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Lutto
23 Giugno 2025 - 07:29
Ha vissuto oltre cento anni nella frazione del Canavese in cui è nata
Aveva 102 anni ed è rimasta a vivere fino all’ultimo nella frazione in cui era nata: Mafalda Fasana, deceduta pochi giorni fa, era un simbolo per Frachiamo, ben conosciuta da chiunque frequentasse la località non solo negli anni in cui gestiva con la sorella la trattoria-tabaccheria ma anche in tempi recenti. Incontrarla in giro per le viuzze scoscese era normale: non era certo il tipo che trascorreva le sue ore chiusa in casa.
C’è chi ricorda di averla incrociata la scorsa estate mentre si accingeva a scendere lungo un prato scosceso dicendo: “Devo andare a prendere dell’erba per le galline”. E poche settimane fa aveva ancora messo a dimora qualche piantina di patata. Frachiamo è una frazione di Sparone, lontana qualche chilometro dal paese e servita da una strada a curve com’è normale trattandosi di una località montana. Rispetto ad altre borgate ha conservato maggior vitalità, con alcuni residenti stabili (ora ridotti a sei) e molti nativi che ritornano regolarmente nei fine settimana ed in estate.
Viverci tutto l’anno non è facile specialmente per una persona anziana: niente negozi, servizi, mezzi di trasporto pubblico e muoversi lungo le sue stradine non è come camminare sull’asfalto. Una persona in buona salute e amante della vita in campagna come Mafalda non si lasciava però scoraggiare: bastava trovare qualcuno che si occupasse di portarle la spesa ogni qualche giorno.
Quand’era nata, il 13 settembre 1922, la situazione ovviamente era molto diversa. Vi abitavano una settantina di persone, fra cui molti bambini, e c’era la scuola elementare, chiusa poi negli Anni Ottanta. Anche la sua era una famiglia numerosa, con sette tra fratelli e sorelle, dei quali i primi cinque nati con cadenza precisa, a distanza di due anni uno dall’altro: 1914, 1916, 1918, 1920, 1922 quand’era toccato a lei. Poi le distanze si erano accresciute e l’ultima sorella, deceduta lo scorso settembre, era nata nel ’34.
Qualcuno si era trasferito a fondovalle per lavorare, altri facevano i muratori; lei e una delle sorelle avevano scelto di rimanere e di portare avanti la “Trattoria dei Cacciatori” aperta dai nonni negli anni del Dopoguerra, con annessa tabaccheria e con l’immancabile campo da bocce. Avevano proseguito fino al 1989, mantenendo poi in funzione il bar ancora per qualche anno.
La vera passione di Mafalda però erano i lavori in campagna: mucche, animali da cortile, attività agricola. Non si era mai sposata ed aveva continuato a vivere nella casa di famiglia anche negli ultimi anni, non certo fra le comodità. Chi la conosceva bene descrive così la sua abitazione: aveva la cucina al pianterreno e la camera da letto al secondo piano, raggiungibile con una scala esterna dai gradini molto alti.
Non c’era una stanza da bagno ed il riscaldamento era dato in cucina dalla stufa e in camera da un termosifone ad olio, che dall’autunno alla primavera rimaneva acceso costantemente.
Volendo, si sarebbe potuta sistemare in una piccola costruzione inutilizzata in fondo al campo da bocce, dotata di termocucina e di bagno, ma non voleva: “La mia casa è quella e non vedo perché dovrei cambiarla!” – diceva. Il locale con termocucina lo utilizzava come deposito invernale per i gerani… Aveva un carattere deciso, dominante, e godeva di ottima salute sebbene da giovane fosse sembrata di costituzione delicata. Non aveva mai a che fare con i medici e l’unico intervento cui si fosse sottoposta era stato quello di cataratta.
Qualche segno di cedimento c’era stato negli ultimi mesi ma quando, quindici o venti giorni prima del decesso, si era ritrovata nell’impossibilità di deglutire il cibo, aveva tergiversato ricorrendo all’addensante. In ospedale non voleva andarci, erano stati i parenti ad insistere e, durante il trasporto in ambulanza, giovedì 12 giugno, avrebbe voluto rimanere seduta e non sdraiata. Il suo problema in realtà si è rivelato molto serio e pochi giorni più tardi è mancata, la sera del 17 giugno.
I funerali si sono svolti due giorni più tardi nella chiesa di Sparone quindi la salma è stata portata al cimitero. A Frachiamo ha lasciato un vuoto ma anche un bel ricordo ed un esempio incoraggiante: quello di un’ultracentenaria che vive da sola, si fa due piani di scale per andare a dormire e corre dietro alle sue galline.
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