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Per chi suona la campana
15 Giugno 2025 - 06:34
Don Luca Meinardi
Per i tempi della Chiesa – che non sono quelli di altre istituzioni profane – tutto è avvenuto con una rapidità sorprendente: nell’arco di poche ore don Luca Meinardi è passato dalla nomina a vicario generale alle repentine dimissioni rassegnate «per motivi personali» che – va detto – non hanno convinto proprio nessuno. Su questa vicenda il nostro direttore ha scritto articoli che non hanno bisogno di commento. Inutile dire che la diocesi, ma soprattutto il clero, è rimasto scosso dalla vicenda e non parla d’altro.
E adesso? C’è chi ipotizza un lungo periodo di tempo senza vicario generale per permettere al vescovo quel discernimento che nella nomina di don Meinardi è sicuramente mancato; c’è chi immagina la nomina prossima di un pro-vicario nella figura di don Silvio Faga, già vicario ai tempi di Miglio, un po’ grigio ma sicuro, o del prevosto di Chivasso, don Davide Smiderle, che a questo punto assommerebbe in sé una batteria di incarichi da far impallidire la sua antica fama di «arcivescovo metropolita», come persino la buonanima di monsignor Luigi Bettazzi, affettuosamente lo chiamava.
Alcuni hanno visto nelle modalità delle dimissioni di don Meinardi il manifestarsi di quell’effetto per cui «la toppa è peggio del buco», a significare che un rimedio può essere peggiore del problema stesso. Quello che la vicenda ha comunque messo in luce è la personalità del vescovo: molto preparato teologicamente e ottimo omileta, non ideologico e aperto, ma incline all’isolamento e a decidere in solitudine, restio a farsi consigliare, con ciò privandosi di quella collegialità e di quell’esperienza che il clero, ognuno a suo modo, possiede.
Ciò che pure è emerso è l’aver privilegiato un gruppo, una cordata o una fazione, come dir si voglia, con il rischio di accrescere le polarizzazioni, mentre un vescovo ha bisogno di sentire attorno a sé tutte le voci e le sensibilità, anche in tensione fra di loro, presenti in una diocesi.
Don Piero Agrano
Intanto il canonico don Piero Agrano, ignorando bellamente le raccomandazioni del vescovo, ha celebrato alla Madia di Albiano del guru Enzo Bianchi la Messa di Pentecoste, in ciò qualificandosi come il cappellano en titre della nuova Bose.
Nulla di cui stupirsi. Per una certa generazione di preti, oggi al tramonto, vale sempre la raccomandazione di quel (per noi) cattivo maestro che fu don Lorenzo Milani, per cui «l’obbedienza non è più una virtù» e comunque nella Chiesa essa deve valere solo per qualcuno. In genere, per gli «indietristi», come papa Francesco definiva quei cristiani che non riconoscono lo sviluppo in chiave storicistica del dogma e che pretendono di ancorarsi ad una verità oggettiva della fede e della morale immutabile.
Loro devono obbedire e convertirsi all’«avantismo», mentre gli ex giovani degli Anni Sessanta (che a ben vedere sono i veri «indietristi») ne sono dispensati.
* Frà Martino
Chi è Fra Martino? Un parroco? Un esperto di chiesa? Uno che origlia? Uno che si diverte è basta? Che si tratti di uno pseudonimo è chiaro, così com’è chiaro che ha deciso di fare suonare le campane tutte le domeniche... Ci racconta di vescovi, preti e cardinali fin dentro ai loro più reconditi segreti. E non è una santa messa ma di sicuro una gran bella messa, Amen
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