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10 Luglio 2025 - 14:55
Alessio Abbinante
Continua a far discutere, e parecchio, la nomina di Alessio Abbinante alla presidenza dell’Ente di gestione delle aree protette del Po piemontese. Dopo il durissimo attacco di Rifondazione Comunista, che ieri ha parlato di “lupo messo a fare il pastore”, oggi a prendere posizione è il Movimento 5 Stelle, con un comunicato che definire infuocato è poco.
Sarah Disabato, Alberto Unia e Pasquale Coluccio, capogruppo e consiglieri regionali pentastellati, vanno dritti al punto: “È inopportuno che un cacciatore, presidente regionale dell’ANUU (Associazione dei Migratoristi Italiani) e responsabile per la caccia in Fratelli d’Italia Piemonte, venga messo alla guida di un parco naturale. È una scelta fuori luogo e poco credibile”. Ma non si limitano a denunciare il conflitto tra la vocazione venatoria di Abbinante e la missione conservazionista del parco: la loro invettiva tocca anche la sfera ideologica.
I 5 Stelle ricordano infatti le simpatie nostalgiche espresse pubblicamente da Abbinante per Giorgio Almirante, fondatore del Movimento Sociale Italiano, e i riferimenti storici alle campagne coloniali italiane in Africa, inneggiando a episodi come El Alamein con frasi del tipo “Mancò la fortuna, non il valore”. Un immaginario bellico, retrivo e militarizzato che stride con la visione democratica, civile e scientifica che dovrebbe ispirare chi gestisce un patrimonio ambientale come il Po.
“Sulle nomine politiche, la Giunta Cirio dovrebbe avere almeno un briciolo di dignità” – scrivono i tre consiglieri – “specialmente quando si tratta di tutelare l’ambiente e altri esseri viventi. Ci chiediamo quali saranno le prossime designazioni. Magari Lupin assessore al bilancio?”
Una battuta amara, che si aggiunge a un clima politico sempre più surriscaldato. Già ieri Alberto Deambrogio, segretario regionale di Rifondazione, aveva denunciato la nomina come una provocazione culturale, segno di una regressione ideologica più ampia. Oggi il M5S conferma e rincara la dose, segnalando un pericoloso disallineamento tra la tutela della biodiversità e la cultura politica di chi, in Regione, fa le nomine.
Il paradosso di fondo resta: in un momento storico in cui i cambiamenti climatici, la perdita di habitat e la protezione della fauna richiederebbero una guida tecnica, ecologista, preparata, il centrodestra piemontese decide di premiare un uomo simbolo della caccia tradizionale, con tanto di cartucce e richiami vivi, proprio sulle sponde del fiume che dovrebbe essere un corridoio ecologico protetto.
E il problema non è solo tecnico, ma profondamente simbolico: il Parco del Po è uno dei territori più importanti d’Italia per la migrazione avifaunistica, per la ricchezza di ecosistemi e per l’equilibrio delicatissimo tra uomo e natura. Mettere a capo dell’ente un nostalgico delle doppiette è – scrivevano ieri con sarcasmo – “come nominare Dracula presidente dell’Avis”.
La Regione per ora tace. Il presidente Alberto Cirio, a cui spetta la responsabilità politica della nomina, non ha replicato né a Rifondazione né al Movimento 5 Stelle. Ma il silenzio, in questo caso, suona come una conferma: le poltrone si assegnano non sulla base delle competenze ambientali, ma delle fedeltà politiche. E se queste fedeltà strizzano l’occhio all’ultradestra nostalgica, tanto meglio.
Intanto il dibattito si allarga. Si attendono prese di posizione da parte delle associazioni ambientaliste, delle università e degli enti di ricerca. Ma una cosa è certa: il caso Abbinante non è un incidente, è una scelta politica. E proprio per questo, una scelta che divide.
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