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Filosa regala i fuochi d'artificio di San Giovanni e ci ruba la Panda

Stellantis finanzia San Giovanni, ma produce altrove. Torino applaude, Mirafiori affonda. Altro che rivoluzione: è la solita fregatura vestita bene

Filosa regala i fuochi d'artificio di San Giovanni e ci incula con la Panda

Filosa

C’è chi promette rilanci e chi accende fuochi d’artificio per distrarti mentre ti tolgono anche l’ultima briciola di dignità industriale. Il nuovo amministratore delegato di Stellantis, Antonio Filosa, si insedia con tutti gli onori, cambia i nomi nella squadra di comando, piazza tre italiani nel leadership team (contentino tricolore per i nostalgici), si gode i titoli dei giornali, e intanto ci "fotte" con la Panda. Sì, proprio così: l’auto simbolo del “ritorno al popolo”, quella che dovrebbe riavvicinare Fiat alla sua gente, non sarà prodotta a Torino.

E invece, mentre Stellantis sponsorizza i festeggiamenti di San Giovanni – fuochi, musica, palchi e slogan – Mirafiori resta a secco, trasformata da fabbrica a monumento, da motore a museo. La nuova Panda, che per i torinesi suonava come un’ultima possibilità, un barlume di riconversione vera, verrà costruita altrove. Per noi? Un selfie con i fuochi e una mano da stringere al nuovo CEO.

Antonio Filosa, 52 anni, napoletano, viene presentato come l’erede “spirituale” di Marchionne. Ma qui di spirituale non c’è nulla. C’è piuttosto la consueta operazione di maquillage, il trucco pesante per nascondere l’evidenza: non c’è nessun rilancio per Torino. Il “cambiamento” è un casting. Una squadra nuova, qualche slogan sull’eccellenza e sulla passione, e via a raccontare che la mobilità del futuro è già qui. Solo che passa, sorride, e tira dritto verso un altro stabilimento, non certo verso Mirafiori.

Nel frattempo, a Piazza Affari il titolo perde terreno. Venerdì era salito un po’, lunedì ha perso il 5,7%, poi ha chiuso con un -2,1%. Tutta colpa dei soliti rumors su Maserati, ancora una volta smentiti. Ma tanto la giostra gira da sola, senza più nessuno al volante dalle parti di Torino.

E il resto? Tre manager italiani in più – Davide Mele, Monica Genovese, Emanuele Cappellano – chiamati a occupare ruoli strategici. Bene, si dirà. Ma è il classico contentino da manuale. Nessuno di loro, infatti, ha voce in capitolo su dove si producono le auto. Quella è una decisione già presa: Mirafiori non conta più niente.

Il discorsone di Filosa alla stampa suona come una supercazzola aziendale con tutti i crismi: “talento”, “spirito imprenditoriale”, “costruzione del futuro”, “collaborazione con le comunità”. Belle parole, che però si scontrano con la realtà di uno stabilimento ridotto a presidio simbolico, dove si continua a produrre solo la 500 ibrida, a regime ridotto, mentre il resto viene fatto altrove, meglio se con costi più bassi.

Intanto la Fiom, a Torino, prova a farsi sentire. Espone striscioni, denuncia il tradimento. Dice quello che tutti dovremmo urlare: “Stellantis finanzia i fuochi, ma la Panda non la produce qui”. E chiede che almeno si riporti un po’ di dignità a Mirafiori affiancando alla 500 anche la Fiat Tipo. Ma è una voce nel deserto, sommersa dal frastuono delle luci e dei fuochi pagati da chi, nel frattempo, ha portato via tutto il resto.

E così eccoci: Torino intrattenuta, non rispettata. Celebrata, ma svuotata. La città dei motori è diventata la città dei gadget. Stellantis tiene in piedi la scenografia, ma dietro il sipario c’è solo nebbia.

Benvenuto Filosa, nuovo volto della solita fregatura.

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