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17 Luglio 2025 - 00:19
Dipendente Stellantis
Dopo anni di annunci, investimenti e promesse verdi, Stellantis alza bandiera bianca e dice ufficialmente addio al programma di sviluppo della tecnologia a idrogeno. È una decisione che pesa come un macigno sull’intero comparto automotive e che trascina con sé una giornata nerissima per i titoli del settore. A farne le spese, in particolare, è anche Renault, travolta da un’ondata di vendite dopo la revisione al ribasso della guidance e la partenza del ceo Luca De Meo, passato al gruppo Kering.
Il titolo Stellantis ha chiuso le contrattazioni a 8 euro, in calo del 6,2%, mentre a Parigi Renault è sprofondata di oltre il 17%, scendendo a 3,2 euro. Una batosta che certifica la crescente incertezza sul futuro industriale del comparto automobilistico europeo, già provato dalle tensioni geopolitiche, dalla guerra dei dazi, dal rallentamento della domanda cinese e da un contesto normativo in continua evoluzione.
La scelta di Stellantis di interrompere lo sviluppo della gamma Pro One a idrogeno – che avrebbe dovuto debuttare nell’estate 2025 – è figlia di molteplici fattori. In primis, la scarsità delle infrastrutture di rifornimento: i distributori di idrogeno restano un miraggio in gran parte del continente, rendendo poco attrattiva l’offerta commerciale. A questo si aggiungono gli elevati costi di produzione e la mancanza di incentivi pubblici strutturali che rendano economicamente sostenibile la filiera nel medio periodo.
"Il mercato dell’idrogeno resta una nicchia priva di reali prospettive di sostenibilità economica", ha dichiarato Jean-Philippe Imparato, chief operating officer per l’Europa allargata di Stellantis. "Bisogna fare scelte chiare e responsabili per garantire la nostra competitività e soddisfare le aspettative dei nostri clienti. Continueremo la nostra offensiva sui veicoli elettrici e ibridi, sia per i passeggeri che per i veicoli commerciali leggeri."
Il programma Pro One, secondo i piani, prevedeva l’avvio della produzione in serie nell’estate 2025 nello stabilimento di Hordain, in Francia, per i veicoli di medie dimensioni, e in quello di Gliwice, in Polonia, per i furgoni più grandi. La dismissione del progetto non comporterà, almeno per ora, alcuna ricaduta occupazionale, assicura il gruppo, e le competenze sviluppate in ambito idrogeno saranno “reindirizzate” su altre linee di ricerca e sviluppo.
Ma il dietrofront suona come un’ammissione: la transizione all’idrogeno, tanto sbandierata da politici, lobby industriali e think tank, si sta rivelando una chimera più ideologica che industriale, almeno nella visione di Stellantis. Un cambio di rotta che ha implicazioni pesanti anche per Symbio, la joint venture creata assieme a Michelin e Forvia, di cui Stellantis detiene il 33,3% delle quote. L’investimento, avviato nel 2023, puntava a consolidare un polo europeo per la mobilità a celle a combustibile.
In queste ore, Stellantis ha avviato un dialogo serrato con gli altri soci per valutare le conseguenze industriali e finanziarie della nuova strategia e “preservare al meglio gli interessi della società”. Tradotto: capire se ha ancora senso investire in un settore che arranca tra costi alti, scarso entusiasmo della domanda e difficoltà logistiche.
Il tutto avviene in un contesto di forte turbolenza per l’intero settore. Renault, dopo la fuga di Luca De Meo, ha annunciato un cambio ai vertici con la nomina ad interim del direttore finanziario Duncan Minto, ma ha anche rivisto al ribasso le stime per il 2025. Il mix di instabilità manageriale e incertezze strategiche ha innescato una reazione durissima dei mercati.
Il messaggio che arriva dalle piazze finanziarie è chiaro: l’automotive europeo è in affanno, diviso tra la spinta verso l’elettrico, la tentazione dell’idrogeno e il ritorno del termico nei mercati emergenti. La transizione ecologica resta un imperativo, ma sempre più spesso si scontra con la dura legge del mercato.
Intanto, Stellantis – che riunisce sotto il suo cappello marchi come Fiat, Peugeot, Opel, Citroën, Jeep, Chrysler e Maserati – prova a ricompattare le fila e rilanciare con più decisione il piano strategico Dare Forward 2030, puntando su un portafoglio di modelli elettrici e ibridi più competitivo. Ma il ritiro dalla scommessa sull’idrogeno lascia più di un interrogativo sul tavolo: siamo di fronte a una correzione pragmatica o al fallimento di un’intera visione industriale?
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