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Area ecologica a Settimo: sacchi fuori, topi dentro

Il marciapiede come discarica e l’igiene come optional

Area ecologica a Settimo: sacchi fuori, topi dentro

Area ecologica a Settimo: sacchi fuori, topi dentro

A Settimo Torinese la raccolta differenziata si è evoluta. Non più carta, plastica, vetro, organico. Adesso ci sono sacchi viola, sacchi blu, sacchi dentro e sacchi fuori. Differenziata sì, ma in base al marciapiede. Succede al civico 13 di via Regio Parco. Qui i cittadini hanno due corsie: una per camminare e una per lo slalom tra l’immondizia. Il tutto sotto lo sguardo vigile degli unici residenti che non pagano la Tari: i topi. Non devono arrivare, già ci sono. E ringraziano per l’accoglienza.

L’area ecologica funziona così: il Comune aggiusta la serratura, qualcuno la rompe, la si riaggiusta, la si ributta giù. Il Comune aggiusta, si rompe, si riaggiusta. È un balletto che dura da mesi, come una commedia dell’arte: il cittadino porta il sacco, il sacco non entra, resta sul marciapiede, il pedone inciampa, il topo applaude.

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isola ecologica

Dentro il recinto, la scena è da film: sacchi squarciati, rifiuti che spuntano da sotto i bidoni, odori che fanno curriculum a parte.

La signora che passa ogni mattina ha smesso di chiedere perché: «Chi deve pulire?», dice.

Nessuno risponde. A Settimo, le domande a chi amministra hanno la stessa vita delle serrature: due giorni sul tavolo, poi ci si dimentica, tra una diretta e l'altra con la sindaca.

Il Comune parla spesso di decoro urbano. “Decoro” è quella parola che funziona benissimo nei comunicati stampa, un po’ meno sui marciapiedi. Qui il decoro ha traslocato da tempo, ha preso residenza altrove, probabilmente in un comune limitrofo. A Settimo Torinese è rimasto il contrario del decoro, cioè il degrado, che però non fa conferenze stampa, non inaugura rotatorie, non taglia nastri, non racconta balle, non fa foto in posa. Si limita a esserci, ostinato, quotidiano, banale.

E i topi? I topi sono la parte migliore della storia. Non si lamentano, non protestano, non scioperano. Non chiedono chi deve pulire. Sono sempre presenti, non saltano un turno. L’unico vero servizio pubblico garantito. Vivono già lì, pagano in natura, hanno eletto via Regio Parco a condominio modello.

Alla fine, la vera differenziata settimese non è nei cassonetti: è tra le promesse e la realtà. Tra le parole spese e i marciapiedi sporchi. Tra i lucchetti nuovi e quelli rotti. E allora sì, quella signora ha ragione a chiedere: chi deve pulire? Forse il Comune, forse Seta, forse nessuno. Intanto i topi lo sanno: non c’è bisogno di pulire, basta restare.

Manca solo un cartello: “Benvenuti a Settimo, la città dove l’area ecologica è un eufemismo, e i topi non sono ospiti: sono padroni di casa”.

La soluzione c'è!

Cosa si dovrebbe fare per risolvere il degrado delle isole ecologiche? Investire nelle isole “interrate”, quelle strutture che ormai in molte città europee hanno sostituito i vecchi cassonetti in superficie, trasformandosi da problema di decoro a opportunità di efficienza. Non è fantascienza e non è neppure un capriccio urbanistico: è un investimento concreto che parte da una considerazione banale, ma fondamentale. Le attuali isole ecologiche a cielo aperto, con i contenitori traboccanti, maleodoranti e spesso circondati da rifiuti abbandonati, sono un biglietto da visita imbarazzante per qualunque sindaco.

isole ecologiche a Rimini

Isole ecologiche Rimini

Un’isola interrata funziona come un cassonetto invisibile. Solo una torretta di conferimento resta in superficie, pulita ed elegante, mentre i contenitori veri e propri sono sotto terra. Un sistema oleodinamico o a sollevamento consente lo svuotamento tramite mezzi dedicati. Il vantaggio è duplice: meno degrado visibile e più sicurezza igienica. Gli odori vengono contenuti, gli animali non trovano rifiuti sparsi e l’ambiente urbano guadagna in ordine.

Naturalmente c’è il tema dei costi. Non si tratta di qualche migliaio di euro, ma di un investimento che per ogni postazione può oscillare tra i 90 e i 180 mila euro, a seconda del luogo, delle opere di scavo e degli accessori tecnologici. In alcuni bandi pubblici italiani, la sola fornitura di un’isola interrata è stata valutata intorno ai 60 mila euro, senza contare scavi e ripristini della pavimentazione. Una spesa importante, certo, ma rapportata al beneficio in termini di immagine, decoro e gestione dei rifiuti, appare quasi inevitabile.

In più, queste strutture possono essere arricchite con sistemi di accesso controllato, telecamere di sorveglianza, sensori per monitorare i livelli di riempimento. Significa meno viaggi a vuoto dei mezzi di raccolta, più efficienza e meno sprechi. In altre parole, un investimento che nel medio periodo si ripaga anche economicamente.

Insomma, se la domanda è come risolvere il degrado delle nostre isole ecologiche, la risposta non può che andare in questa direzione: abbandonare i vecchi cassonetti traballanti e sporchi, e abbracciare la logica delle isole interrate. Non solo un gesto di modernità, ma una scelta di civiltà. 

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