrando la copertina del contratto firmato nel dicembre 1957 tra la Società ElettroNucleare Italiana (Selni) e Westinghouse, i rappresentanti dell'azienda americana hanno sottolineato che «Westinghouse è proprietaria delle informazioni di progetto (intellectual property) di Trino» e hanno informato di aver «richiesto un parere legale pro veritate indipendente, il quale ha confermato che le informazioni di design di Trino continuano ad essere di proprietà e sono protette. Le stesse non possono essere utilizzate per scopi differenti da quelli identificati nel contratto originale senza il permesso di Westinghouse stessa». E quindi «Westinghouse si propone di operare come general contractor con responsabilità complessiva nello smantellamento del sistema di contenimento e delle strutture (che fu lo scopo di fornitura di Westinghouse durante la costruzione dell'impianto)».
Insomma: Westinghouse, ventilando possibili azioni legali in caso di mancato coinvolgimento, pretende di essere incaricata da Sogin (società a totale partecipazione pubblica: ecco perché ha formulato la proposta in sede parlamentare) del complessivo smantellamento del reattore.
Sogin non vuol parlarne
Nella presentazione illustrata nell'audizione del maggio 2024 presso la Commissione comunale trinese che vigila sullo smantellamento della “Fermi”, Sogin non aveva minimamente accennato alla possibilità di appaltare lo smontaggio del reattore a una società esterna. E' però emerso, su sollecitazione dei commissari, che fin dal 2000 Sogin aveva avviato un gruppo di lavoro congiunto con Westinghouse e BNFL (British Nuclear Fuels Ltd, società di energia e combustibili nucleari di proprietà del governo britannico) “per lo studio del decommissioning dell'isola nucleare del reattore della centrale di Trino (smantellamento del vessel, degli internals e di tutti i sistemi, strutture e componenti)”, gruppo di cui faceva parte anche Annafrancesca Mariani, che in Sogin è attualmente responsabile del procedimento per la localizzazione, costruzione ed esercizio del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi.
Inoltre nel 2009 è stato siglato un accordo di cooperazione – che Westinghouse considera tuttora valido – tra il Dipartimento dell'Energia (DOE) degli Stati Uniti e il Governo italiano, e nel 2019 al parlamento italiano è stato organizzato un seminario, con la partecipazione dell'Ambasciata Usa in Italia, in cui si auspicava il coinvolgimento delle aziende costruttrici degli impianti (OEM, Original Equipment Manifacturer) per velocizzare le attività di smantellamento.
Infine, a precisa domanda, Sogin ha «confermato le interlocuzioni» e ammesso che tra l'autunno 2023 e la primavera 2024 un gruppo di tecnici di Westinghouse ha «visitato» la centrale trinese, senza specificare i motivi del sopralluogo.
Successivamente, in occasione del “Tavolo di trasparenza” del febbraio 2025, Sogin – sempre su sollecitazione di terzi – ha confermato che «relativamente allo stato dei rapporti tra la Sogin e Westinghouse in merito allo smantellamento del vessel della centrale, in virtù dei diritti intellettuali rivendicati dalla società americana, sono in corso approfondimenti sotto il profilo legale tra le parti. Alla luce della situazione attuale non si esclude la possibile richiesta di un intervento normativo per risolvere eventuali conflitti giuridici».
Una nuova centrale nucleare a Trino?
Di fatto, quindi, a 35 anni dalla chiusura della centrale – e a 25 dalla sua presa in gestione da parte di Sogin – ancora non si sa chi smonterà il reattore, in quali tempi (che comunque si stanno allungando sempre più) e con quali costi (sempre più alti man mano che il tempo passa). Nel frattempo, però, l'ad di Sogin propone di realizzare nuove centrali nucleari sui siti di quelle esistenti (e che la sua società dovrebbe smantellare, essendo stata creata per questo): «li mettiamo a disposizione. Noi smantelliamo gli impianti, non smantelliamo i siti, che sono stati progettati e mantenuti per ospitare centrali nucleari e sono la naturale destinazione per ospitare nuovi impianti», ha dichiarato Artizzu. A Trino, comunque, Sogin s'è incartata: non riesce ad iniziare lo smantellamento del reattore e intanto allunga il “Piano a Vita Intera” senza informarne la Commissione comunale.
Gian Luca Artizzu, amministratore delegato di Sogin
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