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Nel carrello dei bambini c’è sempre più industria

Crescono le vendite di snack, cala la salute pubblica

Tornare a educare il gusto

è l’unico modo per salvare stomaco e coscienza delle nuove generazioni

Merendine, snack salati, gelati confezionati e bevande zuccherate: è questo il menù quotidiano che riempie i carrelli delle famiglie europee. A dirlo è il nuovo rapporto “Cibo e bambini”, curato dalla Fondazione Aletheia e presentato al Ministero dell’Istruzione, che fotografa senza filtri il legame sempre più stretto tra industria alimentare e infanzia. Il settore del cosiddetto junk food è cresciuto del 29% in appena cinque anni, toccando quota 310 miliardi di euro annui. A farne le spese, la salute dei più piccoli. Il dato più inquietante riguarda gli alimenti ultraprocessati, composti da ingredienti industriali e additivi chimici (coloranti, emulsionanti, esaltatori di sapidità). In Europa, rappresentano già il 27% delle calorie giornaliere, con punte del 60% negli Stati Uniti. L’Italia, pur restando uno dei Paesi meno esposti (13,4%), spende comunque 580 euro all’anno per persona in snack industriali. Una cifra superiore a quella di Grecia e Spagna, ma inferiore rispetto ai budget di Irlanda, Francia o Scandinavia, dove si sfondano i 1.300 euro.

Dietro le statistiche, ci sono i volti dei bambini italiani, il 27,3% risulta sovrappeso, mentre quasi il 10% è obeso. Malattie un tempo rare in età infantile, come diabete, disturbi cardiovascolari e comportamentali, sono in crescita. Parallelamente, è esplosa l’incidenza delle allergie alimentari, spesso legate alla presenza massiccia di additivi chimici nella dieta. Eppure, le famigerate macchinette scolastiche rappresentano solo il 5% degli acquisti annuali di snack. La vera responsabilità è culturale. Lo dicono anche le campagne più recenti, come il manifesto per l’educazione alimentare promosso da Coldiretti, che chiede l’eliminazione degli snack industriali dalle scuole. Al Macfrut di Rimini, Agrocepi ha proposto un’alternativa concreta: distributori automatici di frutta e prodotti sani, accessibili a tutti gli studenti.

Ma il punto non è solo cosa mangiano i bambini, bensì cosa insegniamo loro a desiderare. Perché l’alimentazione è anche educazione, identità, relazione. Se nel piatto dei nostri figli c’è sempre più industria e sempre meno cibo, la battaglia non è contro le merendine, ma per una visione diversa del futuro.

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