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Ramelli simbolo di memoria o provocazione? Il parco riapre il dibattito

La minoranza chiede trasparenza su una decisione presa senza confronto in Consiglio

Verolengo

La minoranza chiede trasparenza su una decisione presa senza confronto in Consiglio

A Verolengo, nella frazione Arborea, da sabato 6 luglio il parco giochi porta il nome di Sergio Ramelli. La cerimonia si è svolta sotto il sole e sotto gli occhi attenti di una platea composta da autorità locali, regionali e nazionali: c’erano la sindaca Rosanna Giachello, il sottosegretario all’Istruzione Paola Frassinetti, l’onorevole Augusta Montaruli, l’assessore regionale Maurizio Marrone, il consigliere regionale Roberto Ravello e il capogruppo di Fratelli d’Italia a Chivasso Enzo Falbo.

Il nome scelto non è passato inosservato. Anzi, ha sollevato una piccola tempesta.

La Giunta ha motivato la decisione parlando di un’occasione per “riflettere sull’importanza del confronto civile e condannare ogni forma di violenza politica”. Ma bastava scorrere i nomi dei presenti per intuire che l’iniziativa aveva anche una connotazione politica precisa.

E infatti, mentre al taglio del nastro si susseguivano discorsi solenni e applausi, nel frattempo arrivavano le prime contestazioni dalla minoranza consiliare.

Durante la cerimonia è stato letto un messaggio del presidente del Senato Ignazio La Russa, che ha definito l’iniziativa di “significativo valore civico e morale”. Il passaggio più incisivo è stato questo: “Sergio Ramelli è appartenuto a quella sfortunata generazione di giovani, di ogni colore politico, che ha pagato con la vita la libertà delle proprie idee. Un tragico sacrificio che dobbiamo onorare affinché il ricordo delle vittime innocenti sia fattore di unità e riconciliazione.”

Un messaggio che ha provato a spostare il tono su un piano più alto, simbolico, universale.

Ma non tutti ci sono riusciti.

A promuovere l’intitolazione è stato Domenico Giraulo, assistente della sindaca con delega alle politiche sociali, che ha parlato di “momento di orgoglio per Verolengo”. “Vogliamo ricordare il sacrificio di Sergio – ha detto – e quello di tanti giovani assassinati per le loro idee”.

Un’operazione che ha spaccato. Perché, se da una parte si chiede di ricordare, dall’altra si chiede conto del metodo.

A chiedere spiegazioni, infatti, sono stati i consiglieri di opposizione Daniela Caminotto (Verolengo per Tutti) e Roberto Giglia (Noi per Verolengo). Il 27 giugno hanno protocollato un’interrogazione a risposta scritta e orale, sollevando un punto fondamentale: il Consiglio comunale non è stato né coinvolto né informato preventivamente.

L’atto, dal tono istituzionale, parla chiaro: l’intitolazione di spazi pubblici ha un valore simbolico e civico che coinvolge l’intera comunità, e proprio per questo avrebbe meritato “un percorso partecipato e condiviso”.

Caminotto e Giglia chiedono che la delibera venga rivalutata, proponendo di dedicare il parco a tutte le vittime della violenza politica, senza distinzioni. Un modo per unire, non per dividere.

La sindaca Rosanna Giachello, secondo quanto riportato da Caminotto, avrebbe parlato di “provocazione”. Ma la consigliera ha replicato con un video diffuso nei giorni successivi, in cui chiarisce: “Non si tratta di polemica né tantomeno di provocazione. Abbiamo semplicemente chiesto trasparenza e partecipazione. Le nostre domande sono chiare e aperte, e saranno oggetto di confronto nel prossimo Consiglio comunale.”

Nel video, Caminotto mostra anche il testo dell’interrogazione, invitando i cittadini a leggerla per farsi un’idea propria. “Non solo su questa intitolazione – ha detto – ma anche su quelle future.”

Chi era Sergio Ramelli

Sergio Ramelli, classe 1956, venne aggredito a Milano il 13 marzo 1975 da militanti di Avanguardia Operaia. Lo aspettarono sotto casa e lo colpirono più volte con una chiave inglese. Morì dopo 47 giorni di agonia, il 29 aprile. Aveva 18 anni.

Solo nel 1987, dopo anni di processi, i responsabili vennero condannati per omicidio volontario. La Corte d’Appello confermò le condanne nel 1990.

Il suo nome è diventato un simbolo, ma anche un terreno di scontro. Per alcuni è il martire di una generazione spezzata. Per altri, il rischio è trasformare la memoria in bandiera di parte.

L'intitolazione del parco

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