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19 Giugno 2025 - 14:51
Torino Ceres
Da lunedì 16 giugno e fino a domenica 6 settembre 2025, la linea ferroviaria Torino–Ceres si ferma di nuovo nel tratto tra Torino Rebaudengo-Fossata e Germagnano. La circolazione ferroviaria è sospesa per consentire una nuova fase di lavori, che dovrebbero – questa volta per davvero – portare alla riapertura integrale della linea entro il 2026. Tre mesi di bus sostitutivi e cantieri, quindi, che per migliaia di pendolari e studenti si traducono nell’ennesimo sacrificio, con la solita domanda in sospeso: servirà a qualcosa?
Le opere previste non sono poche. Secondo quanto comunicato da Rete Ferroviaria Italiana, e confermato dall’Osservatorio Torino–Ceres, i principali interventi riguarderanno: la sostituzione del ponticello metallico in località Cotonificio a Caselle; la banalizzazione della tratta Torino–Ciriè con relativi aggiornamenti impiantistici alle stazioni; l’innalzamento dei marciapiedi alla stazione Venaria Reale–Reggia; e l’installazione dei PBI (Posti di Blocco Intermedi) tra Rebaudengo e Rigola Stadio.
Ma, per la prima volta, i lavori coinvolgono anche la tratta “alta” della linea. Quella che da anni sembrava dimenticata, oltre Germagnano, in direzione Ceres. Proprio lì, dove da mesi viaggiano solo bus sostitutivi, sono finalmente iniziati i lavori di rinnovo dell’armamento ferroviario, l’installazione del sistema SCMT e l’adeguamento o soppressione dei passaggi a livello. È un’estate di cantieri su tutta la linea, insomma, e per una volta non solo nei pressi di Torino.
Nel frattempo, il servizio sarà garantito da autobus organizzati da Trenitalia e dall’Agenzia per la Mobilità Piemontese: ogni 15–30 minuti tra Torino e Ciriè, ogni 30 minuti tra Ciriè e Germagnano, e solo una corsa ogni oratra Germagnano e Ceres. Una soluzione che in teoria copre tutte le tratte, ma che nella pratica – complici il traffico e i limiti dei collegamenti su gomma – difficilmente potrà offrire un’alternativa all’altezza del servizio ferroviario.
La politica, come sempre, si divide. L’assessore regionale ai Trasporti Marco Gabusi ha dichiarato che «questa sarà davvero l’ultima estate senza treno», ribadendo l’impegno della Regione Piemonte e di RFI a concludere i lavori nel 2026. Le opposizioni in Consiglio regionale, però, non ci stanno: parlano di disagi cronici, promesse mancate e gestione caotica di un’opera che avrebbe dovuto essere conclusa da tempo.
Dall’Osservatorio Torino–Ceres arriva invece una nota più costruttiva, ma non priva di realismo. “Ci auguriamo che come promesso questa sia davvero l’ultima estate senza treno – almeno per un bel po’ – e che a settembre pendolari, studenti e viaggiatori possano beneficiare di un servizio più regolare ed efficiente, dopo i progressi che a piccoli passi abbiamo visto in questi mesi. C’è ancora da lavorare per il tipo di trasporto pubblico che sogniamo, ma siamo pronti a proseguire con energia – in attesa della sospirata riapertura integrale della nostra ferrovia nel 2026”.
E così si va avanti, a piccoli passi, con la speranza che questa volta le scadenze vengano rispettate. Perché se è vero che si lavora – e si lavora sul serio – è anche vero che la pazienza dei cittadini si è assottigliata anno dopo anno, corsa dopo corsa, attesa dopo attesa. E a settembre, più che promesse, serviranno treni. Veri. In orario. E possibilmente diretti fino a Ceres.
Quando il primo treno partì da Torino Ponte Mosca in direzione Venaria Reale, era il 18 aprile 1868. Si apriva una nuova stagione per i collegamenti tra il capoluogo piemontese e le Valli di Lanzo, un progetto che affondava le radici nell’Italia post-unitaria e che, a tratti interrotta, travagliata, reinaugurata e reinventata, è giunta fino a oggi sotto il nome di linea ferroviaria Torino–Ceres. Una linea che ha fatto la storia, ha segnato la vita di intere generazioni di pendolari, contadini, studenti, villeggianti e operai. E che oggi, a oltre 150 anni dalla nascita, sogna un rilancio nel sistema del trasporto metropolitano.
Fu una società privata, la Société Anonyme des Chemins de Fer de Turin à Cirié et à Lanzo (SACFTC), a realizzare i primi chilometri. Dopo Venaria, la linea fu prolungata fino a Caselle nel novembre dello stesso 1868 e raggiunse Ciriénel febbraio 1869. All’epoca, le carrozze erano trainate da locomotive a vapore, i passeggeri viaggiavano stretti su sedili di legno e con i finestrini spesso bloccati. Ma era già rivoluzione.
L’espansione proseguì con lentezza. Il collegamento con Lanzo arrivò solo nel 1876. E da lì in poi, l’ultima tappa, quella più impervia verso Ceres, richiese ancora quarant’anni: venne completata nel 1916, nel pieno della Grande Guerra. Si dice che nelle Valli, prima dell’arrivo della ferrovia, ci volessero due giorni di carrozza per raggiungere Torino. Con la ferrovia, bastava mezza giornata. Era la modernità che risaliva le montagne.
Ma la vera svolta arrivò negli anni ’10 del Novecento. Nel 1913 iniziarono i lavori di elettrificazione, completati nel 1921. La Torino–Ceres divenne così la prima ferrovia al mondo a utilizzare la corrente continua a 4.000 volt per il servizio commerciale. Un primato poco noto, ma da Guinness dei primati ferroviari. Con l’arrivo delle motrici Carminati & Toselli – TIBB, le vecchie locomotive a vapore vennero dismesse. Il fischio del treno cambiò tono, ma continuò a risuonare tra le gole alpine.
Negli anni Trenta, la gestione passò alla FTCL, poi alle Ferrovie Torino Nord nel 1933. Dopo la tragedia del crollo di un ponte a Ceres nel 1962 – che fece temere il peggio per la linea – fu lo Stato ad assumere il controllo, nominando un commissario straordinario. Negli anni '80, si spostò il capolinea da Ponte Mosca alla nuova stazione Torino Dora, nell’ambito dei grandi lavori urbanistici della “Spina Reale”.
Negli anni, la linea ha portato in città non solo lavoratori e studenti, ma anche villeggianti con la valigia di cartone e gli sci legati con lo spago, diretti a Lanzo, Pessinetto, Ceres, con il profumo di “aria buona” e domeniche d’altri tempi. Si racconta che negli anni ’50 i bambini si incantassero a guardare dai finestrini il passaggio nei boschi tra Germagnano e Mezzenile, e che alcuni tornassero ogni estate sempre sullo stesso treno, al punto che i macchinisti finivano per conoscerli per nome.
La stagione moderna della Torino–Ceres ha il sapore di una corsa ad ostacoli. Dopo il passaggio sotto la gestione SATTI, poi GTT, e infine la transizione alla rete RFI, la linea è finita dentro un lungo cantiere: l’obiettivo era l’ambiziosa integrazione nel passante ferroviario di Torino, con arrivo diretto a Porta Susa. Una trasformazione iniziata nel 2020 con la chiusura di Torino Dora e Madonna di Campagna. Da allora, i lavori hanno segnato il tracciato come una lunga cicatrice.
Nel gennaio 2024, i treni sono tornati almeno tra Torino e Cirié, gestiti da Trenitalia. Da Cirié a Ceres, invece, restano i bus. Ma oggi, nel 2025, i lavori sono in corso anche sulla tratta montana. Si sostituiscono binari, si eliminano passaggi a livello, si installano i moderni sistemi di sicurezza SCMT. Il cantiere è vivo. E per la prima volta, davvero, il treno potrebbe tornare fino a Ceres. La promessa – tanto ripetuta – è il 2026.
“Speriamo sia davvero l’ultima estate senza treno”, ha scritto qualche giorno fa l’Osservatorio Torino–Ceres. Una speranza che suona familiare a chi, su quella linea, ha viaggiato per una vita intera. Perché la Torino–Ceres è molto più di una ferrovia. È memoria, è fatica quotidiana, è identità. È la storia di un collegamento che non si è mai arreso, nonostante i binari arrugginiti e le coincidenze perse. E che, se tutto va bene, è pronto a rimettersi in corsa.
Verso il futuro. Ma senza dimenticare da dove è partito.
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