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Iren ha messo gli occhi su Seta e Piastra si muove su più tavoli

Il presidente di Seta verso la pensione, la sindaca di Settimo tesse la trama per il dopo. Sullo sfondo, l’ombra lunga di Iren e la riforma della gestione rifiuti in Piemonte

Elena Piastra

Elena Piastra

Quando fu nominato nel luglio del 2020, Massimo Bergamini portava con sé l’esperienza del tecnico, del conoscitore della macchina pubblica, dell’uomo capace di tenere insieme sensibilità diverse. Ora, 5 anni dopo, è pronto a chiudere la sua esperienza alla guida di SETA S.p.A., la società mista pubblico-privata che da oltre vent’anni gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti in una fetta importante del Piemonte orientale.

Lo farà, raccontano le voci di corridoio, non per volontà, ma per necessità. La famigerata Legge Madia, infatti, impedisce ai pensionati di ricoprire incarichi retribuiti in società pubbliche. Bergamini, che si avvicina alla pensione, potrà restare solo a titolo gratuito. Un’ipotesi che non sembra interessarlo. Risultato: i soci – ovvero i Comuni, soci pubblici al 51% – sono già al lavoro per cercare un sostituto.

E tra i più attivi, neanche a dirlo, c’è Elena Piastra, sindaca di Settimo Torinese.

Piastra ha il peso politico per influenzare la partita. Ma si muove anche con un occhio alle trasformazioni in corso nel sistema rifiuti piemontese. Da gennaio 2024, infatti, è entrata in vigore l’operatività piena di AR-Piemonte, l’Autorità Rifiuti istituita con la legge regionale 1/2018 per centralizzare funzioni prima in capo ai consorzi. Una rivoluzione silenziosa, che sposta il baricentro della programmazione e del trattamento dei rifiuti verso Torino, svuotando le realtà locali di autonomia e rendendo strategica la presenza nelle società operative.

Ed è proprio a Torino che si stanno incrociando le traiettorie più sottili ma decisive. Perché la successione alla presidenza di Seta non è solo una questione gestionale, ma sta diventando una pedina importante anche nello scacchiere politico del Partito Democratico.

Le correnti si osservano, si misurano, valutano candidature, pesano i nomi in base alle appartenenze e ai posizionamenti futuri. È chiaro che, nel gioco delle partecipate, chi vince oggi può influenzare anche equilibri ben più ampi domani, quando si tratterà di ridisegnare assetti interni o posizionare figure in vista delle future elezioni locali e regionali.

È il caso di SETA, nata nel novembre 2002 dalla fusione dei rami d’azienda dei consorzi CATN e AISA con il contributo di AMIAT e costituita secondo l’art. 35 della legge finanziaria 448/2001 e della legge regionale 24/2002. Un passaggio storico, che aveva separato i compiti di indirizzo (in capo al consorzio di bacino) dall’operatività, affidata a una società per azioni controllata dai Comuni.

Negli anni, però, le quote si sono mosse. Nel 2011 il Consorzio di Bacino 16 aveva comprato le azioni di AMIAT, Ciriè e Venaria, arrivando al 49%. Ma già due anni dopo, nel 2013, ne ha cedute il 48,85% alla SMC – Società Smaltimenti Controllati S.p.A.. E nel 2018, in silenzio, le quote SMC sono state acquisite da IREN Ambiente S.p.A.. Così oggi, senza troppo clamore, il socio privato della società è proprio IREN, che detiene il 48,85% delle azioni.

Ed è proprio qui che si gioca una seconda partita, ben più delicata: IREN vuole di più. Da tempo si vocifera che il colosso multiservizi stia lavorando per ottenere il controllo effettivo di SETA. C’è chi parla di un aumento di capitale riservato, chi di cessione di quote da parte di Comuni piccoli, chi ancora di una manovra più politica che industriale. Di certo c’è che molti sindaci guardano con favore a una maggiore presenza di IREN: attratti dalle risorse, dalla stabilità gestionale, dalla capacità progettuale che la holding emiliana è in grado di garantire.

Oggi SETA ha un capitale sociale di 12.378.237 euro, suddiviso tra i soci pubblici (51%) e il socio privato IREN Ambiente (49%). Tra i primi, ci sono Comuni piccoli e medi come Brozolo, Sciolze, Castagneto, ma anche realtà importanti come Settimo Torinese (9,99%), Volpiano (3,83%), Leinì (3,60%), Caselle (3,33%), Borgaro (3,20%), San Benigno Canavese (2,38%), e ovviamente il Consorzio di Bacino 16 (12,45%).

Il timore, per chi vuole mantenere la governance pubblica, è che basti una disattenzione perché il baricentro si sposti definitivamente verso IREN. Un rischio reale, tanto più se il nuovo presidente dovesse essere espressione di ambienti favorevoli all’ingresso (o meglio: al consolidamento) del socio privato.

Massimo Bergamini

Massimo Bergamini

Eppure, i conti di Seta non sono in rosso. Anzi. Il bilancio d’esercizio al 31 dicembre 2024 si è chiuso con un risultato netto superiore ai 2,5 milioni di euro, confermando una solidità economico-finanziaria invidiabile per una società partecipata. Un dato che potrebbe rafforzare chi sostiene l’autonomia della società rispetto a ulteriori aperture al privato.

Ecco perché Piastra si muove con circospezione, ma con decisione. Vuole che la scelta del successore di Bergamini non sia una ratifica, ma una svolta. Una nomina politica (si va anche il nome dell'ex assessore di Settimo Torinese Daniele Volpatto), capace di assicurare un equilibrio tra il socio forte (IREN) e i Comuni, molti dei quali già privati di potere decisionale da AR-Piemonte.

La sindaca "visionaria" sa che è il momento di pesare più che parlare. E intende farlo fino in fondo.

La sensazione, nelle stanze dei municipi, è che i giochi siano tutt’altro che chiusi. Che SETA sia diventata una pedina strategica non solo per il sistema rifiuti, ma anche per il potere territoriale. Chi la guiderà, nei prossimi anni, sarà chiamato a gestire non solo bidoni e cassonetti, ma equilibri politici, sfide industriali e nuove alleanze.

Per ora, l’unica certezza è che il tempo di Bergamini sta finendo. Il resto è una partita a scacchi. Che si gioca tra i Comuni, nei Cda, e tra le correnti del Pd, con lo sguardo già rivolto alle prossime partite. E dove ogni mossa vale molto. E ogni silenzio, forse, ancora di più.

I soci

Il principale socio privato è IREN Ambiente S.p.A., che detiene il 48,85% del capitale sociale, rappresentando la fetta più consistente della compagine. Il restante 51,15% è in mano pubblica, suddiviso tra il Consorzio di Area Vasta CB16, che possiede il 12,45%, e una trentina di Comuni.

Tra questi, Settimo Torinese è il più rilevante con il 9,99% delle quote. Seguono Volpiano con il 3,83%, Leinì con il 3,60%, Caselle Torinese con il 3,33%, Borgaro Torinese con il 3,20% e San Benigno Canavese con il 2,38%. A scendere, troviamo Chivasso con l’1,93%, Lombardore con l’1,88%, Mappano con l’1,51%, Montanaro con lo 0,84%, Brandizzo con lo 0,71%, Castiglione con lo 0,63%, Gassino con lo 0,62%, Cavagnolo con lo 0,44%, Torrazza Piemonte con lo 0,32%, Foglizzo con lo 0,30%, Rondissone con lo 0,26%, Castagneto Po con lo 0,24%, San Sebastiano da Po con lo 0,23%, Casalborgone con lo 0,23%, Brusasco con lo 0,22%, Lauriano con lo 0,21%, Rivalba con lo 0,21%, Verrua Savoia con lo 0,21%, Monteu da Po con lo 0,18%, Brozolo con lo 0,16%, Cinzano con lo 0,13%, e infine Sciolze con lo 0,19%.

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