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15 Luglio 2025 - 15:09
Alberto Avetta, sullo sfondo il Lago Maggiore
I laghi del Piemonte stanno male. E a dirlo, senza mezzi termini, è l’edizione 2025 della Goletta dei Laghi di Legambiente, che ha consegnato una fotografia impietosa: su 23 punti monitorati in sei diversi laghi, ben 13 sono risultati oltre i limiti di legge, con 10 classificati come “fortemente inquinati” e 3 come “inquinati”. Una percentuale che non lascia spazio a dubbi sullo stato di salute dei bacini piemontesi, sempre più fragili sotto i colpi dell’inquinamento, della cattiva gestione del territorio e della crisi climatica in corso.
La situazione più grave riguarda il Lago Maggiore, dove cinque dei dieci punti analizzati hanno superato i limiti in maniera eclatante. Le foci del fiume Toce e dei torrenti San Giovanni e Vevera sono le aree maggiormente compromesse. Anche il Lago d’Orta mostra segni evidenti di sofferenza, con la foce della Fiumetta a Omegna che si conferma tra le più critiche, mentre il torrente Scarpia a San Maurizio d’Opaglio, già oggetto di osservazione negli anni precedenti, ha mantenuto livelli d’allerta che destano preoccupazione.
Il lago di Viverone
In un contesto complessivo preoccupante, emergono però alcune eccezioni positive. I due laghi di Avigliana e il Lago di Viverone hanno mostrato dati incoraggianti: tutti i punti prelevati rientrano nei parametri di legge. Anche il Lago San Michele, monitorato per la prima volta quest’anno, ha restituito risultati pienamente conformi agli standard ambientali. È la dimostrazione che, dove si interviene in maniera puntuale e strutturata, i risultati si vedono.
Nel report si segnala anche la presenza crescente di microplastiche, in particolare nel Lago d’Orta, dove sono stati rilevati 17 diversi tipi di polimeri, con concentrazioni comprese tra 0,04 e 1,58 particelle per metro cubo. Una forma d’inquinamento meno visibile ma non meno pericolosa, che si somma a quella derivante da scarichi non trattati e a una depurazione ancora insufficiente in molte aree.
Di fronte a un quadro così compromesso, Legambiente non si è limitata alla denuncia, ma ha presentato un articolato pacchetto di proposte nel Dossier Laghi 2025, indirizzato alla Regione Piemonte e agli enti territoriali. L’associazione chiede che vengano istituiti Osservatori permanenti sui laghi, con il coinvolgimento di enti locali, tecnici, associazioni e cittadini. È urgente, secondo gli ambientalisti, investire nei sistemi di depurazione, ancora troppo spesso carenti, e pianificare con maggiore attenzione l’uso della risorsa idrica, regolando i prelievi in modo da tutelare i livelli minimi vitali.
Alla base delle richieste di Legambiente c’è la consapevolezza che il turismo lacustre non può più essere gestito senza criteri di sostenibilità. Bisogna porre un freno agli eccessi del turismo di massa, riorientandolo verso modelli di fruizione più rispettosi degli equilibri naturali. Al tempo stesso, è indispensabile valorizzare la biodiversità e proteggere gli habitat fragili, attraverso l’ampliamento delle aree protette e il recupero delle zone umide.
La crisi climatica, che si manifesta con l’innalzamento delle temperature, l’alternarsi di eventi estremi e la scarsità d’acqua, non può essere affrontata senza un serio piano di adattamento locale. E questo significa dotare ogni amministrazione di strumenti di pianificazione climatica che tengano conto delle specificità dei laghi e dei loro bacini idrografici.
Legambiente sottolinea inoltre l’importanza di promuovere una nuova cultura dell’acqua, da costruire nelle scuole, nelle comunità locali e all’interno della pubblica amministrazione, affinché l’acqua non venga più considerata una risorsa infinita. Infine, chiede più trasparenza nella governance, attraverso una mappatura pubblica e accessibile delle fonti di inquinamento, dei responsabili della gestione e delle azioni previste nei diversi piani regionali e locali.
Il messaggio è chiaro e diretto: senza un cambio di passo deciso e condiviso, i laghi piemontesi rischiano di trasformarsi in ecosistemi compromessi in modo irreversibile. Ma se si agisce ora, con coraggio e responsabilità, c’è ancora tempo per invertire la rotta. È una sfida che riguarda tutti.
A prendere parola con forza sulla questione è stato anche il consigliere regionale del Partito Democratico Alberto Avetta, che ha sollevato il tema in Aula attraverso un Question time dedicato alla salute dei laghi piemontesi. Il suo intervento ha fatto da eco e da amplificatore al report di Legambiente, portando in Consiglio regionale la richiesta di aprire un confronto vero, urgente e operativo. “La Giunta Cirio si attivi e ascolti le proposte di Legambiente”, ha esordito, ricordando come proprio nel caso del lago San Michele di Ivrea – uno dei pochi ad aver superato senza criticità i campionamenti della Goletta dei Laghi – siano stati effettuati interventi risolutivi grazie a un lavoro capillare della Smat sulla canalizzazione delle acque fognarie. “Dove si è intervenuto bene, i risultati si vedono. Non può essere un caso”, ha sottolineato.
L'assessore Marnati
Per Avetta, non basta rispettare formalmente la normativa europea. L’emergenza climatica e ambientale richiede un approccio strutturale, partecipato, concreto. “Ho chiesto alla Regione di avviare un tavolo di confronto con le associazioni e tutti i soggetti coinvolti per adottare misure urgenti”, ha dichiarato, denunciando come la situazione sia peggiorata rispetto agli anni precedenti. Dieci punti fortemente inquinati e tre inquinati su 23 totali, con il solo 33% dei laghi naturali che riesce a raggiungere lo “stato ambientale buono” previsto dalla direttiva UE. Un dato che, secondo il consigliere dem, dovrebbe far scattare l’allarme, non l’autocompiacimento.
Nel suo intervento, Avetta ha indicato chiaramente le cause del degrado ambientale: depurazione insufficiente, scarichi non controllati, microplastiche, eccessivo sfruttamento della risorsa idrica, turismo selvaggio, alterazioni idrauliche e aumento della temperatura delle acque. E ha ribadito con forza che non basta elencare i “compitini” fatti per Bruxellesse poi l’ecosistema lacustre continua a collassare.
La critica più dura è stata però rivolta all’assessore regionale Matteo Marnati, reo – a detta di Avetta – di aver risposto in Aula con un elenco di azioni già note ma nessuna apertura concreta alle proposte avanzate da Legambiente. Il contesto in cui tutto questo avviene, secondo il consigliere Pd, non è più quello di una normalità gestibile. “Nel 2024 in Piemonte si sono registrati 22 eventi estremi. L’innalzamento termico ha raggiunto i 5.026 metri. Il 2024 è stato il quarto anno più caldo di sempre nella nostra regione. E il 2025, da come sta andando, rischia seriamente di superarlo”.
Con amara ironia, Avetta chiude con una riflessione che suona come un’ammonizione: “Se il nostro destino è essere arrostiti, assetati e inquinati, ritengo una magra consolazione saperci conformi alle pur indispensabili regole UE”. Un appello, il suo, che invita la Regione ad alzare lo sguardo e a smettere di rifugiarsi dietro gli standard minimi. Perché la crisi climatica non guarda le carte, ma scava negli argini, si insinua nei laghi, asciuga le riserve e lascia dietro di sé la domanda che più inquieta: quanto tempo ci resta per agire davvero?
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