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Ombre su Torino

Omicidio Stefano Leo: il sorriso spezzato sul Lungo Po

Torino, 23 febbraio 2019: un commesso di 33 anni viene ucciso senza motivo da Said Mechaout, che confesserà di aver scelto la vittima a caso perché giovane e felice. Condannato a 30 anni, resta il ricordo di Stefano in un murale e in un ciliegio piantato nel luogo dell’aggressione

Stefano Leo. Un omicidio surreale.
23 febbraio 2019
Poco dopo le 10 del mattino, un giovane scende le scale che portano da via Napione al Lungo Po Machiavelli a Torino e si siede sulla prima panchina che incontra. Probabilmente ha un appuntamento con qualcuno, forse aspetta che una persona esca dalla casa di fronte. Non sta al cellulare, non legge un giornale, si guarda intorno stringendo nella mano destra un sacchetto della spesa bianco. Non sembra avere fretta: rimarrà in quel posto per quaranta minuti.
A qualche centinaio di metri da lì, in zona Vanchiglia, un trentatreenne sta uscendo di casa. Deve andare in centro, in piazza CLN, dove lavora come commesso allo store della K-Way. L'itinerario, pur essendo di tre o quattro chilometri, attraversa il cuore della città ed è bellissimo, tanto che il ragazzo lo percorre tutti i giorni a piedi. Basta seguire il corso del fiume, girare in via Giolitti a destra e in mezz'ora è arrivato. Per farlo, passa sempre dal Lungo Po Machiavelli.
Ore 11.
L'uomo sulla panchina è nervoso. Vede un signore con il cane al guinzaglio e il telefonino nell'altra mano, e pensa che lo stia fotografando. Si alza, cerca lo scontro, sembra voler litigare a tutti i costi ma l'altro se ne va. È a quel punto che si trova accanto un ragazzo che ascolta musica in cuffia e lo guarda, sorridendo. Non lo ha mai visto prima, non sa chi sia.
La scena dura poco più di dieci secondi.
L'uomo lo fa passare e lo segue. Quando arrivano all'imbocco della scala da cui era sceso un'ora prima, estrae un grosso coltello dalla busta che si è portato dietro e lo colpisce al collo. Il ragazzo riesce ad arrivare in cima alle scale e chiede aiuto tenendosi una mano sulla ferita, ma, mentre attraversa corso San Maurizio, stramazza al suolo, sulle strisce pedonali.
Stefano Leo, 33 anni, commesso al K-Way Store di piazza CLN, muore così, mentre va a lavorare, senza sapere perché.
Il suo assassino si costituisce poco più di un mese dopo. La spiegazione del gesto è agghiacciante: "L'ho ucciso perché era giovane e felice. Volevo fare qualcosa di eclatante", dice agli inquirenti. E aggiunge: "Volevo vendicarmi della città per avermi portato via mio figlio. Volevo uccidere una persona la cui morte avesse una buona risonanza, non un vecchio o un quarantenne di cui non avrebbe parlato nessuno. Volevo prendere a Torino un ragazzo, giovane quanto me, e togliergli la possibilità di fare figli".
Said Mechaout, 27 anni, reo confesso, racconta di aver scelto la vittima a caso. Colpevole di avergli sorriso. Colpevole di essergli sembrato felice. Un comportamento folle che, secondo il pubblico ministero, avrebbe rappresentato un estremo gesto di stalking del killer verso la sua ex compagna che lo aveva lasciato qualche tempo prima. La madre di un bambino che ormai chiamava un altro uomo "papà". Una ragazza che abita proprio di fronte alla prima panchina di Lungo Po Machiavelli, scendendo da via Napione.
Al processo, celebrato con rito abbreviato, la difesa tenterà la carta della seminfermità mentale, ma Mechaout verrà riconosciuto perfettamente in grado di intendere e di volere e condannato in via definitiva, il 9 settembre 2022, a 30 anni di carcere.
Il 23 febbraio 2020, un anno dopo l'omicidio, verrà piantato un ciliegio nel luogo esatto in cui Stefano è stato colpito. Sotto, scese le scale, in mezzo a decine di mazzi di fiori e biglietti, un murale lo rappresenta a imperitura memoria, sorridente. Per sempre.
Esattamente come negli ultimi istanti della sua vita.
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