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Giunta Brino-Gaiola: nessun divieto legale, ma l’etica è un’altra storia

La legge non prevede incompatibilità, ma secondo Avviso Pubblico i conflitti di interesse vanno evitati anche solo “in potenza”

Giunta Brino-Gaiola: nessun divieto legale, ma l’etica è un’altra storia

La coppia in giunta

Avete presente quando nei regolamenti condominiali c’è scritto che non si può stendere il bucato fuori dal balcone, ma poi il vicino appende comunque le lenzuola e tu ti ritrovi le tende profumate di ammorbidente? Ecco, in Municipio a Settimo Torinese siamo più o meno lì. La legge non vieta niente, ma le regole di buon senso – quelle sì – ci dicono che qualcosa non torna.

Cinque mesi fa la notizia era tutta rosa: l’assessora Chiara Gaiola in dolce attesa, il vicesindaco Giancarlo Brinodestinato a diventare presto papà, e la giunta Piastra trasformata in una succursale di Beautiful. Dalle fedi ai pannolini, titolavamo. Oggi, invece, ci tocca il sequel: dalle culle ai codici etici. Perché nel frattempo qualcuno, che peraltro siede tra le file della maggioranza in consiglio comunale (quando si dice serpi in seno) ha avuto la brillante idea di segnalarci la Carta di Pisa, quel vademecum di Avviso Pubblico che – senza mezzi termini – dice agli amministratori di evitare ogni situazione, anche potenziale, di conflitto di interessi.

Ora, sia chiaro: la legge non prevede alcuna incompatibilità per marito e moglie, fidanzati, compagni, conviventi o amanti di vecchia data che siedano nello stesso esecutivo. Nessun problema: possono votare insieme mozioni, delibere, varianti urbanistiche e persino il menù della mensa scolastica. L’unico limite è l’astensione, ma solo quando l’interesse tocca direttamente il portafogli di uno dei due. Per il resto, liberi come il vento.

Ma la Carta di Pisa – che Settimo non ha adottato, per inciso – racconta un’altra storia. Dice che gli amministratori devono evitare non solo il conflitto reale, ma anche quello “potenziale”. Dice che i parenti non devono avere incarichi o vantaggi, e che la politica non dev’essere roba di famiglia. Tradotto: marito e moglie nella stessa giunta, anche senza passare all’incasso, sono già di per sé un problema. Un problema di immagine, di opportunità, di credibilità.

E allora la domanda sorge spontanea: se la legge chiude un occhio, l’etica quanti ne apre? Possiamo davvero accettare che l’amministrazione comunale sembri una saga familiare, con tanto di album di famiglia incorporato nelle stanze del potere? Oppure dobbiamo rassegnarci all’idea che i regolamenti contano meno di un post su Facebook con cuoricini e fiocco rosa?

Con il rischio, tra l’altro, che i mal di pancia della riunione di giunta non vengano solo dalle polemiche politiche, ma dai litigi domestici della sera prima: chi prepara il biberon, chi cambia il pannolino, chi si alza alle tre di notte. Non proprio il miglior presupposto per discutere serenamente di bilanci, urbanistica e raccolta differenziata.

Intanto, la città resta a guardare. C’è chi minimizza (“L’importante è che lavorino bene”), chi ironizza (“Tanto in Italia governa sempre la famiglia, in un modo o nell’altro”), e chi si domanda – più prosaicamente – se qualcuno abbia ancora voglia di occuparsi delle buche in via Torino o delle luci che non funzionano in via San Mauro. Perché sì, va bene l’amore, va bene l’attesa di un figlio, ma nel frattempo i tombini restano intasati e i verbali di giunta non bastano a sostituire un piano serio di manutenzione urbana.

Insomma, se la legge tace, Avviso Pubblico parla. E dice chiaro e tondo che le giunte a conduzione familiare sono un ossimoro della buona politica. Ma qui a Settimo, nel regno incontrastato di Elena Piastra, c’è sempre spazio per un’eccezione narrativa. Un po’ Love Boat, un po’ House of Cards, molto più Beautiful.

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Cos’è la Carta di Pisa?

Nata nel 2011 su iniziativa di Avviso Pubblico – la rete di enti locali e regioni contro mafie e corruzione – la Carta di Pisa è un codice etico pensato per gli amministratori comunali. Non è una legge, ma un impegno volontario: chi la sottoscrive si obbliga a rispettare principi di trasparenza, sobrietà e integrità nella vita pubblica e privata.

Tra i punti più rilevanti ci sono:

  • evitare non solo i conflitti di interessi reali, ma anche quelli “potenziali”, cioè le situazioni che possono sembrare favoritismi;

  • il divieto di affidare incarichi o consulenze a parenti o affini fino al quarto grado, per prevenire nepotismi;

  • l’impegno a non utilizzare la carica pubblica per vantaggi personali o familiari;

  • lo stile di vita sobrio, coerente con il ruolo istituzionale;

  • la disponibilità a dimettersi in caso di rinvio a giudizio per reati di corruzione o mafia.

La Carta prende il nome dalla città toscana in cui fu presentata. Negli anni è stata aggiornata e ampliata, fino a diventare la più recente Carta di Avviso Pubblico, adottata da numerosi Comuni in tutta Italia.

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