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Seta Spa. La visione della sindaca Piastra: e se Lavolta fosse il prescelto?

Doveva essere una scelta condivisa, ma il nome dell’ex assessore torinese non entusiasma nessuno. Anzi: c’è chi parla già di indigestioni e bicarbonato. Intanto Volpatto sparisce dai radar e IREN aspetta alla finestra

Seta Spa. La visione della sindaca Piastra: e se Lavolta fosse il prescelto?

Lavolta e Piastra

Pare abbia avuto una visione. Come Bernadette a Lourdes. In sogno le è comparso Enzo Lavolta. “Scegli me, scegli me”, avrebbe sussurrato. Lei è la sindaca di Settimo Elena Piastra, e se qualcuno la definisce “visionaria”, un motivo ci sarà. Peccato che la visione non abbia suscitato tra i sindaci lo stesso entusiasmo: più che un miracolo, a molti è sembrata una forzatura.

Parliamo di nomine e di aziende. Nello specifico di SETA S.p.A., la “municipalizzata” che si occupa della raccolta dei rifiuti a nord di Torino e di un presidente, Massimo Bergamini, che ha preannunciato di voler andare in pensione.

La sua uscita, manco a dirlo, ha riacceso i motori della politica, con tutti pronti a contendersi una delle poltrone più strategiche dell’universo partecipate.

Ma veniamo al nome: Enzo Lavolta, torinese ed ex assessore nella giunta Fassino, è uomo di partito, ma con poco, pochissimo, legame con i Comuni del Nord-Est torinese. E la sua candidatura, seppur non ufficializzata, sta già creando più di un mal di pancia tra i soci pubblici della società dei rifiuti. E più di un sindaco ha già iniziato a cercare il bicarbonato.

Elena Piastra, che con Settimo detiene il 9,99% di SETA (seconda solo al Consorzio di Bacino 16), non ha mai fatto mistero di voler giocare un ruolo da regista. Forte della sua influenza politica, delle “influenze” necessarie per fare carriera e già proiettata verso una possibile candidatura alle Regionali, si muove da settimane per individuare il nome giusto. Ma è davvero Enzo Lavolta la figura adatta?

Curriculum pesante: nel 2021 Lavolta sfidò Stefano Lo Russo alle primarie del centrosinistra, piazzandosi secondo con il 34,8% dei voti. È stato assolto nel luglio 2024 – con formula piena – nel processo "Bigliettopoli". Oggi siede nella segreteria regionale del Pd Piemonte, vicino all’area Bonaccini, con deleghe su Transizione ecologica, Digitale e Ambiente.

Ma SETA non è Torino. È un sistema delicato fatto di paesi, consorzi, piccoli Comuni che contano i voti uno per uno. E lì, il nome di Lavolta non scalda i cuori.

La verità è che molti sindaci, quando hanno sentito il nome, han storto il naso. In città, intanto, molti si chiedono che fine abbia fatto l’altra candidatura, quella dell’ex assessore e capogruppo di Settimo Daniele Volpatto, figura ben più radicata nel territorio e considerata da molti la naturale prosecuzione della linea-Bergamini.

Volpatto, area Schlein, si è dimesso da consigliere comunale nel 2024 per motivi personali, ma continua a godere della fiducia di una larga fascia di militanti.

Tutto ciò premesso, chi succederà a Bergamini dovrà avere conoscenza tecnica, sensibilità politica e radicamento territoriale: qualità indispensabili per tenere testa al socio privato IREN, che controlla il 48,85% delle quote, e all’onnipresente ombra dell’AR-Piemonte, l’Autorità Regionale che ha già svuotato i consorzi di bacino di buona parte delle competenze.

Il rischio, secondo alcuni sindaci, è che si voglia imporre una figura legata agli equilibri torinesi del Pd, ma scollegata dalle esigenze del territorio servito dalla società. In questo senso, la mossa della sindaca Piastra appare tanto audace quanto divisiva. Perché se è vero che chi guida Settimo ha un peso specifico importante nella compagine sociale, è anche vero che SETA non è proprietà di una singola città. È una galassia di piccoli e medi Comuni – da Brozolo a Sciolze, da Caselle a Volpiano – che chiedono rappresentanza e voce.

SETA, lo ricordiamo, è una partecipata nata nel 2002, frutto della fusione tra CATN e AISA, e oggi si muove su un asse delicatissimo: tra pubblico e privato, tra potere locale e controllo esterno. Il bilancio 2024 si è chiuso con un utile di oltre 2,5 milioni di euro. Ma il vero bottino non sono i dividendi: è il potere. Governare SETA significa influenzare le politiche ambientali, le gare, i rapporti con IREN, con la Regione, con AR-Piemonte. Ecco perché la scelta del nuovo presidente non può essere solo una faccenda di partito.

E poi c’è il nodo IREN. Il colosso emiliano, già entrato nel capitale nel 2018 tramite l’acquisizione delle quote di SMC, punta da anni ad accrescere la sua influenza. C’è chi teme che un presidente troppo vicino a Torino – e dunque potenzialmente più sensibile alle logiche centraliste – possa facilitare un ulteriore spostamento di baricentro verso il socio privato. Scenario che preoccupa chi vuole conservare la governance pubblica e teme un progressivo svuotamento del ruolo dei Comuni.

Insomma, la partita per la presidenza di SETA è tutt’altro che chiusa. Anzi, è appena cominciata. Ed è una partita che si gioca su più scacchiere: quella dei rifiuti, quella delle partecipate, quella del Pd, quella delle alleanze future. In mezzo, una società sana, che funziona, ma che rischia di diventare ostaggio di logiche di potere.

Elena Piastra, da sindaca “visionaria”, sa che ogni nomina è un messaggio. Il nome che uscirà da questo braccio di ferro – che sia Lavolta, Volpatto o un terzo profilo – dirà molto su dove stia andando il centrosinistra piemontese. E forse, anche su dove stia andando il rapporto tra territori e poteri centrali.

Ma intanto, nei corridoi dei Municipi, le bocche si chiudono e gli occhi si stringono. Perché in certe partite, più che parlare, conviene aspettare la prossima mossa.

Bergamini

Massimo Bergamini

La Storia di Seta

Quando fu nominato nel luglio del 2020, Massimo Bergamini portava con sé l’esperienza del tecnico, del conoscitore della macchina pubblica, dell’uomo capace di tenere insieme sensibilità diverse. Ora, 5 anni dopo, è pronto a chiudere la sua esperienza alla guida di SETA S.p.A., la società mista pubblico-privata che da oltre vent’anni gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti in una fetta importante del Piemonte orientale.

Lo farà, raccontano le voci di corridoio, non per volontà, ma per necessità. La famigerata Legge Madia, infatti, impedisce ai pensionati di ricoprire incarichi retribuiti in società pubbliche. Bergamini, che si avvicina alla pensione, potrà restare solo a titolo gratuito. Un’ipotesi che non sembra interessarlo. Risultato: i soci – ovvero i Comuni, soci pubblici al 51% – sono già al lavoro per cercare un sostituto.

SETA è nata nel novembre 2002 dalla fusione dei rami d’azienda dei consorzi CATN e AISA con il contributo di AMIAT sulla base dell’art. 35 della legge finanziaria 448/2001 e della legge regionale 24/2002: un passaggio storico, che aveva separato i compiti di indirizzo (in capo al consorzio di bacino) dall’operatività, affidata a una società per azioni controllata dai Comuni.

Negli anni, però, le quote si sono mosse. Nel 2011 il Consorzio di Bacino 16 aveva comprato le azioni di AMIAT, Ciriè e Venaria, arrivando al 49%. Ma già due anni dopo, nel 2013, ne ha cedute il 48,85% alla SMC – Società Smaltimenti Controllati S.p.A.. E nel 2018, in silenzio, le quote SMC sono state acquisite da IREN Ambiente S.p.A.. Così oggi, senza troppo clamore, il socio privato della società è proprio IREN, che detiene il 48,85% delle azioni.

Oggi SETA ha un capitale sociale di 12.378.237 euro, suddiviso tra i soci pubblici (51%) e il socio privato IREN Ambiente (49%). Tra i primi, ci sono Comuni piccoli e medi come Brozolo, Sciolze, Castagneto, ma anche realtà importanti come Settimo Torinese (9,99%), Volpiano (3,83%), Leinì (3,60%), Caselle (3,33%), Borgaro (3,20%), San Benigno Canavese (2,38%), e ovviamente il Consorzio di Bacino 16 (12,45%).

Il timore, per chi vuole mantenere la governance pubblica, è che basti una disattenzione perché il baricentro si sposti definitivamente verso IREN. Un rischio reale, tanto più se il nuovo presidente dovesse essere espressione di ambienti favorevoli all’ingresso (o meglio: al consolidamento) del socio privato.

Eppure, i conti di Seta non sono in rosso. Anzi. Il bilancio d’esercizio al 31 dicembre 2024 si è chiuso con un risultato netto superiore ai 2,5 milioni di euro, confermando una solidità economico-finanziaria invidiabile per una società partecipata. Un dato che potrebbe rafforzare chi sostiene l’autonomia della società rispetto a ulteriori aperture al privato.

I soci

Il principale socio privato è IREN Ambiente S.p.A., che detiene il 48,85% del capitale sociale, rappresentando la fetta più consistente della compagine. Il restante 51,15% è in mano pubblica, suddiviso tra il Consorzio di Area Vasta CB16, che possiede il 12,45%, e una trentina di Comuni.

Tra questi, Settimo Torinese è il più rilevante con il 9,99% delle quote. Seguono Volpiano con il 3,83%, Leinì con il 3,60%, Caselle Torinese con il 3,33%, Borgaro Torinese con il 3,20% e San Benigno Canavese con il 2,38%. A scendere, troviamo Chivasso con l’1,93%, Lombardore con l’1,88%, Mappano con l’1,51%, Montanaro con lo 0,84%, Brandizzo con lo 0,71%, Castiglione con lo 0,63%, Gassino con lo 0,62%, Cavagnolo con lo 0,44%, Torrazza Piemonte con lo 0,32%, Foglizzo con lo 0,30%, Rondissone con lo 0,26%, Castagneto Po con lo 0,24%, San Sebastiano da Po con lo 0,23%, Casalborgone con lo 0,23%, Brusasco con lo 0,22%, Lauriano con lo 0,21%, Rivalba con lo 0,21%, Verrua Savoia con lo 0,21%, Monteu da Po con lo 0,18%, Brozolo con lo 0,16%, Cinzano con lo 0,13%, e infine Sciolze con lo 0,19%.

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