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Cronaca
22 Luglio 2025 - 22:32
A Settimo Torinese i medici di famiglia violano la legge. Stesso studio per visite gratuite e a pagamento
Succede a Settimo Torinese, in pieno giorno, alla luce del sole: studi medici dove il medico di famiglia riceve nello stesso locale del collega specialista privato. Nessun ingresso separato. Nessuna parete divisoria. Nessuna distinzione visibile. Solo un grande, pericoloso cortocircuito tra la medicina pubblica e quella a pagamento, mascherato da collaborazione professionale.
Eppure la legge è cristallina, e non lascia spazio a interpretazioni. L’Accordo Collettivo Nazionale per la medicina generale – il contratto quadro che regola il lavoro dei medici convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale – è inequivocabile: «Se lo studio è ubicato presso strutture adibite ad attività private, incluse quelle autorizzate o accreditate, lo stesso deve avere un ingresso indipendente e deve essere eliminata ogni comunicazione con le restanti parti della struttura». Tradotto: il medico di famiglia deve esercitare la sua attività in modo completamente separato dal collega specialista privato. Altrimenti è fuori legge.
Ma a Settimo questa regola sembra valere solo sulla carta. Nella pratica, esistono studi dove tutto è condiviso: la porta d'ingresso, il corridoio, la segreteria, il bagno, la sala d’attesa. E, soprattutto, i pazienti. I pazienti che, spesso senza rendersene conto, si trovano immersi in un ecosistema ambiguo, dove la linea che separa la visita gratuita da quella a pagamento è sottile come un foglio, e altrettanto trasparente.
«Per quel problema servirebbe uno specialista… ma guarda caso è qui, nel mio stesso studio». Una frase pronunciata a mezza voce, detta quasi con cortesia. Ma è proprio lì il problema: in quel tono rassicurante, in quell’apparente comodità che, di fatto, genera un fortissimo condizionamento psicologico. Perché chi mai direbbe di no al proprio medico di fiducia? Chi metterebbe in discussione un consiglio mascherato da cura?
Non si tratta solo di una questione normativa, ma di etica. Di deontologia. Di equità. Di libertà di scelta. Lo studio medico non può diventare un bazar in cui si accede per una visita gratuita e si esce con una prenotazione a pagamento. Non può trasformarsi in un'area grigia dove il cittadino perde la bussola, non sa più chi lavora per il SSN e chi per la propria partita IVA.
Chi controlla tutto questo? Nessuno. L’ASL To4 dov'è? Chiude un occhio, forse due. Il Comune, troppo spesso, ignora o finge di non sapere. L’Ordine dei Medici? Silenzio. E così proliferano situazioni paradossali: il medico di base riceve al mattino, lo specialista al pomeriggio, nello stesso ambulatorio. E tra i due si scambiano pazienti, battute e magari anche qualche percentuale di ritorno, ché di altruismo, si sa, non vive nessuno.
Il risultato? Una vera e propria distorsione del sistema sanitario pubblico, in cui il medico convenzionato diventa inconsapevolmente (o no?) una vetrina per l’attività privata del collega. E a farne le spese è sempre lui: il paziente. Convinto di trovarsi in uno spazio protetto, invece è già nel tunnel dell’autosovvenzionamento. Paghi le tasse, ma poi paghi anche la visita. Benvenuto nella sanità parallela.
La domanda che sorge spontanea è una: cosa succederebbe se la stessa ambiguità si verificasse in un ufficio pubblico? Se un impiegato dell’anagrafe ricevesse nello stesso ufficio di un patronato privato che vende servizi? Se un funzionario del Comune lavorasse spalla a spalla con un architetto che prepara le pratiche edilizie a pagamento? Si griderebbe allo scandalo. Si parlerebbe di conflitto d’interessi. Si invocherebbe la Corte dei Conti. E invece qui, nel silenzio, tutto scorre.
Il medico di famiglia è, o dovrebbe essere, un baluardo della sanità pubblica, un presidio democratico, un riferimento trasparente e accessibile. Ma quando si trova a condividere spazio, risorse e pazienti con chi opera solo nel mercato, questo ruolo si sfalda. Perde autorevolezza. Diventa ambiguo. E allora si capisce perché molte persone non si fidano più. Perché si sentono smarrite. Perché iniziano a pensare che la salute, ormai, sia un privilegio per chi può pagare.
Succede anche questo, a Settimo Torinese. Ma, badate bene, non solo qui. Qui sono in tanti... Questa è solo una finestra aperta su un sistema nazionale che ha smarrito il confine tra ciò che è pubblico e ciò che è profitto.
E se nessuno lo denuncia, quel confine finirà per scomparire del tutto.
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Responsabilità delle Aziende Sanitarie: La Corte di Cassazione ha stabilito che le ASL possono essere ritenute responsabili per la condotta colposa dei medici di base convenzionati. Questo principio implica che, in caso di violazioni normative da parte dei medici, le ASL potrebbero essere chiamate a rispondere delle conseguenze, sottolineando l'importanza di un adeguato controllo da parte delle autorità sanitarie
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L'articolo 36, comma 4, dell'Accordo Collettivo Nazionale (ACN) per i medici di medicina generale stabilisce che: "Se lo studio è ubicato presso strutture adibite ad altre attività non mediche o sanitarie soggette ad autorizzazione, lo stesso deve avere un ingresso indipendente e deve essere eliminata ogni comunicazione tra le due strutture."
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