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29 Luglio 2025 - 22:56
Il sindaco di Romano Canavese
Seduta ad alta tensione quella del 28 luglio a Romano Canavese. Il Consiglio comunale, riunitosi per discutere le interpellanze e approvare il Documento Unico di Programmazione (DUP) 2026–2028, si è trasformato in un "teatrino" dove si sono messe a nudo tutte le fragilità di un’Amministrazione sempre più chiusa in se stessa, sempre meno disposta al confronto e incapace di guardare lontano. A denunciarlo con forza è il gruppo consiliare di minoranza “Il Paese da Vivere”, composto da Stefano Avanzi, Andrea Peruzzi e Emanuela Casotti, che ha incassato risposte giudicate evasive, burocratiche, prive di visione strategica e segnate da gravi omissioni documentali, da parte del Sindaco Oscarino Ferrero e della sua Giunta.
Le interpellanze vertevano su temi cruciali per la vita amministrativa e sociale del Comune: edilizia scolastica, alienazioni patrimoniali, sostenibilità ambientale, sicurezza urbana, gestione del patrimonio pubblico. Le risposte, però, hanno alimentato più dubbi che certezze.
Sull’edilizia scolastica, il gruppo di minoranza ha contestato la scelta del Comune di non partecipare alla manifestazione d’interesse promossa dalla Regione Piemonte in vista del piano triennale 2025–2027. Il Sindaco Oscarino Ferrero ha ritenuto superfluo segnalare i fabbisogni del Comune, sostenendo che l’edificio scolastico sia già conforme. Una decisione poco lungimirante, secondo la minoranza, poiché si trattava solo di una fase ricognitiva, utile a pianificare eventuali adeguamenti futuri e a posizionarsi per ottenere risorse nei prossimi bandi.
Anche sul fronte delle alienazioni patrimoniali la gestione è apparsa opaca. La vendita dell’ex Scuola di Cascine e dell’edificio “Bene Lisa” è stata decisa in assenza di uno studio di fattibilità, di un confronto in Consiglio e senza valutare alternative come la locazione o la co-gestione. Il tutto giustificato dal Sindaco con un generico riferimento al “risparmio”. Il consigliere Rao, nel suo intervento, ha bollato la discussione come “poco più che chiacchiere da bar”, evidenziando il grado di superficialità con cui è stata affrontata la questione.
Sul PAESC – il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima – la posizione dell’Amministrazione ha deluso profondamente: a prevalere è stata la logica degli ostacoli. Costi, difficoltà, complicazioni burocratiche: tutto è stato usato come alibi per non aderire, eludendo del tutto il punto centrale, ovvero l’importanza strategica del PAESC per accedere a fondi nazionali ed europei dedicati alla transizione ecologica, alla mobilità sostenibile e alla riqualificazione urbana. Una rinuncia che rischia di isolare Romano Canavese dal futuro.
La situazione di via Principe Amedeo, colpita mesi fa da un’esplosione, resta critica. Le macerie sono ancora lì. Nessuna ordinanza di sgombero, nessuna messa in sicurezza. Il Sindaco si trincera dietro l’attesa dell’assicurazione da parte del privato proprietario, dimenticando che in materia di sicurezza pubblica la legge assegna proprio al primo cittadino il dovere di intervenire con urgenza. Ancora più grave è stata la sua dichiarazione secondo cui le lamentele dei cittadini non sarebbero attendibili se non espresse direttamente a lui, negando di fatto il ruolo di rappresentanza dei consiglieri comunali. Peccato che – come fatto notare in aula – Oscarino Ferrero sia raramente presente sul territorio.
Il caso del “Bene Lisa” è emblematico: dichiarato inagibile, l’edificio è stato comunque oggetto di spese pubbliche per l’adeguamento dell’impianto elettrico. Alla richiesta di chiarimenti, nessuna risposta, nessun documento. Solo un invito ai consiglieri a ricorrere all’accesso formale agli atti, ostacolando di fatto ogni possibilità di verifica politica. Una modalità che trasforma ogni controllo in un percorso a ostacoli, negando trasparenza e confronto.
Il salone pluriuso del Mulino di Cascine, chiuso da due anni, potrebbe riaprire – forse – nel 2027. Il progetto esecutivo, assicurano dalla Giunta, è “quasi pronto”, ma mancano fondi, gara d’appalto e inizio dei lavori. Nessuna spiegazione concreta è stata fornita sui ritardi, mentre intanto un intero pezzo della vita associativa e comunitaria della frazione resta paralizzato.
A rendere ancora più tesa l’atmosfera, l’approvazione del DUP 2026–2028, passata con i voti contrari della minoranza e – fatto politicamente rilevante – con l’astensione di tre consiglieri della stessa maggioranza. Il documento, che dovrebbe indicare la rotta strategica del Comune, è stato definito debole, generico, pieno di enunciazioni di principio e privo di progettualità concreta. Nessuno dei progetti sbandierati in campagna elettorale è stato inserito, e molte iniziative sono condizionate all’ottenimento di fondi non ancora stanziati. Un libro dei sogni che rivela l’assenza di una visione politica autentica. L’astensione interna ha evidenziato una frattura nella squadra del Sindaco, segnale di un disagio politico crescente e di una fiducia che vacilla anche all’interno della maggioranza stessa.
Le crepe si sono manifestate anche nella discussione della mozione sull’uso dei social istituzionali da parte dei consiglieri comunali. Il dibattito, acceso e controverso, ha messo in luce contraddizioni normative, un atteggiamento chiuso da parte dell’Amministrazione e una gestione dei canali pubblici poco trasparente, verosimilmente non conforme ai principi di equità istituzionale e pluralismo. In aula, alcuni consiglieri di maggioranza hanno mostrato fretta di concludere i lavori e scarsa attenzione ai temi trattati, come se discutere del futuro del paese fosse un fardello da sbrigare in fretta. Un segnale di disinteresse che non è sfuggito né ai consiglieri di minoranza né ai cittadini presenti.
E proprio la presenza vigile e numerosa dei cittadini in Consiglio comunale è stata il segnale democratico più importante di tutta la serata. Un segnale forte di attenzione e partecipazione, che dice chiaramente che la comunità c’è, osserva e pretende risposte concrete. Il gruppo “Il Paese da Vivere”, attraverso il capogruppo Andrea Peruzzi, ha rivolto un ringraziamento sentito a tutti coloro che hanno voluto esserci, ribadendo l’impegno a portare avanti, con serietà e ascolto, le istanze della cittadinanza dentro e fuori dall’aula consiliare.
In un momento di crescente isolamento politico e amministrativo, la voce della minoranza diventa sempre più necessaria per contrastare il rischio che Romano Canavese perda la bussola, tra occasioni mancate, decisioni calate dall’alto e un clima sempre più insofferente al confronto.

C’è un sindaco, in un Comune italiano a caso, che ogni mattina si guarda allo specchio e si applaude. Non perché abbia fatto qualcosa – quello mai – ma perché è convinto che basti esserci. Non governare, non decidere, non rispondere: esserci. Seduto sulla poltrona, magari con una cartelletta in mano e lo sguardo assorto, come se stesse riflettendo sull’interesse collettivo, mentre pensa a dove andare in ferie a Ferragosto.
Oscarino Ferrero, sindaco di Romano Canavese, ha affinato l’arte dell’amministrazione in modalità riflessiva: lui riflette, il paese aspetta. Le risposte alle interpellanze arrivano, sì, ma sembrano scritte da un algoritmo che ha imparato solo la parola “rimandato”. Alla sicurezza ci penserà il privato, all’ambiente il prossimo mandato, all’edilizia scolastica qualcun altro. L’importante è che nel frattempo si vendano immobili, si chiudano sale, si eviti qualunque decisione che implichi il rischio di sbagliare. Perché si sa, se non fai niente, nessuno può dirti che hai fatto male. A parte i cittadini, ma quelli si lamentano solo se parlano con te di persona, altrimenti non valgono. Parola di Sindaco.
Nel frattempo, la minoranza fa domande, che è l’unico crimine davvero imperdonabile in certi ambienti. Domande su cose semplici: perché non avete partecipato al bando per l’edilizia scolastica? Perché vendete il “Bene Lisa” dopo averci speso sopra soldi pubblici? Perché il DUP sembra scritto da ChatGPT sotto effetto di camomilla?
Risposte? Nessuna. Anzi, la vera risposta è la tecnica dell’accesso agli atti: se vuoi sapere, chiedi. Se chiedi, aspetta. Se aspetti, magari ti passa la voglia. E così il controllo politico si trasforma in un quiz a premi. Solo che il premio non c’è. E il quiz lo vince sempre il silenzio.
Ma la perla è un’altra: tre consiglieri della stessa maggioranza si astengono sul DUP. Un dettaglio, direte voi. Sì, come se tre muratori smettessero di costruire una casa perché hanno perso fiducia nell’architetto. E l’architetto rispondesse: tutto regolare, avanti così. Il DUP, Documento Unico di Programmazione, avrebbe dovuto essere il manifesto politico del triennio. È diventato una lista della spesa scritta da qualcuno che non ha ancora fatto il giro dei reparti. Mancano i fondi, mancano i progetti, mancano le idee. Ma abbondano le frasi fatte.
A dare fastidio, poi, è la lucidità. Quella dei consiglieri Andrea Peruzzi, Stefano Avanzi e Emanuela Casotti, che non fanno opposizione con i megafoni, ma con i verbali. Che entrano in aula, fanno domande, documentano ogni mancanza. E lo fanno davanti a un’Amministrazione che, per tutta risposta, mostra segni evidenti di noia. Come se amministrare un Comune fosse una seccatura da liquidare prima di cena.
E allora eccola, la vera domanda: ma se vi secca tanto, perché vi siete candidati? Per occupare qualche sedia? Per vedere il vostro nome sulle carte intestate?
Il sospetto, sempre più fondato, è che questa sia l’Amministrazione del quieto vivere autoreferenziale. Nessuna ambizione, nessuna visione, solo la rassicurante abitudine del potere tenuto al minimo. Con qualche lampadina cambiata, una determina firmata, un comunicato vago da girare di tanto in tanto ai giornali.
Ma la politica, quella vera, è un’altra cosa. È confronto, scontro, idee, fallimenti anche. Ma sempre alla luce del sole. Qui, invece, si naviga a fari spenti, col timore che una luce troppo forte possa svelare la verità: che sotto il vestito dell’Amministrazione non c’è niente.
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