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Il gatto che riconosceva la morte e restava accanto a chi stava per andarsene

Oscar non miagolava, non cercava carezze: si faceva trovare lì, quando tutto stava per finire

Un gatto, cinquanta vite, un mistero che consola

 La storia vera che la scienza non sa spiegare

Da secoli i gatti sono avvolti da un alone di mistero. Venerati nell’antico Egitto, temuti nei secoli bui, adottati oggi come compagni silenziosi, sembrano conservare qualcosa di arcano nel loro sguardo. Ma tra le tante storie che li circondano, ce n’è una che sfida la razionalità e affonda nella parte più intima dell’esperienza umana: la morte. Protagonista, un gatto di nome Oscar.

Oscar viveva al terzo piano dello Steere House Nursing and Rehabilitation Center di Providence, nel Rhode Island. Non era un animale qualunque. Entrato come parte di un programma di pet therapy, non amava particolarmente la compagnia. Ma sei mesi dopo il suo arrivo, cominciò a manifestare un comportamento sorprendente: si accoccolava accanto ai pazienti che stavano per morire. La prima volta fu un caso. La seconda fece alzare qualche sopracciglio. Alla terza, gli infermieri iniziarono a prendere nota. Dopo venticinque episodi, il personale era certo: Oscar «sapeva» quando la morte era vicina. Rimaneva immobile accanto al letto, a volte anche per ore. Fu il geriatra David Dosa a raccontare la storia al mondo, in un articolo pubblicato nel 2007 sul New England Journal of Medicine. Dosa, inizialmente scettico, si convinse osservando il comportamento del gatto e raccogliendo le testimonianze di colleghi e familiari. Decise poi di scrivere un libro, Making Rounds with Oscar, diventato un caso editoriale.

Alcuni studiosi ipotizzano che i gatti, grazie a un olfatto molto sviluppato, possano percepire le sostanze rilasciate dal corpo umano durante il processo di morte: feromoni, chetoni, odori impercettibili per noi. Altri parlano di attenzione ai dettagli ambientali: il ritmo del personale, il silenzio, il cambiamento nel respiro. Ma c’è anche chi va oltre e chiama in causa l’intuizione, quella forma di empatia non verbale che alcuni animali sembrano possedere. Oscar non è rimasto un caso isolato. In tutto il mondo si trovano racconti simili: gatti che vegliano sui padroni negli ultimi istanti, che mutano comportamento poco prima di un lutto, che sembrano sentire ciò che noi non possiamo spiegare.

La sua storia, durata diciassette anni, si è conclusa nel 2022. Ma ha lasciato un segno. Oscar non è stato un presagio di morte ma un compagno. Un custode silenzioso di quei momenti che nessuno vorrebbe affrontare da solo. E forse proprio per questo, oggi, viene ricordato non come un enigma scientifico, ma come una presenza dolce e discreta. Un essere che ha dato conforto là dove il linguaggio umano si ferma.

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