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Città della Salute: arriva "superman", anzi no "Gesù Cristo". E' Livio Tranchida

Tranchida guiderà la Città della Salute per 5 anni; Ripa commissario Oirm-Regina Margherita con mandato sullo scorporo dal 1° settembre

Città della Salute: arriva "superman", anzi no "Gesù Cristo".  E' Livio Tranchida

Livio Tranchida

Alla fine il dado è tratto. La Giunta regionale, su proposta dell’assessore alla Sanità Federico Riboldi, ha deciso: dal 1° settembre la Città della Salute di Torino avrà un nuovo direttore generale, Livio Tranchida, che lascia Cuneo – dove regna  come manager dell’AO Santa Croce e Carle – per accomodarsi sulla poltrona più bollente della sanità piemontese. Contratto da cinque anni, durata che sulla carta sa di stabilità, ma che in Piemonte sappiamo bene cosa significhi: un orizzonte lungo solo finché non si pestano i piedi a qualcuno. A Schael, il commissario “silurato” e scaricato da Riboldi, resta un grazie di circostanza e un saluto formale: “per il lavoro svolto”. Un epitaffio burocratico, una pacca sulla spalla e via.

Non basta: Tranchida, nel frattempo, resterà anche a Cuneo fino al 30 novembre, a scavalco. Doppio incarico, doppio cappello. A Torino e a Cuneo. Una specie di manager “onnipresente”, che dovrebbe guidare contemporaneamente il “miglior ospedale d’Italia” (così dicono le classifiche sventolate con orgoglio da Cirio) e il più grande ospedale del Piemonte. Una missione da supereroe, o da acrobata del multitasking. A questo punto, non ci stupiremmo se qualcuno proponesse un terzo incarico, giusto per non fargli mancare l’adrenalina: direttore generale e, perché no, anche vigile urbano e consulente per gli affari internazionali del Piemonte.

La vera musica, però, la suona la politica. Il presidente Alberto Cirio, con voce impostata da conferenza stampa, annuncia: “Abbiamo individuato una delle figure migliori del Paese”. E giù lodi sperticate: preparato, richiesto da mezza Italia, uomo del rigore ma anche della condivisione. In pratica: Gesù Cristo con la cartella clinica. Peccato che, dalle nostre parti, i “migliori” diventano tali solo quando sono funzionali agli equilibri di palazzo.

E Riboldi? Colui che solo ieri aveva “sicurato” Schael, oggi si scioglie in elogi per Tranchida: “esperienza, armonia, dialogo con gli erogatori privati”. Traduzione: Schael rompeva troppo le scatole, Tranchida dovrà riportare pace e sorrisi con la lobby dell’intramoenia e con i privati convenzionati. Il resto sono chiacchiere.

Non dimentichiamoci il contesto. Schael era stato nominato con una delibera che, nero su bianco, gli chiedeva di vigilare sull’intramoenia, ridurre le liste d’attesa, controllare i bilanci e – se necessario – sospendere le convenzioni. Schael ha fatto esattamente quello che gli era stato chiesto, ha rotto il giocattolo, ha messo i cittadini davanti ai primari. Risultato? È stato accompagnato alla porta. E ora, al suo posto, arriva il manager che deve “ristabilire armonia”.

Franco Ripa

Franco Ripa

Intanto, per non farsi mancare nulla, la Regione ha nominato anche Franco Ripa, il grande burocrate della programmazione sanitaria, Commissario straordinario dell’Ospedale Regina Margherita. Missione: completare lo scorporo dall’Azienda madre. Così, in mezzo a questa tempesta di nomine e contro-nomine, si riorganizza la sanità con la solita chirurgia amministrativa: una volta si commissaria, una volta si scorpora, l’importante è cambiare sempre le etichette, come al supermercato.

Ma torniamo al cuore della vicenda. Perché Schael è stato fatto fuori? Perché ha osato. Ha osato dire che il buco di bilancio non era di 41 ma di 55 milioni. Ha osato chiedere un advisor esterno per guardare dodici anni di contabilità. Ha osato dire stop all’intramoenia allargata che arricchisce pochi e desertifica gli ospedali pubblici. Ha osato scrivere ai sindacati parole di dialogo quando la Regione aveva già deciso di decapitarlo. Ha osato, insomma, fare il suo mestiere. Troppo per una sanità che predica rigore ma pratica compromesso.

E ora? Ora Tranchida viene accolto come il salvatore. Cirio e Riboldi lo presentano come “uno dei manager più preparati d’Italia”, ma la domanda vera è un’altra: sarà libero di toccare i privilegi consolidati? Potrà davvero mettere i conti davanti ai sorrisi, o il suo mandato è quello di rimettere il tappeto sopra la polvere? 

La morale è semplice e amara: la sanità piemontese cambia volto, ma non cambia copione. Chi tocca i privilegi paga. E i malati? Restino pure in lista d’attesa. Tanto, a pagamento, un posto in qualche clinica si trova sempre. Basta avere il portafoglio giusto.

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