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13 Luglio 2025 - 10:58
Nichelino, il sindaco sbotta sui social: “Non siamo una favelas”
«Non siamo una favelas». Il sindaco Giampiero Tolardo ha deciso di rispondere con un post piccato a un altro post. Perché ormai la dialettica tra cittadini esasperati e istituzioni che si sentono attaccate si consuma tutta lì, tra una storia Instagram e un commento su Facebook. A far scattare la reazione del primo cittadino è stata la pubblicazione, sulla pagina social Welcome to Favelas, di alcune immagini che documentavano la presenza di camper e degrado in una zona periferica della città. Con un testo chiaro e crudo: «nomadi, sporcizia, aggressioni verbali, insulti, minacce e furti». E la chiosa: «la gogna mediatica è l’unico modo per smuovere le cose».
Tolardo si è infastidito. E ha replicato direttamente alla pagina, come fosse una conferenza stampa a colpi di notifiche. «Non comprendo il tenore della segnalazione – scrive – quando, appena informato della presenza dei camper (giovedì per intenderci), ho fatto intervenire i carabinieri che hanno risolto subito il problema. Questi fenomeni accadono nel mondo un po' ovunque nelle periferie di vari agglomerati urbani, e nella mia città siamo sempre impegnati a contrastarli sul nascere». Poi la frase chiave, quella che dà il titolo al suo sfogo: «Mi infastidisce che la mia Nichelino sia paragonata a una favelas».
La replica di Welcome to Favelas non si è fatta attendere. «Non si tratta di attaccare un territorio, ma di stimolare un confronto pubblico e diretto tra chi vive certe realtà e chi ha il compito di gestirle. Il nostro nome va oltre il significato letterale di ‘favelas’. È un modo per dare voce a chi ne ha poca, e intervenire, nel nostro piccolo, in situazioni che stanno a cuore ai cittadini».
Chi ha ragione? Dipende da dove si guarda. Chi guarda da Palazzo Civico rivendica prontezza di intervento e spirito risolutivo. Chi guarda da sotto casa, magari da dietro le tende, sente puzza di rifiuti e ha paura a uscire la sera. Le foto – come sempre – parlano più dei comunicati. E il problema, come sempre, è che restano pochi i luoghi dove discutere davvero. Così il dibattito si trasforma in sfogo, il confronto in polemica, e le soluzioni si rincorrono quando ormai la rabbia è già online. Con buona pace dei post e dei sindaci.
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