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18 Luglio 2025 - 22:43
Operai Iveco al lavoro
Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann, avrebbe avviato una trattativa riservata per la cessione di Iveco Group, colosso italiano nella produzione di camion, autobus e veicoli commerciali. A confermare i rumor è una fitta serie di indiscrezioni raccolte da Reuters, secondo cui tra i potenziali acquirenti ci sarebbe il gigante automobilistico indiano Tata Motors, già proprietario dei marchi britannici Jaguar e Land Rover.
Né Exor, che detiene il 27,1% del capitale e il 43,1% dei diritti di voto di Iveco, né il gruppo torinese hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali. Ma i mercati sembrano aver colto il segnale: lunedì il titolo Iveco Group ha registrato un’impennata in Borsa, arrivando a guadagnare fino al 9% nelle prime ore di contrattazione, per poi chiudere con un +8,32% a 16,6 euro per azione.
Non è la prima volta che si parla di un possibile passaggio di proprietà per Iveco. Già nel 2021 circolarono voci su un interesse della cinese Faw, poi sfumato. Stavolta però il dossier sembra più concreto, anche perché dietro l’interesse di Tata non ci sarebbe solo una logica industriale, ma un rapporto personale e storico tra le due dinastie. Ratan Tata, figura carismatica dell’industria indiana, fu grande amico dell’Avvocato Gianni Agnelli. Nel 2013 partecipò, insieme a John Elkann, alla lectio inauguralis della cattedra dedicata a Giovanni Agnelli in Economia alla Bocconi. E lo stesso Elkann era presente ai funerali di Stato di Tata, celebrati il 9 ottobre dell’anno scorso.
Anche sul fronte industriale le due aziende si conoscono bene. Negli anni Duemila Fiat e Tata collaborarono in India per la produzione dei motori diesel Multijet, una sinergia che oggi potrebbe riaccendersi in un contesto completamente trasformato dalla corsa globale alla mobilità sostenibile.
Ma se l’interesse per Iveco è concreto, è altrettanto chiaro che la divisione militare – Iveco Defence Vehicles (IDV) – non è oggetto della trattativa con Tata Motors. L’eventuale cessione riguarderebbe solo il ramo civile, quello dei veicoli commerciali. La separazione è già in corso e ha generato un’asta parallela con attori ben diversi. Per IDV, infatti, sono in campo tre offerte: quella del tandem Leonardo–Rheinmetall, quella del gruppo franco-tedesco KNDS e quella del conglomerato dell’Est CSG (Czechoslovak Group). Secondo Bloomberg, Leonardo avrebbe presentato un’offerta da 1,6 miliardi di euro, ma al momento sarebbe dietro ai concorrenti. Il governo italiano segue la vicenda con attenzione, con l’obiettivo di garantire che la difesa nazionale resti sotto controllo nazionale, almeno per ora.
Di fronte a questo scenario di smontaggio progressivo, i sindacati metalmeccanici esprimono forte preoccupazione. “Il governo fermi qualunque ipotesi di vendita che metta in discussione gli impianti e i lavoratori di Iveco. La proprietà sta smontando pezzo dopo pezzo l’industria dell’automotive del nostro Paese”, denuncia la Fiom.
Anche la Uilm avverte: “Le nostre preoccupazioni sul futuro di Iveco e dei suoi 14.000 dipendenti si acuiscono, tanto più che il famigerato sistema delle multe europee incomincia a colpire anche il settore dei veicoli commerciali”. La Fim chiede chiarezza: “Iveco deve chiarire come intende procedere rispetto all’operazione di spin-off del ramo Difesa, nonché il significato delle intenzioni di vendita”. La Ugl Metalmeccanici non usa mezzi termini: “Urge una convocazione al Mimit”, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Anche la politica entra in campo. Carlo Calenda, leader di Azione, affida ai social un messaggio diretto a Giorgia Meloni: “Il Presidente del Consiglio deve intervenire subito sia per capire se Elkann sta effettivamente vendendo agli indiani. In questo caso vanno poste condizioni relative a occupazione e brevetti attraverso il golden power”.
Se confermata, la trattativa con Tata Motors segnerebbe un passaggio cruciale nella strategia di disimpegno industriale di Exor, sempre più focalizzata su tecnologia, media e finanza. Per l’Italia, invece, si tratterebbe di una nuova, pesante cessione di sovranità industriale, che colpisce uno dei marchi più rappresentativi della storia meccanica nazionale. E che rischia di lasciare, oltre ai bilanci, un vuoto simbolico difficile da colmare.

Anche la Uilm esprime timori crescenti: “Le nostre preoccupazioni sul futuro di Iveco e dei suoi 14.000 dipendenti si acuiscono, tanto più che il famigerato sistema delle multe europee incomincia a colpire anche il settore dei veicoli commerciali”. Per la Fim, “Iveco deve chiarire come intende procedere rispetto all’operazione di spin-off del ramo Difesa nonché il significato delle intenzioni di vendita”. La Ugl Metalmeccanici parla senza mezzi termini di emergenza e chiede “una convocazione urgente al Mimit” (Ministero delle Imprese e del Made in Italy).
Sul fronte politico, arriva la presa di posizione di Carlo Calenda, leader di Azione, che affida ai social un messaggio diretto a Giorgia Meloni: “Il Presidente del Consiglio deve intervenire subito sia per capire se Elkann sta effettivamente vendendo agli indiani. In questo caso vanno poste condizioni relative a occupazione e brevetti attraverso il golden power”.
Se confermata, la trattativa tra Exor e Tata Motors rappresenterebbe un ulteriore snodo cruciale nella strategia della holding torinese, che negli ultimi anni ha spostato progressivamente il proprio baricentro fuori dall’industria manifatturiera italiana, puntando su tecnologia, media e finanza. Per l’Italia, invece, si tratterebbe di un’ulteriore perdita di controllo su un marchio storico dell’automotive nazionale, con pesanti ripercussioni industriali, occupazionali e simboliche.
Fondata il 1º gennaio 1975, Iveco nasce dalla fusione di cinque marchi storici dell’automotive europeo: l’italiana Fiat Veicoli Industriali, le connazionali OM e Lancia Veicoli Speciali, la francese Unic e la tedesca Magirus-Deutz. A guidare quel processo industriale fu l’ingegnere Bruno Beccaria, primo amministratore delegato della nuova società, che fin dall’inizio si impose sul mercato internazionale come player innovativo nella produzione di camion, autobus, veicoli da cantiere, mezzi militari e antincendio. A quasi cinquant’anni di distanza, Iveco rappresenta ancora oggi uno dei marchi più rilevanti della manifattura italiana ed europea, con una presenza capillare in diversi continenti e un portafoglio prodotti che va dal piccolo furgone elettrico al pesante a idrogeno.
Nel solo 2023, Iveco Group ha generato un fatturato di 16 miliardi di euro, segnando una crescita del 13% rispetto all’anno precedente. L’EBIT rettificato si è attestato a 940 milioni di euro, mentre l’utile netto ha raggiunto i 352 milioni, a testimonianza di una solidità operativa che, negli ultimi anni, ha permesso al gruppo di investire in ricerca, sostenibilità e nuovi modelli di propulsione. Il dato più significativo, però, resta la capacità produttiva: lo scorso anno sono stati realizzati circa 150.000 veicoli, tra veicoli commerciali leggeri, camion medi e pesanti, autobus urbani e interurbani, mezzi da cantiere, veicoli per la protezione civile e per la difesa.
La struttura produttiva di Iveco è vasta e articolata. In Italia, cuore industriale del gruppo, si trovano gli stabilimenti storici di Torino, Suzzara, Brescia e Foggia, ognuno specializzato in segmenti differenti della produzione. In Spagna, le fabbriche di Madrid e Valladolid sono diventate centri di eccellenza per innovazione e sostenibilità, tanto da ottenere riconoscimenti ambientali a livello europeo. In Germania, a Ulm, si trova l’impianto dedicato alla produzione dei veicoli elettrici pesanti, nati dalla joint venture con la statunitense Nikola, mentre in Romania, a Petrești, si assemblano veicoli blindati e militari destinati a eserciti e forze dell’ordine di mezzo mondo.
Nel complesso, Iveco Group può contare su 29 stabilimenti e 31 centri di ricerca e sviluppo distribuiti tra Europa, Sud America e Asia. La forza lavoro è composta da circa 34.000 dipendenti, molti dei quali impegnati in attività ad alto contenuto tecnologico e specializzate. Accanto alle attività industriali tradizionali, l’azienda ha puntato su motorizzazioni alternative, digitalizzazione dei processi e sostenibilità ambientale, presentando negli ultimi anni modelli full electric, a idrogeno e progetti di guida autonoma avanzata.
Una rete globale, una storia industriale lunga mezzo secolo e una capacità produttiva in costante evoluzione: questo è oggi Iveco, uno dei marchi più rappresentativi dell’ingegneria meccanica italiana. Una realtà che non solo costruisce veicoli, ma continua a esportare nel mondo un’idea di industria fatta di competenza, innovazione e lavoro.
Fondata nel 1945 come Tata Engineering and Locomotive Company (TELCO), Tata Motors è oggi una delle principali case automobilistiche indiane, con sede a Mumbai. Inizialmente focalizzata sulla produzione di locomotive, l'azienda ha successivamente ampliato la sua attività ai veicoli commerciali e, nel tempo, ai veicoli passeggeri, diventando un attore globale nel settore automobilistico.
Nel 2023, Tata Motors ha registrato un fatturato consolidato di circa 346.000 crore di rupie (circa 42 miliardi di dollari), segnando una crescita del 24% rispetto all'anno precedente. Le vendite globali hanno raggiunto 1.284.898 veicoli, con 422.580 veicoli commerciali e 862.318 veicoli passeggeri venduti .
L'azienda opera attraverso numerosi stabilimenti produttivi in India e all'estero. Tra questi, lo stabilimento di Sanand, nello stato del Gujarat, è uno dei più avanzati e produce modelli come la Tata Tiago e la Tata Tigor. Inoltre, Tata Motors ha acquisito lo stabilimento Ford a Sanand per aumentare la capacità produttiva di veicoli elettrici, con l'obiettivo di raggiungere una produzione annuale di 400.000 unità.
Nel corso degli anni, Tata Motors ha compiuto acquisizioni strategiche, tra cui l'acquisto dei marchi britannici Jaguar e Land Rover nel 2008. Questa mossa ha ampliato significativamente la presenza globale dell'azienda nel segmento dei veicoli di lusso. Nel 2025, Jaguar Land Rover ha registrato profitti ante imposte di 2,5 miliardi di sterline, il più alto degli ultimi dieci anni.
Tata Motors continua a investire nella mobilità sostenibile, con l'obiettivo di lanciare 8 nuovi veicoli elettrici entro il 2025 e raggiungere la vendita di 50.000 veicoli elettrici nel 2023. L'azienda è anche impegnata nello sviluppo di soluzioni di mobilità integrate e sicure, mantenendo una forte attenzione all'innovazione e alla sostenibilità.
Con una forza lavoro globale di circa 80.000 dipendenti, Tata Motors rappresenta un pilastro dell'industria automobilistica indiana e continua a espandere la sua presenza a livello internazionale.
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