Cerca

Attualità

Zangrillo sbranato a casa del lupo: fischi, vaffa e fuga dalla Festa dell’Unità

Il ministro di Forza Italia si presenta a piazza d’Armi per parlare di ius scholae ma viene travolto dalla contestazione. Accuse su Askatasuna, paragoni con le banlieue e un finale da corrida politica: applausi zero, insulti a valanga

Zangrillo sbranato a casa del lupo: fischi, vaffa e fuga dalla Festa dell’Unità

Paolo Zangrillo

Chiamatela pure incoscienza, oppure eccesso di fiducia in se stesso. Fatto sta che Paolo Zangrillo, ministro della Pubblica amministrazione e coordinatore regionale di Forza Italia, ha deciso di infilarsi nel ventre del Partito democratico torinese, scegliendo di salire sul palco della Festa dell’Unità di piazza d’Armi. Un po’ come entrare in un pollaio travestito da volpe: che cosa poteva andare storto? Tutto, naturalmente.

L’evento, nato con l’ambizione di essere un civile confronto con la vicepresidente del Senato Anna Rossomando, si è trasformato in un piccolo Vietnam politico. Non che servisse la sfera di cristallo per prevederlo: era la prima volta che un ministro del governo Meloni osava presentarsi “a casa del lupo”, in un’arena che per decenni è stata il salotto buono della sinistra torinese. E infatti l’accoglienza non è stata proprio da tappeto rosso: fischi, urla, insulti e un crescendo che ha costretto lo stesso Zangrillo a urlare contro la platea «Vergognatevi!».

Un esordio folgorante, dunque, per chi pensava di lanciare segnali di dialogo. La verità è che bastava una frase infelice – «Corso Verona? Anche gli italiani aspettano in coda per il passaporto» – per far crollare l’intera scenografia di confronto democratico. Quella che avrebbe dovuto essere una serata di pacato dibattito sullo ius scholae è degenerata in un muro contro muro fatto di accuse, botta e risposta e insulti reciproci. Altro che “dialogo”: un’ora di caos organizzato.

Ma il vero incendio è scoppiato sul tema più caro ai militanti torinesi: Askatasuna. Zangrillo, con la delicatezza di un elefante in cristalleria, ha pensato bene di accusare il Pd di «aver rilanciato il centro sociale invece di occuparsi delle periferie». Un assist perfetto per trasformare la platea in una curva da stadio. Un militante gli ha gridato: «E CasaPound a Roma?». La replica del ministro? «Per me CasaPound e Askatasuna stanno sullo stesso piano». Apriti cielo. Fischi, gente in piedi, cori ostili e persino qualche vaffa volato in prima fila contro il coordinatore provinciale di Forza Italia Marco Fontana.

A quel punto la serata è scivolata definitivamente nel grottesco. Zangrillo che accusa, militanti che rispondono a muso duro, un uomo che lo apostrofa con «dici solo bugie» e lui che perde la pazienza, restituendo alla folla un «vergognatevi» urlato con tutta la voce che aveva in corpo. Una scena che più che a un dibattito politico ricordava una lite condominiale con i vicini, solo che al posto del cortile c’era la Festa dell’Unità e al posto della discussione sulle spese dell’ascensore c’era la Tav, Askatasuna e le banlieue torinesi.

E già, perché il ministro ha trovato anche il tempo di dipingere Torino come un sobborgo parigino in rivolta: «Le periferie mi sembrano le banlieue di Parigi». Poi, per rendere il tutto ancora più personale, ha raccontato che non lascerebbe la figlia diciannovenne camminare la sera in corso Giulio Cesare. Un’immagine cupa, che però in quel momento è passata in secondo piano, inghiottita dai fischi.

Sul palco, Anna Rossomando cercava di mantenere un minimo di razionalità, rispondendo colpo su colpo e ricordando che «il nervosismo del centrodestra dimostra che forse sono già in campagna elettorale». Ma la verità è che ormai il clima era da rissa da bar. Tanto che, alla domanda finale sulle Comunali del 2027, il pubblico ha ascoltato distrattamente il «sì a una coalizione progressista» della vicepresidente e il «no a Lo Russo» di Zangrillo, più interessato a cercare l’uscita per evitare ulteriori contestazioni.

Alla fine il ministro se n’è andato in fretta e furia, salutando appena, come chi esce di soppiatto da una festa in cui non è gradito. Il senatore forzista Roberto Rosso, presente in prima fila, ha poi rincarato la dose accusando gli organizzatori: «Ci invitate e poi non sapete neanche comportarvi».

Insomma, la grande lezione della serata è che presentarsi alla Festa dell’Unità da ospite del governo Meloni equivale a lanciarsi in una corrida senza mantello. Zangrillo ha voluto andare a casa del lupo, ma il lupo non solo lo ha riconosciuto, lo ha pure cacciato a suon di fischi. E il dibattito sullo ius scholae? Rimandato a data da destinarsi. Quello che resta, invece, è la fotografia di un ministro che pensava di domare la piazza e che invece ne è stato divorato.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori