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Per chi suona la campana
06 Luglio 2025 - 08:20
L'arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini
In un recente numero de «La Rivista del clero italiano», Stella Morra, docente di Teologia fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, così si esprimeva: «Dobbiamo smettere di considerare il potere e l'autorità come gestibili da un soggetto singolo e uniformante invece che da un soggetto plurale e diferenziante. L'autorità è plurale o non si dà. Nessuno è più in grado di gestire un potere unico. Io spesso prendo in giro gli amici vescovi, quelli con cui mi posso permettere, dicendogli che la famosa frase di San Tommaso: “temo l'uomo di un solo libro”, oggi dovrebbe essere: “temo l'uomo che da solo pensa di governare una diocesi”. Però qualcuno dovrebbe spiegare ai vescovi come si fa ad integrare in termini di gestione dell'autorità e del potere, perché la struttura delle deleghe medievali non funziona più».
Il guaio è che le nomine fatte da papa Francesco di vescovi giovani si stanno rivelando caratterizzate da uno stile autocratico e dotate di uno spirito che più che quello del padre rivela quello del capo-ufficio: osservano, non si esprimono, studiano l'interlocutore e chi si espone è perduto.
Il Vescovo di Como, Oscar Cantoni
La logica è quella dell’amico-nemico, chi parla bene di me e chi no, coltivano il sospetto dedicandosi al divide et impera. Appaiono pacati e sereni, non chiedono consigli a nessuno, decidono da soli e non accettano la complessità della realtà. Spesso non sono malvagi ma semplicemente irretiti in griglie di giudizi sbagliati, frutto di pregiudizi: progressisti, tradizionalisti, aperti, conservatori etc., incapaci di riconoscere l’unica cosa che conta: Cristo presente nel suo ministro. Il tutto, purtroppo, coperto da una nuova retorica: quella della sinodalità.
Nei giorni scorsi è diventato virale un discorso in cui l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, rimasto senza porpora a causa dell’omelia pronunciata ai funerali di Silvio Berlusconi, ha tenuto, quale metropolita, alle celebrazioni in onore del suo suffraganeo, il vescovo di Como, cardinale Oscar Cantoni, che invece l’ha ricevuta. E adesso abbiamo capito perché. Con arguzia manzoniana, il vescovo non cardinale di una delle diocesi più grandi e importanti del mondo — che quest’anno ha ordinato undici preti rispetto all’unico di Torino ove pontifica il cardinale Roberto Repole — ha paragonato con garbata ironia il cardinale Cantoni a Mosè, anzi molto meglio di lui, perché questi scese dal Sinai portando le Tavole della Legge e vi trovò il popolo di Israele dedito al culto idolatrico, mentre il cardinale è sceso dal monte portando a Como il libro sinodale e ha trovato invece sacerdoti e popolo esultanti pronti a metterlo in pratica.
Risum teneatis, amici? Come trattenersi dal ridere? (Orazio, Ars poetica).
* Frà Martino
Chi è Fra Martino? Un parroco? Un esperto di chiesa? Uno che origlia? Uno che si diverte è basta? Che si tratti di uno pseudonimo è chiaro, così com’è chiaro che ha deciso di fare suonare le campane tutte le domeniche... Ci racconta di vescovi, preti e cardinali fin dentro ai loro più reconditi segreti. E non è una santa messa ma di sicuro una gran bella messa, Amen
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