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22 Agosto 2025 - 22:56
Andrea Chiadò Puli
Andrea ce l’ha fatta. Quella che il 16 giugno era soltanto un sogno, oggi è diventata realtà: 2.750 chilometri macinati uno dopo l’altro, 22 tappe attraversando mezza Europa, più di 12.000 metri di dislivello positivo e, alla fine, l’arrivo a Stoccolma, meta tanto agognata quanto carica di significati. Non un’impresa sportiva fine a se stessa, ma un viaggio che ha messo insieme sudore, memoria e solidarietà. Un’avventura che ha trasformato la fatica di un ragazzo di Rocca Canavese in speranza concreta per chi combatte contro il cancro, con la ricerca sostenuta da AIRC come bussola e destinazione ideale.
All’arrivo, Andrea non ha nascosto la commozione: “Dopo tanti giorni finalmente sono sceso dalla bici e sono arrivato a Stoccolma. Sono incredibilmente commosso e sono davvero contento di aver coinvolto così tante persone ed aver fatto così tanto per la ricerca. Spero che questo possa essere il punto di partenza per una futura collaborazione”. Parole semplici, ma che raccontano meglio di qualsiasi statistica cosa significhi dare senso a un viaggio: trasformare ogni chilometro in un gesto di amore e resistenza.
Dietro questa pedalata infinita c’è una storia personale che spiega tutto. Andrea ha perso tre nonni a causa del cancro, senza mai aver avuto la possibilità di conoscerli. Suo padre, quando lui era solo un neonato, ha dovuto affrontare la malattia: un ricordo che Andrea non conserva in prima persona, ma che ha inciso profondamente sulla vita della sua famiglia. Da lì nasce il desiderio di fare qualcosa di concreto, di restituire attraverso la sua fatica un po’ di speranza a chi oggi sta vivendo quelle stesse paure. La raccolta fondi non è solo un modo per sostenere la ricerca scientifica, ma un atto di memoria e gratitudine: “Non importa quanto grande o piccola sia la donazione. Ogni contributo può fare la differenza. Quello che conta è il gesto, e la condivisione”, ha ripetuto più volte durante il viaggio.
Non sono mancati i momenti che resteranno impressi nel cuore. Come quando, in Polonia, nel bel mezzo della campagna, un signore è uscito di casa con gazzosa, barrette e sorrisi, accogliendolo con un “welcome to Poland”. Piccoli frammenti di umanità che diventano enormi quando ci si trova soli su una strada sconosciuta, con il corpo stanco ma il cuore spalancato.
Per Andrea non era la prima volta. Già lo scorso anno aveva spinto i pedali fino a Copenaghen. Ma stavolta il senso era diverso, più profondo: pedalare per i nonni persi troppo presto, per il padre che ha conosciuto da bambino la malattia, per chi ancora oggi affronta la paura. Era partito da casa con un peso nel cuore e con la volontà di trasformarlo in qualcosa che potesse restare. Ora quel peso si è trasformato in luce: donazioni, messaggi di incoraggiamento, una comunità che si è stretta attorno a lui e ha seguito ogni suo passo, dal profilo Instagram fino al traguardo svedese.
Ogni pedalata è stata un atto di resistenza, ogni salita una prova di coraggio, ogni incontro un frammento di bellezza. E oggi che l’avventura è compiuta, resta un messaggio forte: non c’è distanza che non possa essere colmata se si pedala insieme, se si mette al centro non l’ego ma il bene comune. Andrea non è un campione da copertina, non è un influencer con milioni di follower. È un ragazzo di 26 anni che ha scelto di usare le sue ferie non per cercare il mare, ma per cercare un senso.
Un’impresa che non finisce con l’arrivo a Stoccolma, ma che continuerà in ogni donazione che arriverà, in ogni persona che deciderà di credere nella ricerca, in ogni storia di chi combatte e non si arrende. “Spero che questo sia solo un punto di partenza” ha detto. E chissà, forse un giorno quella bicicletta lo porterà ancora più lontano.
Perché ci sono viaggi che non finiscono mai, che continuano dentro chi li ha compiuti e dentro chi li ha condivisi. E questo viaggio, Andrea, lo ha già consegnato a tutti noi.
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