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10 Luglio 2025 - 00:21
Nella foto la consigliera Vogliano e la sindaca
A Cossano Canavese, dove la politica locale spesso si confonde con i rapporti personali, la cronaca degli ultimi giorni sembra scritta da uno sceneggiatore di commedie. Il 3 luglio 2025, con delibera n. 31, la giunta comunale – riunitasi in modalità audio-video su WhatsApp – vota all’unanimità la chiusura del plesso scolastico a partire dall’anno scolastico 2026/2027. Cinque giorni dopo, l’8 luglio, la stessa giunta, con delibera n. 32, revoca il provvedimento. Stessi partecipanti, stesso luogo virtuale, stesso ordine del giorno… ma con esito diametralmente opposto.
Nel mezzo, un ricorso annunciato al TAR da parte della consigliera comunale di minoranza Simona Vogliano, che ha denunciato pubblicamente l’assenza di trasparenza, l’imposizione di una scelta “calata dall’alto” e la mancanza di un vero confronto con i cittadini. “Abbiamo vinto”, ha esultato Vogliano appena appresa la notizia del dietrofront. E in effetti, almeno sul piano simbolico, il segnale è inequivocabile: la battaglia della minoranza ha inciso. E ha lasciato il segno.
La prima delibera, quella del 3 luglio, era lunga e articolata. Vi si citavano la denatalità, la mancanza di iscritti, i costi insostenibili per trasporto e mensa, le difficoltà nel reperire fondi, e soprattutto la fine della convenzione con il Comune di Caravino. Proprio da lì, quest’anno, provenivano otto degli alunni iscritti. Il Comune vicino, con una delibera autonoma, aveva già annunciato di voler seguire un progetto scolastico indipendente e di voler chiedere una deroga per mantenere attivo il proprio plesso scolastico.
La decisione di chiudere la scuola di Cossano era stata presentata come l’unica via percorribile. Eppure, nonostante le motivazioni tecniche, il provvedimento aveva fatto esplodere un vero e proprio caso politico. Perché dietro la questione dei numeri si nascondeva un dissenso ben più profondo: quello tra la giunta e una parte della comunità.
“Questa non è solo una scelta amministrativa – aveva scritto Vogliano – è una ferita alla comunità. Si spegne una luce, si chiude un presidio di civiltà”.
La consigliera aveva poi esplicitamente accusato la vice-sindaca Fiorenza Anelli e alcuni consiglieri di maggioranza di aver agito in sintonia con il Comune di Caravino, senza ascoltare la popolazione.
Nella lettera inviata via PEC al sindaco, Vogliano aveva usato parole dure: “La decisione è stata presa sopra le teste della gente. È un insulto alla partecipazione democratica”. Al tempo stesso, aveva difeso la figura della sindaca Aurelia Siletto, descrivendola come “perplessa e contraria, messa in minoranza nella sua stessa giunta”. Un quadro che delineava non solo una frattura istituzionale, ma anche una crisi interna di governo.
A rafforzare questa impressione, l’assenza di commenti ufficiali da parte della sindaca, che aveva mantenuto il silenzio.
Secondo indiscrezioni, sarebbe stata proprio Siletto a spingere per un ripensamento, resasi conto delle ricadute politiche – e potenzialmente anche legali – della delibera. Un dettaglio non da poco: la seconda delibera, quella che revoca la chiusura, è motivata con la necessità di “una nuova valutazione dei fatti” e con l’intenzione di “definire una strategia concertata con le altre Amministrazioni competenti”. Tradotto: il rischio di una bocciatura al TAR è concreto, meglio fare un passo indietro ora che subirne uno forzato in seguito.
Il nodo della discordia è anche strategico. Da Caravino, il sindaco Adriano Siletti ha fatto sapere che loro puntano ad avere 28 bambini alla primaria e 16 alla materna nel 2026/2027. Numeri che permetterebbero il mantenimento del servizio. Inoltre, i lavori per l’efficientamento energetico e la sicurezza sono già in corso. “Noi siamo pronti”, ha dichiarato. Un messaggio chiaro: Caravino investe, si rilancia, fa da sé.
E Cossano? Fino a ieri sembrava rassegnata a chiudere. Oggi, invece, torna a interrogarsi sul futuro. Per Simona Vogliano, la questione non è mai stata tecnica: “Invece di cercare soluzioni, si è scelto il silenzio e la rinuncia. Noi chiedevamo un consiglio comunale aperto, un confronto vero. Non c’è stato. Ora è tempo di ripartire da lì”.
Resta però l’amaro in bocca per una comunità spaccata e disorientata. Le famiglie non sanno cosa aspettarsi. Gli insegnanti sono sospesi tra incertezza e delusione. E i cittadini osservano, sempre più scettici verso una classe dirigente che sembra muoversi a tentoni, priva di una visione chiara.
La scuola, almeno per ora, non chiude. Ma la fiducia, quella sì, rischia di essere già stata smantellata. E in un piccolo paese, dove ogni servizio è una conquista e ogni scelta politica tocca la vita concreta delle persone, questo vale più di una delibera.
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