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Bandiera palestinese nell’ufficio dell’assessore: a Torino il gesto simbolico diventa dichiarazione istituzionale

L’assessore posta su Facebook; a luglio il Consiglio ha sospeso relazioni col governo israeliano per il cessate il fuoco

L'assessore della città di Torino Jacopo Rosatelli

L'assessore della città di Torino Jacopo Rosatelli

Una bandiera palestinese alle spalle, dentro l’ufficio dell’assessore alle Politiche Sociali. Un post su Instagram che rivendica il gesto, parole che non lasciano margini all’equivoco. A Torino, Jacopo Rosatelli, esponente della giunta Lo Russo in quota sinistra ecologista, sceglie il linguaggio dei simboli per dire da che parte sta sulla guerra a Gaza. E lo fa dentro una cornice istituzionale che, da mesi, ha assunto posizioni nette: lenzuoli bianchi sulla facciata del municipio, un digiuno di 24 ore dei consiglieri di maggioranza e una mozione, approvata a luglio, che interrompe i rapporti con l’attuale governo israeliano per chiedere il cessate il fuoco.

“Finché avrò l'onore di servire la mia città – scrive Rosatelli suInstagram – nell'ufficio che mi è stato assegnato ci sarà la bandiera palestinese”. L’assessore, che non ha mai nascosto le sue posizioni pro Gaza, motiva così la scelta: “In anni recenti vita, libertà e autodeterminazione di un popolo intero non sono mai state così crudelmente, massicciamente e impunemente aggredite”. Nel mirino il governo guidato da Benjamin Netanyahu, definito “genocida”. Da qui l’appello all’azione: “Qualunque azione non-violenta, simbolica o concreta, sia in nostro potere, dobbiamo compierla per aumentare la pressione sulle autorità del mondo, a partire dal nostro governo, affinché esercitino il loro dovere di proteggere un popolo bestialmente oppresso e massacrato”. E un messaggio rivolto a militanti e cittadini: “A chi predica la cancellazione dell'identità stessa dei palestinesi, occorre contrapporre una riaffermazione corale di riconoscimento. È in gioco l'umanità intera”.



Quella di Rosatelli non è un’iniziativa isolata. Palazzo Civico si è espresso più volte a sostegno di Gaza, anche con gesti pubblici: i lenzuoli bianchi appesi ai balconi del municipio e il digiuno di 24 ore dei consiglieri di maggioranza. Soprattutto, a luglio il Consiglio comunale ha approvato una mozione che impegna l’amministrazione a non avviare progetti, collaborazioni o relazioni istituzionali con i rappresentanti del governo israeliano in carica e con tutti i soggetti ad esso direttamente riconducibili. L’obiettivo dichiarato è “sostenere il cessate il fuoco a Gaza e il ripristino di condizioni di vita sicure e libere” per la popolazione palestinese della Striscia e della Cisgiordania.

Nel lessico di Rosatelli la bandiera è un’“azione non-violenta” e, al tempo stesso, un segnale politico che salda simboli e scelte amministrative. La sua posizione si muove dentro un perimetro già tracciato dall’aula consiliare, che ha optato per una pressione istituzionale – la sospensione dei rapporti con l’esecutivo israeliano – finalizzata a un cessate il fuoco e alla tutela dei civili palestinesi. È una linea che chiama in causa la responsabilità delle istituzioni locali nel campo dei diritti umani e interroga, più in generale, il confine tra testimonianza simbolica e ruolo di governo. A Torino, oggi, quel confine viene presidiato con bandiere, mozioni e gesti pubblici: strumenti diversi per una stessa richiesta, che dalla città risale alla politica nazionale e internazionale.

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