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17 Giugno 2025 - 18:36
Un’invenzione che non doveva esistere… e che oggi nessuno vuole più lasciare andare
Tutto comincia in una notte del 1905 a Oakland, in California. Frank Epperson, undici anni appena, lascia distrattamente sul davanzale un bicchiere con una miscela di soda e un bastoncino di legno. Il freddo fa il resto. La mattina dopo, Frank si trova in mano un dolce ghiacciato su stecco. Lo assaggia. Gli piace. Lo chiama “Epsicle”, fondendo il suo cognome con la parola “icicle” (stalattite di ghiaccio).
Quella che poteva restare una scoperta domestica prende vita anni dopo. È il 1923 quando Frank inizia a vendere i suoi “ghiaccioli” a Neptune Beach, un parco divertimenti nella Baia di San Francisco. Un anno più tardi, deposita il brevetto e, su consiglio dei figli, ribattezza il prodotto con un nome più immediato: Popsicle. Il successo è esplosivo: nel solo 1924 ne vengono venduti sei milioni di esemplari.
L’Italia li scopre nel secondo dopoguerra. La loro storia prende piede in Emilia-Romagna, tra Modena e Bologna, dove i ghiaccioli vengono colati a mano in stampi metallici e conservati in armadi a ghiaccio secco. Negli anni ’80, la produzione tocca i 120mila pezzi al giorno. Le aziende italiane — Algida, Motta, Sammontana, Sanson — trasformano il ghiacciolo in industria. Nasce anche il Calippo, senza stecco, in tubo: il ghiaccio si “spreme” dal basso, rivoluzionando il modo di gustarlo.
L’Italia li scopre nel secondo dopoguerra
Oggi, il ghiacciolo non è più solo un dolce da bambini. Conquista la Generazione Z grazie a gusti audaci e nuovi trend: lime, mango, bubble gum, stracciatella e persino pistacchio. Non solo: crescono i ghiaccioli “funzionali”, con meno zucchero, ingredienti bio e persino proprietà nutraceutiche. E per i più grandi arrivano i boozicles: ghiaccioli alcolici, ideali per aperitivi e party estivi, a metà strada tra un cocktail e un dessert. Varianti sempre più raffinate, servite anche in bar e locali gourmet.
A 120 anni dalla sua nascita improvvisata, il ghiacciolo è più vivo che mai. Resiste al tempo, ai cambiamenti del gusto e della società. È semplice, economico, istantaneamente riconoscibile. E in un’epoca dominata dal digitale, resta una delle poche cose capaci di evocare, con un morso, un’intera estate.
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