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25 Giugno 2025 - 11:47
Andrea Cantoni e Matteo Chiantore
“Ma quale rivisitazione e rivisitazione. Non cambiamo niente”. È con questo tono, tra il serio e il faceto, che il sindaco di Ivrea Matteo Chiantore prova a chiudere in fretta la questione del nuovo stemma comunale, relegandola a una banale operazione di restyling tecnico.
“Era pittorico e scansionato - ci dice - lo rendiamo nativo digitale. Abbiamo eliminato alcuni bordi, cambiato il font della scritta ‘Città di Ivrea’… ma lo stemma resta identico”. Quindi, secondo il primo cittadino, nessun passaggio in Consiglio comunale, nessuna comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nessuna discussione. Punto.
E invece no. La discussione c’è, eccome. E oggi si è trasformata in un atto formale. Il consigliere Andrea Cantoni, sostenuto da Marzia Vinciguerra, Massimiliano De Stefano, Elisabetta Piccoli, Paolo Noascone e Antonio Cuomo, ha depositato questa mattina una mozione urgente dal titolo eloquente: “Un nuovo stemma per la Città di Ivrea, parliamone”. Perché sì, a detta dei firmatari, proprio di cambiamento si tratta. E pure significativo.
La miccia si è accesa ieri, 24 giugno, al termine della Conferenza dei Capigruppo, quando è emersa l’intenzione della Giunta di approvare una nuova versione grafica dello stemma senza coinvolgere il Consiglio comunale. Il “blitz” - se così lo vogliamo chiamare - è già stato calendarizzato per oggi, 25 giugno, nella seduta della Giunta. Ma la mozione chiede ufficialmente che la questione venga bloccata e discussa nel primo Consiglio utile, già convocato per il 30 giugno.
Perché tanta fretta da parte della Giunta? Perché tanta resistenza a un confronto pubblico su un simbolo così identitario?
“Il blasone cittadino non è un loghetto qualunque da ridisegnare in silenzio tra un rendering e un’app di grafica vettoriale” si legge nella mozione. Per Cantoni e colleghi, quella dello stemma è una questione di dignità istituzionale: “La realizzazione attualmente in uso presenta numerose difformità rispetto alle consuetudini araldiche italiane. Serve una rivisitazione filologica, non una scorciatoia comunicativa”. E ancora: “Il simbolo di una città deve riflettere sobrietà, eleganza, tradizione. Non può essere trattato come se fosse il logo di un’azienda che cambia font perché va di moda il sans-serif”.
La mozione propone persino un’alternativa grafica, allegata al testo, definita “più filologicamente corretta sotto il profilo araldico”. Ma il punto, chiariscono i promotori, non è il disegno, ma il metodo. Il modo con cui la Giunta sta tentando di aggirare il confronto democratico e istituzionale.
Il sindaco, dal canto suo, prova a minimizzare. “Cantoni dice che a monte lo stemma è sbagliato. Lo scudo dice che non è così… Chiede di modificarlo e non è nostra intenzione…”.
Il dato politico è chiaro: la Giunta vuole decidere da sola una piccola modifica su un simbolo che riguarda tutti. E l’opposizione, trasversalmente unita, chiede trasparenza e rispetto. Rispetto per un simbolo che attraversa secoli, che racconta la storia di una comunità, che campeggia sulle carte d’identità, sulle targhe istituzionali, nelle cerimonie ufficiali.
“Non possiamo permettere che un’operazione di marketing visivo venga spacciata per modernizzazione” chiosa Cantoni.
Ora la palla passa al Consiglio comunale. A meno che la Giunta non decida di forzare la mano e approvare lo stemma. Ma se così fosse, la questione rischia di allargarsi ben oltre le mura di Ivrea. “Modificare uno stemma senza dibattito pubblico non è solo un gesto estetico. È un messaggio politico…. - commenta l’Opposizione - E a giudicare dal rumore che sta salendo dai banchi dell’opposizione, questo stemma potrebbe diventare un caso ben più ampio di quanto il sindaco avesse previsto…”.
Cambiare lo stemma non è una semplice questione di estetica o di grafica. Non basta rivolgersi a uno studio di design e apporre un nuovo simbolo sulle carte intestate. In Italia, lo stemma di un Comune è un simbolo ufficiale dello Stato, riconosciuto e tutelato dalla normativa nazionale. E come tale, ogni modifica deve seguire un iter rigoroso e istituzionale, che si conclude nientemeno che al Quirinale.
Tutto parte da una delibera del Consiglio comunale. È qui che si compie il primo passo, con un atto ufficiale che approva la volontà di modificare lo stemma (o di adottarne uno nuovo, laddove assente). Nella delibera vanno inclusi: la descrizione araldica precisa dello stemma proposto; un bozzetto grafico, anche se provvisorio; una relazione storica o identitaria che giustifichi il cambiamento.
Una volta deliberata la volontà politica, il fascicolo passa nelle mani dell’Ufficio Araldico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, struttura che si occupa – fra le altre cose – della corretta gestione e conservazione dei simboli ufficiali degli enti locali. Il Comune deve presentare tutta la documentazione, compresi eventuali studi condotti da esperti araldisti, e inviare formale richiesta di concessione o modifica.
A quel punto entra in gioco la Consulta Araldica, o comunque gli organismi preposti alla verifica araldica. Spetta a loro controllare che il nuovo stemma: rispetti le regole dell’araldica classica; non entri in conflitto con altri simboli ufficiali già concessi; sia coerente con la storia, la geografia e le tradizioni del Comune che lo richiede.
Superati questi controlli, l’iter approda all’ultimo gradino: la concessione ufficiale da parte del Presidente della Repubblica. È con un decreto presidenziale che lo stemma viene riconosciuto e registrato ufficialmente. Il decreto viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e da quel momento il nuovo stemma è pienamente valido.
Solo da quel momento il Comune può iniziare a usarlo ovunque: sulla segnaletica, sui gonfaloni, sulle carte intestate, sui siti ufficiali e negli atti amministrativi.
Una precisazione importante: ogni uso anticipato di uno stemma non ancora approvato è irregolare. Non si tratta di un dettaglio secondario, ma di un aspetto che attiene alla legalità degli atti amministrativi. Lo stemma, insomma, non è un logo qualsiasi: è un segno distintivo riconosciuto e protetto, che rappresenta l’identità della comunità e il suo legame con la storia.
In passato, diversi Comuni italiani hanno chiesto modifiche per motivi storici (correzione di errori o aggiornamenti documentati), per superare simboli ritenuti obsoleti o poco rappresentativi, o per accompagnare fusioni tra enti locali. Ma nessuno ha potuto farlo senza seguire questo percorso lungo, articolato, e tutt’altro che simbolico.
Insomma, cambiare stemma non è questione da affrontare a cuor leggero o con leggerezza grafica. È un’operazione di alto profilo istituzionale, che richiede studio, rigore, pazienza e rispetto delle regole. Un simbolo non si inventa: si conquista.
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