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21 Giugno 2025 - 01:19
La sindaca Elena Piastra e l'assessore regionale Federico Riboldi
All’ospedale di Settimo Torinese, l’estate comincia con l’ennesima doccia fredda: gli stipendi di maggio non sono ancora arrivati, e i lavoratori si ritrovano, ancora una volta, a fare i conti con la solita cruda realtà. Un sistema che predica stabilità, ma che alla prova dei fatti consegna soltanto precarietà.
A tre settimane dalla fine del mese, oltre 150 operatori sanitari e addetti ai servizi, tutti dipendenti della Cooperativa San Michele, aspettano ancora. Non solo il bonifico, ma persino il cedolino. Non è una novità. È la regola.
«La puntualità è diventata un miraggio in un contesto dove il disagio è quotidiano e le risposte, quando arrivano, sono sempre troppo vaghe o troppo tardive», si lasciano sfuggire in corridoio.
Il paradosso? Il contratto della San Michele è in proroga, in attesa che entri in scena la nuova vincitrice dell’appalto: la Cooperativa Quadrifoglio. Una transizione che, almeno in teoria, dovrebbe essere lineare. Ma nella pratica è un labirinto di proroghe, acconti, saldi a metà, liquidazioni a tempo perso e promesse che evaporano in fretta. Risultato? Chi lavora continua a farlo, ma senza stipendio.
Il guaio non si esaurisce con i pagamenti in ritardo. È l’intero sistema degli appalti a mostrare crepe profonde. Gare brevi, instabili, soggette a proroghe infinite, che non garantiscono alcuna continuità né sicurezza occupazionale. Le cooperative cambiano, i loghi sulle divise pure, ma le condizioni restano sempre le stesse: fragili, incerte, improvvisate. E a ogni cambio, il copione si ripete: disagi, buste paga che saltano, nuove promesse da campagna elettorale.
Nel frattempo, la Saapa – la società che ancora formalmente gestisce l’ospedale ma che è in fase di liquidazione – si arrabatta tra versamenti parziali e acconti relativi a prestazioni di mesi fa. Si mormora di saldi imminenti, di bonifici in arrivo, di passaggi di consegne imminenti. Ma chi lavora ha finito la pazienza da un pezzo.
«C’è chi ha famiglia, chi paga l’affitto, chi si alza alle cinque per garantire un servizio essenziale. Per noi le rassicurazioni non bastano più», denunciano i sindacati, ormai allo stremo.
E pensare che solo pochi giorni fa la sindaca Elena Piastra e l’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi vergavano e firmavano a quattro mani un comunicato stampa per celebrare 15 milioni di euro stanziati dalla Regione per acquisire la struttura, sottraendola a Saapa sulla base di uno studio firmato dalla Bocconi. Un’operazione che, sulla carta, dovrebbe segnare un nuovo inizio, se solo si sapesse come fare...
Brindavano, si fa per dire. Perché leggendo bene il testo della delibera, pare quasi di sentire un messaggio subliminale indirizzato al direttore generale dell’Asl TO4, Luigi Vercellino: “I soldi ci sono. Ora arrangiati.”
Già, i soldi. Sulla carta sono lì, stanziati e benedetti. Ma nelle tasche dei lavoratori, quelli veri, quelli che mandano avanti i reparti e lavano i pavimenti, si sente soltanto l’eco.
In Regione, tra un proclama e una smentita svogliata, si cerca di tenere in piedi la narrativa del “rilancio sanitario”, il grande progetto di rinascita. Ma la realtà, spietata, racconta tutta un’altra storia. Quella di un ospedale pubblico che si regge su lavoratori sottopagati, gestito da cooperative private, mentre chi dovrebbe vigilare preferisce guardare altrove.
Un’altra pagina vergognosa di una sanità che, mentre discute di governance e Bocconi, lascia a secco chi ogni giorno mette il camice e regge il peso del sistema.
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