Cerca

Attualità

Cava di San Bernardo, il 21 la conferenza dei servizi. L'altolà del Comitato

Durante l’incontro del 14 luglio tra amministratori e cittadini, emergono criticità acustiche, ambientali, paesaggistiche e giuridiche. Il Comitato No Cava chiede trasparenza e coerenza: “L’autorizzazione va negata, non rinnovata per inerzia”

Cava di San Bernardo, il 21 la conferenza dei servizi. L'altolà del Comitato

Cava di San Bernardo, il 21 la conferenza dei servizi. L'altolà del Comitato

È una linea rossa, quella tracciata dal Comitato No Cava – San Bernardo: non si deve andare oltre. E se lo si farà, sarà con la piena responsabilità politica e morale di chi avallerà un rinnovo che, secondo i cittadini, non ha né base tecnica, né legittimità ambientale, né giustificazione paesaggistica. È questo il cuore dell’ennesimo capitolo di una vicenda che si fa sempre più complessa e che il 14 luglio 2025 ha vissuto un passaggio cruciale: la riunione presso la sede della Città Metropolitana di Torino, alla presenza dei rappresentanti dell’ente, del Comune di Ivrea e di alcuni membri del Comitato, incentrata sulla procedura di rinnovo dell’autorizzazione per la cava in località San Bernardo.

I cittadini, ancora una volta, non sono andati a mani vuote. Al contrario, hanno messo sul tavolo puntuali osservazioni di natura tecnica, ambientale e giuridica, già trasmesse anche per iscritto nei giorni precedenti. Un dossier corposo, che la stessa Città Metropolitana non ha potuto ignorare: le criticità sono state definite “rilevanti”, e addirittura è stato ammesso che, oggi, davanti a una nuova richiesta, l’autorizzazione non verrebbe concessa. Ma – ed è qui che casca l’asino – secondo l’ente metropolitano, non si tratterebbe di una nuova istanza bensì di un rinnovo, e quindi esisterebbero presunti vincoli giuridici che impedirebbero il rigetto dell’autorizzazione, anche di fronte a evidenti e documentate controindicazioni.

Non solo: la Città Metropolitana ha attribuito la responsabilità originaria al Comune di Ivrea, sostenendo che proprio quell’autorizzazione iniziale complicherebbe, oggi, un eventuale stop. In altre parole: il passato diventa ostacolo al presente, e i cittadini dovrebbero accettare supinamente un danno già fatto. Una visione che il Comitato No Cava respinge con forza, e che anzi definisce “del tutto inaccettabile”.

Ma cosa c’è in gioco? Un intero territorio, un paesaggio, una comunità. Le osservazioni presentate toccano numerosi aspetti. Sul piano acustico, si segnala la necessità di barriere antirumore “estese e impattanti”, con frequenti superamenti temporanei dei limiti, in netta incompatibilità con la classificazione acustica del territorio. In pratica, chi vive nei pressi della cava – anche se la cava non fosse attiva – sarebbe comunque soggetto a disturbi acustici non compatibili con una zona classificata come residenziale o agricola.

Ancor più pesanti le conseguenze paesaggistiche: le dune antirumore previste comporterebbero la movimentazione massiccia di materiale, modificando radicalmente la morfologia del territorio e alterandone irrimediabilmente l’aspetto. Le fotosimulazioni prodotte dai proponenti sono state definite “fuorvianti”, a dimostrazione della distanza tra le rassicurazioni progettuali e l’impatto reale sull’ambiente.

Sul versante della viabilità, emergono ulteriori problemi: gli ampliamenti stradali necessari all’attività della cava coinvolgerebbero terreni privati privi di titoli e si baserebbero su percorsi di trasporto incoerenti, con una grave sottovalutazione del traffico pesante in un’area dove le strade già oggi presentano limiti di transito. Uno scenario che rischia di mettere in crisi la sicurezza della circolazione, soprattutto in zone residenziali o agricole.

Altro punto dolente: la gestione delle acque meteoriche, resa ancora più complessa dalla presenza delle nuove barriere. Le soluzioni prospettate dai proponenti vengono considerate “vaghe, non autorizzate”, e coinvolgono terreni di terzi e reti fognarie già problematiche, potenzialmente aggravando una situazione idraulica che in caso di forti piogge potrebbe portare a disagi e danni.

E poi c’è la questione simbolica e politica per eccellenza: la tutela del paesaggio. L’area interessata dalla cava è agricola, di pregio storico e ambientale, come riconosciuto dallo stesso Piano Regolatore Generale Comunale (PRGC). La prosecuzione dell’attività estrattiva comporterebbe, secondo il Comitato, una “compromissione irreversibile” del territorio, in totale dissonanza con le politiche di sostenibilità e valorizzazione promosse – almeno sulla carta – a livello locale, regionale ed europeo.

E allora, cosa fare? Secondo il Comitato, la risposta è chiara: “Il rinnovo dell’autorizzazione non può essere considerato un automatismo burocratico. Deve essere sottoposto alle stesse procedure previste per una nuova autorizzazione, come stabilisce l’articolo 19 della Legge Regionale 23/2016”, che impone una valutazione ambientale, paesaggistica e la possibilità di esprimere un motivato diniego. In caso contrario, si tratterebbe di una forzatura giuridica, che negherebbe il diritto della comunità a essere ascoltata e tutelata.

cava

Nel corso dell’incontro, il sindaco di Ivrea Matteo Chiantore ha dichiarato – a nome dell’intera Giunta comunale – la propria ferma contrarietà alla cava e ha garantito la volontà di “adottare tutti i provvedimenti possibili nell’ambito delle competenze comunali”. Una posizione netta, che ora il Comitato chiede venga formalmente ribadita anche in sede di Conferenza dei Servizi, prevista per il 21 luglio, in coerenza con la Delibera del Consiglio Comunale n. 44 del 26 maggio 2025, che aveva già sancito l’opposizione della città alla realizzazione della cava.

Il rischio, sottolineano i cittadini, è che si apra uno scenario ancora più grave: che la coerenza tra gli atti votati e le dichiarazioni pubbliche venga meno proprio nel momento decisivo. Per questo motivo, il Comitato rilancia la richiesta di trasparenza assoluta sull’intero iter autorizzativo. “Gli errori del passato non possono giustificare quelli del presente. Procedere al rinnovo in queste condizioni significherebbe sommare danni su danni”, si legge nel comunicato diffuso il 18 luglio.

La battaglia dunque continua, e non solo sul piano istituzionale. Il Comitato ribadisce il proprio impegno a “vigilare, informare e mobilitarsi”, chiamando all’azione tutti i cittadini e gli organi di informazione, affinché la vicenda della cava di San Bernardo non venga trattata come una semplice questione amministrativa, ma come un tema che riguarda il futuro di un territorio, la salute delle persone e il rispetto delle regole.

La cava, dicono dal Comitato, non è solo una buca nel terreno: è una ferita aperta nella fiducia tra cittadini e istituzioni. E non si può richiuderla con un timbro sulla carta.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori